Aprendo l’incontro che si è significativamente tenuto ad un anno esatto dall’inizio dell’epidemia, Franco Citterio, Direttore dell’ABT – Associazione Bancaria Ticinese – ha sottolineato come il Covid-19 abbia obbligato l’economia mondiale a fermarsi per mesi: per evitare il collasso i Paesi hanno dovuto reagire con importanti interventi economici e la Svizzera si è mossa efficacemente, con misure adottate a livello federale e cantonale in misura consistente e in tempi rapidi. Nell’importante pacchetto di misure messe in atto dalla Confederazione per proteggere l’economia, le banche hanno giocato un ruolo fondamentale: l’impalcatura del sistema di crediti concessi alle imprese poggiava infatti sulla collaborazione tra Confederazione e settore bancario. La Confederazione, tra indennità per lavoro ridotto e di perdita di guadagno, il sostegno ai cosiddetti casi di rigore e il programma di crediti garantiti, ha stanziato circa 75 miliardi di franchi. Nel solo Ticino la quota di crediti Covid erogati dalle banche è ammontata a 1,3 miliardi di franchi (17 miliardi a livello nazionale). E, subito dopo, Franco Citterio ha rivolto ai relatori la domanda di quale sia, a distanza di un anno dall’introduzione di quegli interventi d’emergenza, lo stato di salute del tessuto economico ticinese, e soprattutto, quale siano le prospettive di uscita a questa lunga crisi, contenendone nei limiti del possibile i danni.

Stefano Rizzi, Direttore della Divisione dell’economia del DFE ha tracciato con dovizia di dati un quadro dell’economia cantonale rilevando che «complessivamente la situazione appare oggi in miglioramento rispetto a qualche mese fa, anche se non è possibile parlare di un quadro omogeneo, perché a settori che hanno tenuto, o addirittura hanno visto crescere il loro fatturato, se ne oppongono molti altri che invece hanno registrato rilevanti perdite. Il calo del Pil, nell’ultima parte dello scorso anno, è stato meno pronunciato del paventato e si è passati dal possibile -8% ad aprile al -2,9% di fine anno. Per il Ticino il calo del Pil è stimato al -4%. Tra i settori che sono addirittura cresciuti durante lo scorso anno, spiccano il quello finanziario e il commercio al dettaglio. Altri, come la ristorazione, l’industria degli eventi e dell’intrattenimento, hanno subito un duro colpo che per molti potrebbe portare ad una definitiva chiusura. Anche il mercato del lavoro ha dimostrato capacità di assorbire la disoccupazione e un ruolo importante lo hanno avuto le indennità per lavoro ridotto che hanno contribuito a evitare licenziamenti di massa».

Andrea Gehri, Presidente della Camera di Commercio ha voluto sottolineare che, se nella prima fase dell’emergenza c’è stato un approccio dello Stato molto pragmatico, ora di fronte ad uno stato di stanchezza della popolazione e anche  d’insofferenza verso alcune decisioni dell’autorità federale, occorre procedere rapidamente con interventi tesi a ristabilire dalla fiducia e recuperare un buon livello di consumi. Le imprese ticinesi hanno dato prova di un’ottima capacità di reazione, sia durante la prima sia durante la seconda ondata, dimostrando di avere un ottimo livello di autofinanziamento. Il nostro cantone è tra quelli che hanno chiesto molti crediti, ma sono stati pochi quelli ad essere stati utilizzati veramente, si parla di un livello di solo il 20% e questo è un segnale importantissimo. Vuol dire che in Ticino abbiamo un’economia resiliente perché diversificata, e questa è una ricchezza. In altri cantoni la situazione è molto diversa, specie in quelli dove le economie dipendono troppo da un solo settore. Questo spiega anche la tenuta del mercato del lavoro. Tuttavia ci sono problemi sul fronte degli investimenti delle aziende, che sono stati tagliati, con minori ricadute sul territorio. Inoltre c’è il tema del telelavoro, molto utilizzato soprattutto nel terziario. Un tema spinoso, perché ci sono attività dove non si può fare a meno del contatto con le persone e crea problemi soprattutto nella formazione dei giovani, categoria colpita duramente dalle misure di isolamento. Inoltre questo porta alla diminuzione delle persone nei centri cittadini, con conseguenze negative per bar, ristoranti e negozi. In ogni caso, il Consiglio federale non potrà sostenere ulteriori chiusure per periodi prolungati. Occorre al più presto riaprire sia negozi che esercizi pubblici, chiaramente nel rispetto della salute pubblica. Infatti non possiamo dimenticare che avere un’economia disastrata porta comunque ad avere effetti negativi sulla salute delle persone, e questo per periodi anche più lunghi di una pandemia. Di conseguenza un interrogativo non secondario riguarda il fatto che le banche siano disposte a sostenere ancora le aziende nei prossimi mesi, quando magari la situazione potrebbe essere più critica».

Una risposta è arrivata da Luca Pedrotti, Direttore regionale di UBS, che ha precisato come il ruolo delle banche non sia quello di sostituirsi allo Stat, in quanto esse sono aziende che devono rispettare, oltre ai criteri di sostenibilità economica, anche norme legali e regolatorie. Tutto ciò implica «la necessità per lo Stato di passare dai sussidi a un sistema di accompagnamento strategico verso il cambiamento che dovrà riguardare la struttura economica delle imprese e dell’intera società. La flessibilità assumerà ancora più importanza nel mondo del lavoro, perché il ritmo del cambiamento dettato dalla quarta rivoluzione industriale non farà che accelerare. L’educazione tecnologica è indicata come uno dei settori su cui investire ai fini dello sviluppo, lo smart working ha lasciato il segno, l’automazione e l’intelligenza artificiale galoppante in diversi settori produttivi faranno il resto. Con la pandemia moltissimi lavoratori hanno dovuto imparare in fretta a lavorare e interfacciarsi con diverse piattaforme: la tecnologia e l’apprendimento permanente sono in grado di diversificare le carriere e non necessariamente produrranno uno scontro generazionale. Per nostra diretta esperienza osserviamo che molte operazioni strategiche sono ancora in una fase di attesa e molti imprenditori tendono a posticipare decisioni strategiche mentre molti stanno invece riflettendo sul proprio modello di business e credo che questa sia proprio l’occasione giusta attuare il cambiamento. In ogni caso, ritengo che osserveremo nei prossimi mesi un ulteriore rafforzamento dei settori sopra menzionati mentre altri comparti saranno ancora in sofferenza. Le banche continueranno ad avere un ruolo fondamentale nel permettere l’accesso al mercato dei capitali per tutte le aziende meritevoli, tenendo però conto che esse hanno un proprio appetito di rischio, determinato dalla strategia della banca ma anche definito fortemente dalle normative e delle autorizzazioni che regolano il sistema finanziario».

A Giorgio Calderari, presidente di FarmaIndustria Ticino, è toccato il compito di ricordare come il settore farmaceutico sia stato «un ramo industriale indispensabile durante il primo lockdown. Un riconoscimento importante per le aziende e i pazienti anche se la pandemia ha causato un grosso impatto nella ricerca bloccando lo sviluppo di prodotti che arriveranno più tardi sul mercato. In generale la propensione al rischio rimane elevata e molti imprenditori stanno investendo nella farmaceutica. Anche in Ticino ci sono realtà innovative come Humabs Biomedic e Gain Therapeutics che fanno ben sperare per il futuro».  

Il successivo dibattito si è concentrato da un lato sulla preoccupazione che le banche possano o meno continuare a sostenere anche nei prossimi mesi le aziende, rinviando nei limiti del possibile il rimborso di prestiti e mutui da parte di imprese che hanno comunque viste una riduzione del proprio fatturato. Dall’altro tutti i relatori si sono espressi contro ogni ipotesi di un lockdown duro, sul modello tedesco, ritenendo che questa non possa essere una soluzione applicabile. Gli imprenditori non chiedono riaperture indiscriminate, ma controllate e rispettando le norme sanitarie. In caso contrario, settori già oggi in sofferenza, come la ristorazione, potrebbero generare disoccupazione o addirittura non riaprire più. Una richiesta condivisa è stata quella che il Ticino si adegui alla indicazione della Confederazione di effettuare test di massa nelle aziende.