Possiamo riassumere quali sono i suoi scopi statutari?

«Alle spalle vi sono 144 anni di storia, un esempio dell’impegno di solidarietà della comunità svizzera di Milano, iniziata nel 1875, quando Anna Cramer-Hirzel, cittadina svizzera residente a Milano, dà vita a un’opera di ospitalità e assistenza gratuita per ammalati. Aumentando nel tempo le richieste, vi furono adeguamenti organizzativi e societari, tutti sostenuti dalla comunità svizzera di Milano: si inaugurerà nel 1892 una nuova struttura. Durante la Seconda Guerra mondiale, il Comitato formato per la maggioranza da Svizzeri della comunità milanese, per evitare angherie e soprusi da parte fascista e tedesca, decise di mettere la clinica internazionale sotto la protezione della Confederazione elvetica, continuando l’opera umanitaria, ideata e voluta dai fondatori: avere a Milano una casa di cura aperta a qualsiasi confessione e nazionalità, fatto unico, testimoniato dall’affluenza di persone di molti Paesi, non solo europei. Nel dopo guerra risultano necessari ingenti finanziamenti per ammodernare l’edificio e le strumentazioni mediche: tempi duri, e nel 1966 si decise la chiusura dell’attività con la creazione di una fondazione a Berna, ora Fondazione La Residenza, con lo scopo di continuare in nuove forme, prevalentemente nella regione Lombardia a Milano, le attività assistenziali iniziate dal gruppo di benefattori nel 1875. Il 1971 si inaugura l’attuale struttura per anziani autosufficienti “La Residenza”».

Vuole raccontarci la sua storia e le motivazioni che l’hanno portata a decidere di occuparsi di filantropia e non profit?

«Classe 1961, nato e cresciuto a Milano, terza generazione di svizzeri, ma sempre in relazione con il nostro paese di attinenza, Meride. Inizio a lavorare nello studio paterno notarile, attività per me non così interessante, ma inversamente proporzionale al fattore positivo di lavorare con mio padre, da cui ho appreso stile, competenza, rigore e metodo; approdo poi alle assicurazioni (Neuchateloise, Winterthur) inserito in progetti di ristrutturazione aziendale in Italia e all’estero. Un breve passaggio nel mondo del brokeraggio e industriale, mi hanno poi convinto che anche il mondo del non profit era una sfida importante. Ho sempre respirato in famiglia i valori della solidarietà e l’impegno sociale, maturando nel tempo la convinzione che il mondo del “terzo settore” esprime grandi valori di solidarietà che si traducevano nelle quotidiane attività, ma molto vi era ancora da fare a livello organizzativo e di governance, per dare stabilità e sostenibilità nel tempo alle organizzazioni. Decido così nel 2007 di portare il mio impegno nel sociale dal livello di volontariato a quello di attività professionale, non senza qualche pensiero: la diffidenza che queste organizzazioni hanno verso i consulenti, la relazione fiduciaria personale, inoltre non avevo un carnet di clientela no profit».


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