Scrivo queste righe a fine maggio, pochi giorni dopo l’allentamento delle chiusure forzate a causa della pandemia coronavirus. Tengo però a ricordare, molti lo hanno già dimenticato, che questa pandemia ha un’origine ben nota e viene dalla Cina. Non è la conseguenza di una ribellione del clima né di una reazione della natura o del regno animale.

Dobbiamo assolutamente evitare che questi fenomeni diventino consuetudine, visto che da quel Paese arrivano ormai da anni malattie epidemiche, ora addirittura pandemiche, sempre più gravi e più frequenti.
Ricordo con orrore che pochi giorni prima dello scoppio di questo nuovo virus, si parlava ancora dell’avvento di una nuova gastronomia a base di insetti, come se questo fosse un segno di modernità, di nuova civiltà, di prelibatezza e sviluppo. In parte della Cina hanno avuto per secoli un’alimentazione a base di solo riso ed è normale che insetti e animali selvatici siano entrati a far parte della loro gastronomia, ma non della nostra, dove abbiamo fatto del mangiar bene un’arte.

Che poi durante la quarantena europea, i delfini siano tornati a nuotare nei porti perché non c’erano le navi e in generale gli animali abbiano ripreso più spazio, è una lezione che ci serve a capire che dobbiamo assolutamente avere maggiore rispetto dell’ambiente dove viviamo.
Ma questo è un discorso diverso e non deve distogliere la mente dal problema alla base di queste ripetute infezioni animali che arrivano dalla Cina in modo sempre più puntuale e grave.

Se perdiamo di vista questo aspetto e non adottiamo le giuste precauzioni per evitare che in futuro si possa ancora subire nuove aviarie, sars, suine, covid, ecc., allora avremo perso due volte e le persone che hanno sofferto o che sono morte per questa nuova peste le abbiamo davvero perse invano.
A loro, più che a chiunque altro, va ora il mio pensiero più sincero e profondo.