Riqualificare il territorio attraverso diverse iniziative che portino Manno a diventare un polo tecnologico-industriale con un orientamento preciso verso il segmento delle innovazioni dirompenti, quelle cioè che hanno il potenziale per sconvolgere un mercato, creando condizioni e opportunità nuove. È questa l’idea che sta alla base del progetto Manno 2.0, nato dalla consapevolezza del Municipio che sia oggi necessario un intervento che segni un punto di svolta, l’inizio di una nuova fase per proiettare il territorio verso il futuro, capitalizzando al massimo le potenzialità del presente. In questo senso l’Istituto Svizzero per le Innovazioni Dirompenti (SIDI) è stato scelto come principale interlocutore e partner, anche per stimolare le indispensabili sinergie tra pubblico e privato.

Il progetto è stato presentato al Centro Ambrosart di Manno a un nutrito gruppo di imprenditori in rappresentanza del tessuto produttivo del territorio. È stata l’occasione per rivolgere alcune domande ai promotori dell’iniziativa: il sindaco Giorgio Rossi, la municipale Monica Maestri Crivelli e il co-fondatore dell’Istituto Svizzero per le Innovazioni Dirompenti (SIDI), Pietro Veragouth.

Signor sindaco, qual è la molla che ha fatto scattare l’impegno dell’amministrazione in un progetto certamente ambizioso?

«Progettare lo sviluppo del territorio è una responsabilità e un dovere della politica e dell’amministrazione e noi siamo convinti che incoraggiare l’innovazione rappresenti il modo migliore per pensare a un futuro di crescita e sviluppo. Rendere accessibile il mondo delle innovazioni dirompenti – che sono tendenzialmente innovazioni abilitanti – anche alle aziende locali, significa metterle in condizione di attingere a nuove risorse e nuove tecnologie per migliorare, o diversificare, il loro business. Allo stesso tempo la volontà primaria è quella di attrarre aziende, startup e investitori nazionali e internazionali, strizzando l’occhio in primis alla vicina Lombardia, offrendo un terreno fertile dove insediarsi e crescere».

 

Signor Veragouth, quale contributo possono dare le cosiddette innovazioni dirompenti alla crescita di un territorio?

«Manno oggi ha non solo un grande potenziale per lo sviluppo dell’innovazione in Ticino e in Svizzera ma anche l’opportunità di definire per primo un nuovo modello, che faccia uscire la tecnologia e l’innovazione dai laboratori di ricerca per contaminare positivamente l’industria e che rappresenti un esempio da seguire per gli altri comuni e cantoni. La competizione tra poli di ricerca, parchi tecnologici, incubatori e acceleratori sta aumentando in tutto il mondo ed è necessario riuscire a distinguersi perché il rischio, in una logica di medio termine, è quello di non riuscire a disporre di una proposta valida e originale, vanificando gli sforzi. Abbiamo condotto diverse analisi e il segmento delle dirompenti, o parte di esso, rappresenta oggi un ambito di estremo interesse sia per le aziende, sia per chi fa ricerca, sia per chi investe su una o sull’altra».

 

Dunque è fondamentale coinvolgere attivamente soggetti pubblici e privati. Signora Maestri Crivelli, il Municipio di Manno insiste molto sul coinvolgimento strategico dell’imprenditoria privata. Perché è così importante?

«Uno degli elementi centrali della nostra strategia dovrà proprio essere la capacità di fare squadra e di coinvolgere in maniera attiva e trasparente anche il mondo dell’imprenditoria privata. L’impegno deve essere comune se si vogliono raggiungere risultati concreti nei tempi giusti: ogni soggetto coinvolto deve dare il suo contributo per favorire il lavoro di tutti. La sinergia è l’unica strada perché, quando si parla d’innovazione, collaborazione e contaminazione ne sono gli elementi cardine».

 

Cosa sono le innovazioni dirompenti

Signor Veragouth, ci può far capire cosa sono le innovazioni dirompenti?

«Sono quelle scoperte così rivoluzionarie da innescare un cambiamento in grado di sconvolgere completamente un settore o un intero mercato, distruggerlo, oppure crearne uno nuovo. Per fare qualche esempio, la stampa a caratteri mobili, l’elettricità, il motore a vapore, la penicillina, o, più vicine a noi, la TV, il computer, internet».

 

In che modo sconvolgono un mercato?

«Prendiamo l’esempio più classico e che oggi sembra addirittura banale: la ruota. Prima ci si spostava a piedi o a dorso di qualche animale e non era pensabile spostare qualcosa che pesasse più di qualche chilo. Con l’avvento della ruota e quindi dei trasporti, si sono innescati tutti i commerci, si sono costruite città… e il mondo è diventato tutto d’un tratto, nella scala temporale dell’umanità, molto più piccolo.

Un esempio più vicino che gran parte di noi ha vissuto è, ovviamente, internet, che ha prodotto dei cambiamenti radicali in quasi tutti gli ambiti della società e di cui stiamo vedendo solo le prime applicazioni, che permette a una persona che vive in uno sperduto villaggio del Bangladesh di fare assistenza postvendita a un cliente francese che ha acquistato un prodotto cinese su un sito di e-commerce australiano, magari tramite lo smartphone (anch’esso un’innovazione dirompente)».

 

Perché considera Manno un territorio ideale per sviluppare questi progetti?

«Le caratteristiche del suo tessuto produttivo di Manno permettono di lavorare in una nicchia dell’innovazione con un potenziale enorme e al contempo ci offrono un altro grande vantaggio: quello di darci il tempo, necessario per un progetto di questo tipo, di preparare il territorio ed essere pronti ad accogliere queste innovazioni nelle due fasi temporali più importanti».

 

Cosa intende?

«Tutte le tecnologie seguono un ciclo preciso (vedi immagine) che si esprime essenzialmente in quattro fasi:

 

  • La fase di scoperta, dove una tecnologia viene appunto inventata.
  • La fase di hype (euforia), che è la fase in cui i media cominciano a parlarne e, sull’onda dell’entusiasmo, l’informazione viene spinta al limite creando aspettative esagerate.
  • La fase della delusione, dove sembra che l’innovazione venga dimenticata perché le aspettative eccessive che aveva generato non hanno trovato un riscontro adeguato nella realtà, anche se spesso solo per via dei tempi di sviluppo necessari.
  • La fase di mercato: le aziende portano sul mercato applicazioni concrete e il mercato viene sconvolto per la potenza di questa innovazione. A partire dall’affermarsi di questa innovazione, si innesca un processo a catena che porta in tempi rapidi allo sviluppo di altre tecnologie in qualche modo legate ad essa, altri soggetti sviluppano nuove applicazioni e il mercato dirompe.

 

La particolarità di un’innovazione dirompente è che sappiamo che arriverà ma non sappiamo esattamente quando si manifesterà concretamente nelle due fasi più critiche e interessanti, quelle dove gli investitori sono maggiormente coinvolti.

Indirizzando il polo verso le innovazioni dirompenti saremo in grado di cogliere entrambe queste fasi e, lavorando su un paniere di innovazioni che siano compatibili e affini tra di loro, saremo anche in grado di creare una filiera fitta e coerente.

A nostro parere sarebbe troppo rischioso, come invece fanno molti poli, investire su un’unica dirompente, proprio per i limiti di cui dicevo prima. Il fatto di ridurre il rischio operando simultaneamente su un selezionato gruppo di dirompenti per di più compatibili tra loro e quindi con un effetto di potenziamento (ricordiamoci che il più delle volte è nell’incrocio tra due dirompenti che il potenziale si esprime addirittura con un effetto moltiplicatore, come per esempio nel caso di Internet e lo smartphone o in quello dell’intelligenza artificiale e la guida autonoma)».

 

Qual è il paniere di innovazioni su cui ci si dovrebbe concentrare?

«È proprio l’analisi sulla quale stiamo lavorando e per farlo stiamo tenendo conto di tutte le variabili in gioco considerando pro e contro. Manno, che in realtà rappresenta il cuore del progetto e crediamo che servirà da apripista per il resto del territorio, va visto come punto cardine, ma tutte le considerazioni le stiamo facendo con un’ottica più ampia, almeno ticinese che, in una prospettiva globale e di lungo termine, è un contesto socioeconomico e produttivo con caratteristiche comuni.

Concentrandoci tuttavia su Manno e valorizzando al massimo quello che possiede, abbiamo cominciato a restringere il campo puntando sulle realtà più interessanti, la Fondazione Dalle Molle della SUPSI e il centro di ricerca UBS, entrambi focalizzati sullo sviluppo di sistemi di intelligenza artificiale, per esempio. Le dirompenti conosciute che possono essere accostate all’AI sono l’informatica quantistica (che ha un potenziale gigantesco e riteniamo che si stia avvicinando alla fase di hype), la blockchain, che l’anno scorso è precipitata nella fase di delusione ma che conserva il suo potenziale, la realtà virtuale, aumentata e la telepresenza, di cui si attende il risveglio dopo il torpore degli ultimi anni. Il territorio di Manno vanta anche una fitta filiera di aziende che operano nel campo dell’edilizia, ed è per questo che crediamo fortemente, sempre in una logica di medio e lungo termine ma che comporta la necessità di attivarsi subito, nel 3D building, ovvero nella stampa di interi edifici attraverso macchine additive. La tecnologia necessaria esiste, anche se siamo in una fase iniziale della sperimentazione, ed è destinata a trasformare il settore della costruzione in futuro (il 3D building è inoltre strettamente correlato alla realtà virtuale e aumentata).

Quelle che ho citato sono, tra le tecnologie dirompenti, quelle più conosciute e servono per esemplificare il concetto. Ve ne sono molte altre sulle quali stiamo indagando e altre ancora che continueranno a uscire dai laboratori».

 

Com’è nato il SIDI e di cosa si occupa?

«Il Sidi nasce dall’incontro fortuito con un altro ticinese, il prof. Andrea Basso, persona di notevolissimo spessore scientifico, che non ama apparire benché abbia un profilo molto alto da un punto di vista accademico. Ha insegnato al MIT, ha lavorato al fianco di Steve Jobs e Negroponte e ha al suo attivo oltre 150 brevetti che spaziano dall’AI alla computer vision e di cui alcune applicazioni concrete ci ritroviamo nei computer e nei telefonini che ci portiamo nel taschino. Tutt’e due, anche se io sono ben consapevole di non avere la sua competenza scientifica e la sua cultura, siamo appassionati di tecnologia, ma quello che ci dà veramente un brivido sono le innovazioni in grado di rompere uno schema e cambiare i paradigmi di un settore o di un intero mercato; quelle che fanno da spartiacque tra passato e futuro.

L’istituto ha come missione quella di individuare con largo anticipo le innovazioni con il potenziale per stravolgere, distruggere e/o creare un nuovo mercato.

Grazie alle relazioni che Andrea possiede non solo nel mondo accademico, tre anni fa Tesla, che condivide la nostra missione, ha deciso di supportarci. Con un partner così noto nel mondo dell’innovazione e trattando un tema così attuale, abbiamo in realtà avuto una crescita inaspettata.

L’attività che stiamo portando avanti con il Comune di Manno, ovviamente su un’altra scala, la stiamo conducendo anche per altre realtà. Abbiamo da poco consegnato l’ultima release del piano di sviluppo strategico al Governo lituano, collaboriamo con l’Unione Europea in un importante progetto di trasferimento tecnologico per i Paesi balcanici e, da alcuni mesi, stiamo collaborando a un progetto di riqualificazione che ci sta dando molta soddisfazione e che riguarda un piccolo comune italiano, Gravellona Lomellina in provincia di Pavia, per dimensione molto simile a Manno».