Presidente Livia Sanminiatelli Branca, Lei ha dedicato gran parte della sua vita al sostegno degli altri. Qual è stato il momento o l’esperienza che l’ha convinta a intraprendere questa strada?

«Ho sempre creduto che sia importante fare del bene, sempre, non come scelta occasionale ma come vero e proprio stile di vita. Questo a prescindere dalle disponibilità economiche o di tempo, perché anche solo un piccolo gesto può fare davvero la differenza. Fare del bene, fa bene agli altri ma, tanto, anche a noi stessi».

Livia Sanminiatelli BrancaQuali valori considera fondamentali nel suo impegno sociale e nel lavoro che svolge?

«I valori fondamentali sono l’onestà, la responsabilità individuale e sociale, il rispetto e la gratitudine; poi penso che sia anche una grande risorsa la capacità di provare empatia, proprio come presupposto di ogni attività solidale, qualunque sia l’ambito d’azione. L’empatia genera connessioni e relazioni di valore che possono davvero cambiare la vita delle persone, consentendo di ritrovare serenità, anche nelle situazioni più difficili».

Se potesse guardare indietro e scegliere un momento in cui ha realmente sentito il peso e la bellezza della filantropia, quale sarebbe e perché?

«Nel 2008, per una serie di vicissitudini personali, ho avuto occasione di fare un viaggio in India con una Associazione Onlus. In questa occasione ho avuto modo di conoscere Padre Wilson, un prete che, nelle varie attività da lui svolte, ospitava anche in una nella campagna che dista 2 ore da Calcutta, alcune persone affette da HIV. Ho avuto modo di vedere e sapere che queste persone, a seguito della loro malattia, venivano completamente allontanate e abbandonate insieme alle loro famiglie dai loro villaggi. La loro fine era segnata come quella dei loro figli. In queste circostanze, era del tutto esposta alla fame, alle malattie, allo sfruttamento di vario tipo (dalla prostituzione, alla vendita dei loro organi). Incontrare i loro sguardi e quel senso di rassegnazione è stata per me un vero shock. L’ambiente pulito, protetto ma anche improvvisato che Padre Wilson ha saputo pensare ed allestire per queste persone mi ha insegnato che non possiamo non-vedere certe situazioni e che alcune condizioni di vita devono interessarci e coinvolgerci, emotivamente e soprattutto concretamente. Questa esperienza ha determinato in me e nella mia famiglia la volontà di sostenere uni progetto di accoglienza e di cura nello stesso territorio per i bambini orfani malati di HIV». 

La sua sensibilità verso il tema delle cure palliative l’ha portata a guidare File Fondazione Italiana di Leniterapia ETS.

«Mi sono legata a File nel 2009, quando la fondatrice Donatella Carmi Bartolozzi mi chiese di entrare a far parte dei volontari del comitato organizzatore degli eventi di raccolta fondi e, successivamente, del Consiglio di Amministrazione. La prima volta che Donatella, scomparsa nell’ottobre 2020, mi chiese di prendere in mano le redini di File dopo di lei, mi venne da sorridere e le dissi “assolutamente no!”. E invece eccomi qua, da cinque anni presidente e volontaria di File, una circostanza inaspettata che, sotto molti aspetti, mi ha davvero cambiato la vita».

Livia Sanminiatelli BrancaQual è stata la necessità principale che vi ha spinto alla istituzione di questa fondazione?

«La nascita di File si deve all’idea e alla volontà di un gruppo di volontari fiorentini che nel 2002 si sono uniti e impegnati per essere una presenza costante e organizzata nel sociale. In 23 anni di attività, anche grazie all’aiuto di chi ci ha sostenuto ed ha creduto nel nostro lavoro, ci siamo presi cura di oltre 40.000 persone, aiutando i malati gravi ad affrontare nel modo più dignitoso possibile l’ultima delicata fase della vita e supportando anche le famiglie sia durante il percorso di malattia sia nella difficile fase successiva alla perdita».

File pone al centro la dignità e il benessere della persona, andando oltre la semplice cura. In che modo la fondazione promuove la cultura delle cure palliative e sensibilizza la comunità su questo tema?

«File organizza regolarmente eventi e iniziative di sensibilizzazione e formazione per promuovere la cultura delle cure palliative, affinché la società civile e lo stesso mondo medico siano sempre più consapevoli dell’importanza di questo tipo di cure, delle quali in futuro ci sarà sempre più bisogno».

Quale significato personale attribuisce al concetto di cura, non solo fisica, ma anche emotiva e spirituale?

«Le cure palliative implicano una cura globale della persona malata anche quando la guarigione non è possibile, fatta di attenzione, rispetto, vicinanza, e sostegno, non solo di terapie e farmaci. Come ci ricorda una nota palliativista, la dottoressa Giada Lonati, l’etimologia della parola cura si orienta almeno in due direzioni. Da un lato il latino cor urat, letteralmente “che scalda il cuore”, e dall’altra una radice che rimanda al sanscrito kau e che potremmo tradurre con “osservare”, “guardare”. L’esperienza della cura è proprio questo: “guardare l’altro con il cuore”».

Quali sfide ha affrontato File nel corso degli anni e quali soluzioni ha adottato per superarle?

«Ormai da tempo ci troviamo di fronte a bisogni sociali e sanitari crescenti, ad un numero di anziani ed un tasso di invecchiamento della popolazione in continua crescita, ad un aumento delle malattie di tipo cronico-degenerativo e delle persone con comorbilità. File si è sempre adeguata, stando al passo con una medicina e con bisogni in costante cambiamento e continuerà ad adattarsi anche in futuro per promuovere un’assistenza sempre migliore, offrendo cure palliative precoci (nei pazienti ancora in trattamento attivo, per ridurre le sintomatologie in atto) ad un sempre maggior numero di persone e cure palliative specialistiche negli ultimi mesi di vita. Questo è uno dei miei desideri futuri». 

Quali progetti futuri ha in programma File per migliorare ulteriormente l’assistenza e la qualità della vita di chi percorre l’ultimo tratto della sua vita?

«Ci stiamo impegnando per potenziare il nostro servizio gratuito di cure palliative domiciliari sul territorio fiorentino e pratese. Da pochi mesi abbiamo ottenuto un’autorizzazione regionale che ci permette di offrire assistenza sanitaria anche in modo autonomo, non solo quindi in forma di collaborazione integrativa gratuita con la sanità pubblica, così da poter aiutare ancora più persone. Questo ovviamente compatibilmente con la nostra disponibilità finanziaria, in quanto ogni progetto intrapreso dalla nostra Fondazione deve disporre nel futuro di una continuità e coerenza verso le persone assistite».

Esiste un sogno o un progetto filantropico che ancora non ha realizzato ma che tiene nel cuore?

«Il mio sogno è quello di poter potenziare il personale sanitario per poter soddisfare le richieste sempre maggiori di assistenza a malati anziani in difficoltà socio-economiche che vivano una condizione di sofferenza per l’avanzamento di una malattia cronica».

Se la generosità fosse un’eredità tangibile, quale sarebbe il segno più concreto che spera di lasciare alle generazioni future?

«Guardando al futuro, mi auguro che sempre più persone possano riconoscere il valore del Volontariato, un capitale umano prezioso e insostituibile. Come guida di FILE, il mio impegno quotidiano è volto a promuovere e formare comunità sempre più sensibili e solidali, sostenendo un volontariato che, nella nostra realtà, ha radici profonde. Dai volontari dell’assistenza a quelli impegnati negli eventi di raccolta fondi, fino ai volontari che accompagnano le persone nel delicato percorso dell’elaborazione del lutto: ognuno di loro rappresenta una risorsa fondamentale di cui andiamo profondamente fieri».