“Cocinero cocinero”, uno dei maggiori successi del cantaor e ballerino di flamenco Antonio Molina, racconta le difficoltà quotidiane dei cuochi. Ma questo non è un caso. La musica tradizionale spagnola viene infatti vissuta con un’identità culturale e una passione che si può ritrovare solo in una cucina, con canzoni e ricette che si tramandano di generazione in generazione. Arti, perché di arti stiamo parlando, dove l’uso degli strumenti e al contempo l’essere a tempo con gli altri ballerini, o il resto della brigata, sono elementi fondamentali per la buona esecuzione.

Ed è stato forse quindi inevitabile che, nei sei anni trascorsi per le cucine spagnole, Luca Bellanca insinuasse dentro di sé lo spirito e la musicalità del flamenco. Per lui infatti la cucina è un gioco di sincronie, di movimenti, di intonazioni, sia con i colleghi che con i sapori. Per questo, per festeggiare a dovere i 10 anni del Ristorante Meta a Lugano, lo chef ha proposto in una serata esclusiva uno dei suoi piatti forti (tanto da vincere un premio alle celebri Fallas di Valencia, ndr): la paella.

«È uno dei piatti che più mi rappresentano – racconta Bellanca -. Una semplicità che in realtà nasconde molta tecnica, dove la tradizione richiede inventiva e cuore. Ma soprattutto, come nella paella si ritrovano tanti ingredienti diversi, dal pesce alla carne passando per le verdure, io in cucina porto le mie origini siciliane e i miei primi anni a Varese, oltre ovviamente agli anni in Spagna e a questa meravigliosa avventura in Ticino».

Proprio Lugano ha riservato allo chef, che quest’anno ha intrapreso il giro di boa dei 40 anni, le maggiori soddisfazioni personali: «Riguardo il percorso che abbiamo intrapreso con il Meta e mi emoziono. Nel 2020 ho ricevuto il premio di chef dell’anno dalla Gault&Millau, l’anno dopo la Stella Michelin e lo scorso anno l’ingresso nella Grand Tables Suisse. Se me lo avessero detto a inizio carriera non ci avrei mai creduto: sono riconoscimenti che sono il sogno di ogni cuoco. Ma con gli anni, dopo tutti i sacrifici, se c’è una cosa che si impara è che questi risultati non sono esclusivamente individuali ma collettivi. Non è retorica: chi condivide intere giornate in cucina e in sala, affrontando insieme le difficoltà, sa bene di cosa parlo».

16 punti Gault&Millau e la Stella Michelin sono anche la sublimazione del sodalizio decennale tra chef Bellanca e Mario Mantegazza: «Vederlo così emozionato il giorno dell’annuncio stella mi ha commosso. Oggi c’è chi vede solo i premi, ma noi non dimentichiamo che i primi anni sono stati tutt’altro che facili: non era scontato proporre un’idea nuova di ristorazione in un locale lontano dal centro città. Eppure lui ci ha sempre creduto e mi ha dato fiducia, permettendomi di realizzare la mia filosofia di cucina senza compromessi. È stato il lavoro a lungo termine a pagare, ma per farlo bisognava avere la forza di avere pazienza e Mario, con enorme signorilità e senza metterci pressioni, l’ha sempre avuta, facendoci sentire non semplici dipendenti ma membri di una grande famiglia».

Proprio il concetto di famiglia è diventata una filosofia all’interno del Meta: «Chi viene a trovarci e a mangiare da noi deve sentirsi come a casa. Per questo abbiamo snellito l’arredamento del locale, rendendolo essenziale pur mantenendo una certa eleganza, con una proposta di cucina di altissima qualità, senza però disdegnare la golosità dei piatti. Tutto ciò sarebbe però inutile se non fossimo riusciti a trasmettere ai clienti lo spirito di familiarità che c’è tra ogni membro del ristorante: ognuno non lavora per sé ma ci si dà una mano a vicenda. Professionalità infatti non vuol dire supponenza, bensì avere conoscenza e responsabilità di quali siano i propri compiti e le cose giuste da fare per il bene comune. Il fatto che la maggior parte dei colleghi lavori qui da tanti anni è la migliore dimostrazione di come questo modo di lavorare funzioni bene e ci permetta di dare il massimo ogni sera».

Dare il massimo significa non solo mantenere alta l’asticella, ma provare ad alzarla ulteriormente: «Senza questo genere di ambizioni sarebbe meglio cambiare lavoro! L’alta gastronomia è magica proprio per questa necessità di ricercare costantemente nuovi stimoli e nuove frontiere da esplorare. Il rinnovamente della carta va proprio in questo senso: chi vuole potrà sempre ritrovare quelli che, dopo 10 anni, possiamo ormai chiamare i nostri “classici”. Ma, nel frattempo, ognuno potrà vedere, anzi gustare, la nostra interpretazione delle nuove tendenze della cucina, frutto delle nostre esperienze e delle nostre crescite, individuali e collettive. Non vediamo l’ora di farvele provare, vi aspettiamo!»