I luoghi di lavoro, di studio, del tempo libero e della cultura che abbiamo conosciuto si sono vaporizzati e, come il monolite di “2001 Odissea nello spazio” che segna un cambiamento e una rivoluzione, si sono ricomposti sugli schermi di un computer, tablet e smartphone. Persone di ogni categoria, età e ceto hanno sperimentato una nuova modalità di comunicazione e sono stati conquistati dalla potenza del mezzo digitale e dall’apparente semplicità delle sue funzioni. Tutti, chi più chi meno, con l’isolamento hanno espresso l’irrefrenabile voglia di stare insieme e di comunicare; la tecnologia si è presentata come una fantastica risposta.

Il mondo del lavoro è quello che, forse, ne ha usufruito di più. La chiusura delle attività ha fatto scoprire a molte aziende, finora scettiche o pigre, il significato del lavoro agile, per il momento in modo semplicistico e forse anche un po’ troppo esaltato. Lo smartworking segnerà sicuramente il futuro delle organizzazioni aziendali e a questo cambiamento nessuno si potrà sottrarre. Infatti, la visione della società e le esigenze individuali richiedono, sempre più insistentemente, un nuovo approccio al mondo del lavoro. In particolare, le nuove generazioni prediligono un lavoro flessibile, più spazio per la vita privata e la famiglia, senza eccessivi vincoli a livello temporale o strutturale, con un focus sempre più forte su obiettivi e target da raggiungere e un’accresciuta sensibilità sociale ed ambientale. Non amano le imposizioni ma vogliono partecipare al processo decisionale.

Lo smartworking è la risposta? È valida per tutti? Siamo davvero pronti a questo cambiamento? L’introduzione di un sistema di lavoro agile richiede molta attenzione e non è scontato, perché non si semplifica con il telelavoro, così come in una riduzione di scrivanie, spazi e potenziamento di connessioni, ma ha risvolti organizzativi e culturali molto più articolati e complessi. Prima di tutto deve essere condiviso e ben pianificato. Inoltre, è necessario passare attraverso quattro elementi fondamentali: Formazione, Comunicazione, Collaborazione e Fiducia. Al concetto del solo profitto si deve sommare, senza retorica e falsa ipocrisia, quello che sempre più si fa largo nella società: la responsabilità sociale d’impresa, in cui si tiene conto del lavoro e benessere personale dei collaboratori, della sostenibilità e della difesa dei diritti. Non solo le aziende ma anche il legislatore dovrà essere flessibile e introdurre velocemente norme e un sistema coordinato che preveda le infrastrutture necessarie, una governace del lavoro verso le nuove forme di collaborazione, le modalità di compensazione degli strumenti e spazi privati, il controllo, la sicurezza e la trasparenza nella gestione dei dati che inevitabilmente comporta l’utilizzo delle tecnologie, per citare solo alcune problematiche. Il lavoro agile ha molte facce, che creano non poche confusioni soprattutto perché è un tema diventato forse troppo rapidamente di moda e, proprio per questo, occorre un’attenta riflessione sulla posta in gioco.
Sarà importante evitare che l’eccessiva invasione di campo delle tecnologie non leda le nostre libertà, non ci spenga come esseri sociali, portandoci ad un impoverimento comunicativo o, addirittura, alienare la nostra stessa essenza di essere umani. Non possiamo ritornare laddove ci ha portato l’attuale emergenza.