Tra questi, anche quelli degli imprenditori di famiglia, grazie ai quali vengono garantite condizioni quadro interessanti per le imprese e, di conseguenza, sicurezza per il mantenimento dei posti di lavoro. Al contempo, l’attività imprenditoriale e politica rappresentano una doppia sollecitazione. Per questo, la disponibilità dei cittadini ad esercitare cariche politiche e a prestare servizi per la collettività in modo accessorio, parallelamente ad un’attività professionale, si è lentamente erosa, anche tra imprenditori ed imprenditrici di famiglia. Ma l’utilità dell’accoppiata imprenditorialità e politica risiede proprio nell’alimentarsi l’un l’altro, in una dinamica di pluralità di esperienze, di sensibilità e di interessi.

Come è stato di recente sottolineato nel corso dell’Assemblea Generale dell’Associazione Imprese Familiari (AIF) Ticino svoltasi alla Villa Negroni di Vezia, la politica di milizia e la partecipazione diretta degli imprenditori di famiglia permettono all’economia di vedere rappresentate le proprie necessità in condizioni quadro che permettono alle imprese di lavorare ed essere competitive sui mercati.

Hanno partecipato all’inchiesta

Riguardo al rapporto tra attività politica ed imprenditori, quale ritiene che debbano essere le condizioni quadro più idonee a favorire lo sviluppo dell’attività imprenditoriale?

R.C.: «Penso che non ci siano regole generali. Dipende da ogni politico/imprenditore capire sulla base dei propri obbiettivi politici e aziendali, come organizzare il proprio tempo e modo di lavorare. Tenuto conto che in politica a Berna i processi decisionali sono lunghissimi mentre che in azienda le decisioni a volte vanno prese tra capo e collo».

M.A.: «Troppo spesso si parla di condizioni quadro, che possono essere svariate, anche a dipendenza del settore di attività, parlerei più di ecosistema. Premetto che è di assoluta importanza, per le attività economiche, avere dei “paletti” – che devono venire dal mondo politico – per definire bene i “contorni” in cui l’economia imprenditoriale si può muovere, in modo: veloce, dinamico e pragmatico.

Le trasformazioni oggi avvengono in modo rapido e, l’imprenditoria e le aziende, si adattano e trasformano ma (c’è sempre un ma) hanno bisogno di essere, da una parte sostenute e dall’altra hanno bisogno di meno limitazioni all’interno di certi confini. È dunque anche nell’ interesse dell’economia fare capo a uno ecosistema snello ma forte, capace di sostenere continuamente il miglioramento delle condizioni quadro offerte; per fare impresa e per far crescere delle aziende sane sul proprio territorio.  In sostanza ci vuole un ecosistema composto da uno stato fluido, fiscalmente attrattivo e con una formazione in linea con i tempi per poter pensare al futuro».

E.T.: «La politica deve ascoltare maggiormente l’economia e l’imprenditoria, asse portante della nostra società. È una banalità, ma è sempre utile ricordarlo, senza le aziende lo Stato non sta in piedi. Lo Stato deve fare di più per le aziende, riducendo la burocrazia, leggi, regolamenti e norme che s’inventa in ogni momento. Nessuno contesta la tutela dei lavoratori, lo sanno bene le aziende di famiglia. Nessuno contesta la tutela dell’ambiente e del territorio, ma purtroppo tutte le nuove norme e regole che vengono introdotte, sicuramente per nobili motivi, vanno sempre a colpire l’imprenditore onesto, che non ha più il tempo di fare l’imprenditore e dedicarsi totalmente alla sua azienda.

L’imprenditore disonesto se ne frega, perché tanto le regole non le rispetta comunque. Molti provvedimenti che lo Stato prende a livello politico per contrastare gli imprenditori scorretti, colpiscono esclusivamente gli imprenditori corretti. È paradossale. E c’è un fenomeno che mi preoccupa ed è quello che, se in passato l’imprenditore era visto come un uomo audace, che correva dei rischi, grande lavoratore e che “dava da mangiare” a numerose famiglie, stimato e ammirato, oggi non è sempre il caso. Complice una certa politica, sempre più spesso, una parte della popolazione tende a vedere l’imprenditore come uno sfruttatore senza scrupoli, un evasore fiscale. Mi dispiace molto perché se la nostra società ha raggiunto un livello di benessere elevato è grazie a tanti imprenditori che con inventiva, sacrifici e rischiando del loro, hanno creato posti di lavoro e gettiti fiscali».

E.D.: «In questi anni di politica comunale in veste di municipale ho spesso percepito una sorta di pregiudizio nei confronti dell’imprenditore. A vari livelli istituzionali così come nell’apparato amministrativo ho avuto la sensazione che la figura dell’imprenditore suscitasse “diffidenza”; esagerando direi quasi come se fosse un nemico da ostacolare e non un partner da coinvolgere per la crescita del paese. Pertanto andrebbe fatto un lavoro in profondità, quasi culturale; non siamo eroi ma nemmeno i cattivi della società in cui viviamo».

F.R.: «Occorre innanzitutto invertire la tendenza all’iper-regolamentazione, la quale penalizza in particolare le PMI. Al momento assistiamo infatti a un’esasperazione nell’intervento dello Stato in quelle che sono le attività aziendali – pensiamo ad esempio agli sgravi fiscali, la cui capacità di riforma al momento è messa a dura prova dal fronte rossoverde che osteggia dichiaratamente qualsiasi intervento volto a favorire la competitività delle imprese.

È inoltre centrale sostenere il settore della formazione perché possa mettere a disposizione specialisti in grado di rispondere alle esigenze dell’economia. Sempre più bisogna poi ripensare le condizioni di lavoro: per coloro che desiderano lavorare anche dopo il pensionamento, ma anche e soprattutto guardando ai nostri giovani, ripensando i modelli lavorativi attuali (flessibilizzazione, conciliabilità lavoro-famiglia) così da trattenere i nostri giovani talenti ed evitare che lascino il Cantone».

A suo giudizio, quali misure andrebbero adottate per riavvicinare economia e politica? 

R.C.: «Secondo me il nostro sistema di parlamentare di milizia funzione bene. Occorre solo tener alta la guardia perché in modo particolare dalla sinistra vi tendenza continua con iniziative varie a voler “professionalizzare” sempre più l’attività parlamentare».

M.A.: «La capacità di dialogare, di definire insieme gli obiettivi e poi di adattare il percorso verso questi obbiettivi in base alle diverse sensibilità (chiamiamoli pure partiti); in nodo da poter anche avere delle finanze sane, attraverso i contributi. Che il dibattito avvenga, se deve esserci, trasversalmente ai gruppi politici. Creare maggioranze attorno ai progetti invece che divisioni in base alle appartenenze di partito: questo, secondo me, è l’ingrediente principale di una ricetta di successo.

Per fare questo le istituzioni e la politica devono collaborare per creare una visione a medio e lungo termine. Infine, garantire che tutti i settori industriali siano considerati, non solo high-tech.

Gli imprenditori sono abituati ad adattarsi, trovare compromessi e confrontarsi a momenti di cambiamento, ancora di più in questi tempi, dove le incertezze sono molte, perciò, anche le soluzioni devono avvenire in un contesto che permette pragmatismo e dinamicità».

E.T.: «Per fare politica ci vuole la passione, l’interesse, nel mio caso l’attaccamento al Paese nel quale sono nato e cresciuto. Sia livello comunale che ai livelli superiori, Cantone e Confederazione. Ma gestire un’azienda e ancor di più una PMI è un lavoro difficilissimo. Sempre più difficile. Lo è stato anche in passato, ma oggi lo è molto di più. Non per nulla assistiamo a due fenomeni piuttosto frequenti, specchio della rivoluzione in atto: imprenditori che vendono la loro impresa a aziende più grandi o imprese che si uniscono tra di loro per aumentare o almeno mantenere i fatturati, razionalizzare le spese generali, a volte, purtroppo, per “ottimizzare” il personale.

La concorrenza è diventata spietata. Globalizzazione, mercati aperti, mercato online, accordi bilaterali che per una regione come la nostra, incuneata in un Paese come l’Italia, creativa, con una forza produttiva enorme e costi inferiori ai nostri, hanno reso il mercato estremamente aggressivo. Come dicevo prima, la crescente e asfissiante burocrazia. Regolamentazioni sempre più esigenti e non sempre comprensibili, tasse e costi vari, anche lo Stato ci ha messo del suo togliendo tempo e risorse a quella che dovrebbe essere la vera attività principale dell’imprenditore: far funzionare la sua impresa, dedicarsi ai prodotti, ai clienti. Di conseguenza, molti piccoli e medi imprenditori gettano la spugna e capisco che abbiano difficoltà a dedicarsi alla cosa pubblica».

E.D.: «Non credo siano mondi estranei o così lontani. È difficile pensare ad un paese democratico che possa fare a meno di uno o dell’altra. A mio giudizio è questione di volontà e di dialogo tra le parti. In fondo il progresso economico e sociale lo si può raggiungere se esiste un obiettivo comune che vada a beneficio di tutta la popolazione».

F.R.: «L’ideale sarebbe che politica resti ben lontana dall’economia! Provocazioni a parte, sicuramente una soluzione sarebbe quella di avere più imprenditori – ed in particolare piccoli e medi imprenditori ed imprenditrici – attivi in politica. Questi profili portano un’esperienza più diretta, perché conoscono i problemi dell’economia reale e soprattutto sanno cosa vuole significa il rischio imprenditoriale. Insomma, se avessimo più politici con questo profilo le decisioni sarebbero più pragmatiche e vicine alle esigenze dell’economia.

Nella sua veste di imprenditore “prestato” alla politica quale è stata la sua diretta esperienza, quali difficoltà ha dovuto affrontare e quali sono state invece le sue maggiori soddisfazioni?

R.C.: «Devo dire che i primi 3 anni a Berna sono stati molto impegnativi. Perché dovevo imparare a capire come funzionano le cose a Palazzo federale, conoscere i colleghi, farsi conoscere, studiare i dossier, ecc. E allo stesso tempo ho dovuto gestire una completa riorganizzazione delle aziende famigliari con i miei fratelli. Ore da quasi 2 anni in base alle mie capacità posso pormi degli obbiettivi e togliermi qualche soddisfazione, come ad esempio nel settore delle energie rinnovabili grazie ad alcuni atti parlamentare che sono andati a buon fine o in quello della sicurezza essendo membro della competente commissione parlamentare».

M.A.: «Premetto che non sono un politico, ma un imprenditore (ingegnere) intuitivo e pragmatico, ma la politica mi ha sempre interessato. È una esperienza arricchente, ma devo ammettere non è sempre facile conciliare il nuovo “hobby” con professione (che è quello che ti da mangiare) e la famiglia. Mentre quando guardo alla politica con il “cappello” dell’imprenditore noto che tante aziende sono obbligate a lavorare in un contesto con sempre più complessità e, se mi posso permettere, burocrazia che frena la capacità di una impresa di lavorare in un tessuto fluido. Si tratta perciò di migliorare, giorno dopo giorno, queste condizioni, insieme.

In conclusione, trovo che abbiamo questo splendido connubio tra la serietà Svizzera e la creatività mediterranea, perciò guardiamo cosa ci circonda e, senza timori, strizziamo l’occhiolino a chi porta novità e benessere».

E.T.: «L’imprenditore è abituato a doversi occupare di tutto. A doversi continuamente reinventare. Al mattino pensi di andare al lavoro con il tuo programma e poi basta una telefonata, un’e-mail o una sollecitazione di un tuo collaboratore e il tuo programma salta completamente. Anche la politica prende parecchio tempo. Bisogna essere molto organizzati e ottimizzare i tempi, gli spostamenti. In quasi trent’anni di politica a livello comunale di cui 24 da Sindaco, qualche rospo si è dovuto ingoiare, ma ci sono state anche tante soddisfazioni. Il bello di un esecutivo comunale, malgrado le competenze siano sempre più limitate perchè Cantone e Confederazione tendono a togliere competenze ai Comuni, è che quanto si decide la sera prima, magari può già essere messo in atto il giorno dopo. Si è molto vicini alla gente, le sollecitazioni sono molte, ma quando ti senti dire grazie da un cittadino, la soddisfazione e grande».

E.D.: «La difficoltà personale che più ha “pesato” in questi anni di politica comunale è stata senza dubbio la velocità nel portare a termine i progetti. La pazienza è una virtù indispensabile che da imprenditore mi era quasi sconosciuta e che grazie alla politica ho dovuto e potuto apprezzare. La soddisfazione più grande è poter coinvolgere e sviluppare un’idea portandola concretamente a beneficio del cittadino».

F.R.: «Sicuramente questa dualità offre il vantaggio di poter agire ed intervenire direttamente laddove vengono prese le decisioni portando le proprie conoscenze ed esperienze. Non nego però che conciliare gli impegni dell’attività imprenditoriale e politica non sia sempre facilissimo. Si tratta di attività onerose e che diventano anche sempre più complesse. Ecco perché molti imprenditori ed imprenditrici spesso non si buttano in politica. Va però detto che le soddisfazioni che si raggiungono grazie a questa attività sono molte. Personalmente, dopo molti anni in politica, posso dire di aver raggiunto qualche traguardo di cui vado particolarmente fiero. In generale, è per me motivo di grande soddisfazione quando riesco a far capire le esigenze degli imprenditori, quando si crea quella sensibilità attorno ai nostri bisogni, e soprattutto quando alla fine vengono prese decisioni che migliorano le condizioni-quadro per le PMI.

Nello specifico, quali capacità e competenze ritiene che un imprenditore possa utilmente mettere a disposizione del mondo della politica? 

R.C.: «Penso soprattutto nel modo di come affrontare i problemi. Mettere principalmente l’energia nella ricerca dell’essenza del problema, per scoprire dove stanno le evidenze.  Naturalmente occorre avere un certo istinto, cosa che agli imprenditori non manca. Questo non vuol dire semplificare il problema per poi proporre soluzioni grossolane per non dire populiste».

M.A.: «Pragmatismo e gestione delle finanze! Se oggi la Svizzera si posiziona tra le nazioni più performanti a più livelli, è proprio perché nel corso delle generazioni è stato possibile disporre di attori in politica con i piedi ben saldi per terra, confrontati a sfide quotidiane di vario genere e dunque capaci di decisioni misurate e in linea con le necessità di cittadini ed economia. L’imprenditore, soprattutto di famiglia, è resiliente sul territorio, per esempio noi spegneremo 125 candeline l’anno prossimo. Perciò oltre al legame con il territorio, vuole il suo bene. Le trasformazioni oggi avvengono in modo dinamico e, l’imprenditoria si adatta e trasforma, ma ha bisogno di essere, da una parte sostenute e dall’altra meno limitazione. Nelle recenti incertezze, la politica ha saputo ben reagire, anche se le aspettative, soprattutto sulle tempistiche, sono diverse».

E.T.: «La sua grande flessibilità. La capacità di trovare soluzioni ai problemi. La ricerca dell’efficienza, senza troppe chiacchiere». 

E.D.: «La gestione dei progetti, la flessibilità e il riuscire a mettere a “terra” le idee ritengo siano le competenze che un imprenditore possa dare alla politica, ma la qualità più importante è il coraggio di decidere, fondamentale per chi siede in un esecutivo».

F.R.: «Sicuramente l’esperienza diretta e la consapevolezza di sapere bene quali conseguenze certe azioni possano avere. L’essenza di un imprenditore è quella di raggiungere obiettivi. Dovrebbe valere la stessa cosa per un politico, anche se purtroppo spesso ci si perde in discussioni infinite sui massimi sistemi che fanno perdere tempo e soprattutto non portano soluzioni. Ecco perché è così importante avere uomini e donne in politica che abbiano un legame diretto con la pratica.

I tassi in crescita e l’inflazione in seguito alla pandemia e alla guerra in Ucraina in corso, come potranno influire sul futuro degli imprenditori?

R.C.: «Occorre dire che l’inflazione da noi rimane finora ancore contenuta rispetto ai nostri principali partner commerciali. Infatti, malgrado tutto le nostre esportazioni, turismo compreso, stanno marciando sorprendentemente bene. Che preoccupa e che sta creando molta incertezza soprattutto alle ditte che ne usano molta è l’energia. Sul futuro rimango ottimista, perché a più livelli, politico e privato, anche se con un certo ritardo, sono state messe in moto molte misure che daranno i propri frutti. È chiaro che bisognerà anche stringere i denti come in ogni situazione di crisi».

M.A.: «Ogni giorno, assistiamo a notizie di difficoltà, di nuove problematiche, d’incertezze e di scenari in veloce cambiamento, che rendono necessaria una guida dell’ecosistema estremamente dinamica e flessibile al cambiamento, tenendo conto di tutti gli aspetti. In sostanza una politica fluida e fiscalmente attrattiva, composta da pragmatismo e dinamicità è dove gli imprenditori possono influire sul futuro dell’economia».

E.T.: «Questa purtroppo è una grande incognita. Si delineano scenari molto preoccupanti. Bollette dell’energia che potrebbero decuplicare. Insostenibile. Dopo due anni di pandemia, proprio non si sentiva il bisogno di una guerra. Ci saranno ancora più difficoltà e imprese in pericolo. Speriamo che la crisi rientri, ma non si può non essere preoccupati».

E.D.: «Confido nelle capacità imprenditoriali e nel sistema politico svizzero. È possibile un periodo con il freno a mano tirato ma il nostro sistema ha sempre saputo reagire e dimostrare doti di recupero invidiabili».

F.R.: «La situazione è preoccupante. Questi segnali sembrano preludere a un periodo di crisi, che potrebbe addirittura sfociare in una recessione. Se così dovesse essere, dovremmo prepararci ad un periodo di difficoltà. A complicare le cose vi è in questo momento il fattore dell’incertezza: soprattutto come aziende, non sapere come la situazione si evolverà, rispettivamente, non avere nessuna indicazione sulle prospettive nel medio-lungo termine che ci permetta di programmare il futuro, è deleterio. Abbiamo bisogno di una strategia e di un piano d’azione per poter affrontare le sfide che questa crisi ci pone.