Nella convention di LCTA svoltasi nei giorni scorsi al LAC di Lugano, a concentrare l’attenzione degli esperti invece é stata la difficile convivenza della politica internazionale con le decisioni del Presidente Trump, da cinque mesi tornato alla Casa Bianca.
E’ doveroso premettere che la Global Commodities Conference, ha osservato il suo presidente Matteo Somaini, è il principale appuntamento organizzato dalla Lugano Commodities Trading Association-LCTA, e si distingue per consentire ad alcuni dei maggiori professionisti internazionali un confronto di opinioni sull’andamento dei mercati delle materie prime.
Ma andiamo con ordine. A complicare gli effetti delle recenti politiche statunitensi contribuisce il fatto che le loro ricadute, spesso contraddittorie, si sommano non solo al perdurare dell’instabilità socio-economica post-pandemia, ma anche ai conflitti aperti in varie aree del pianeta e, ultimo ma non solo, al ruolo crescente della digitalizzazione ed in particolare dell’Intelligenza Artificiale, fattori evolutivi di istanze sociali ancora in divenire.
Per questo motivo, ha esordito l’Amministratore Delegato di UBS Group, Sergio Ermotti, intervistato da Roberto Grassi, Vice Presidente di LCTA, specie per quanto riguarda il settore bancario, per superare le attuali incertezze della geopolitica internazionale, ancor prima di una solida capitalizzazione, è invece essenziale ottimizzare il modello di business ad una strategia aziendale efficace.
I lavori della convention di LCTA sono poi proseguiti con l’analisi della professoressa Keyu Jin, docente presso la London School of Economics e la Harvard University sulle condizioni della principale economia asiatica.
La Cina, ha ricordato l’esperta, si sta ormai orientando verso una convivenza tra un modello economico basato sull’industria tradizionale, quella manifatturiera, con le aziende innovative amministrate con le competenze digitali.
Al termine di questo percorso, ha proseguito la professoressa Keyu Jin, il governo di Pechino prevede di incrementare la ripresa economica del mercato domestico, ma soprattutto orientare le nuove generazioni cinesi ad accettare modelli sociali aggiornati ed in cui potersi identificare.
Queste sono le premesse di principio, ma non di fatto, che apparentemente sembrano ispirare anche la presidenza Trump, ha ricordato Emily Harding, esperta americana di intelligence, sicurezza nazionale e tecnologia.
Fra le sue cariche, Emily Harding è direttrice del programma Intelligence, National Security & Technology (INT) e vicepresidente del Dipartimento Difesa e Sicurezza presso il Center for Strategic and International Studies (CSIS), entrambi con sede a Washington.
Con l’insediamento di Donald Trump, ha ricordato Harding, gli Stati Uniti appaiono ormai rivolti a uno sviluppo incentrato sull’Intelligenza Artificiale e sulle biotecnologie.
Sono priorità che la presidenza trumpiana identifica con il termine “strategic decoupling”: un reset della geo-industria mondiale che punta a separare i settori economici e tecnologici di rilevanza nazionale, in particolare americana, al fine di garantire una maggiore autonomia e sicurezza agli Stati Uniti, anche a costo di una minore integrazione globale
Probabilmente questa politica non segnerà la fine della globalizzazione, ha ricordato Alan Friedman, opinionista televisivo ed editorialista internazionale, ma probabilmente anticipa il declino dell’impero economico americano che è iniziato dopo il secondo conflitto mondiale.
Di conseguenza, come ricordato nella panel discussion finale cui hanno contribuito anche Mattia Giussani, Head of Power Origination di Sirius Energy SA, Nikolay Litvinenko, CEO di Telf AG, e James May, Head of Strategy, presso Duferco SA, ad approfittare del declino americano potrebbe essere la Cina, silenziosa ma interessata spettatrice di un disordine mondiale che probabilmente oggi è solo agli inizi.