Enrico Drago, Vice-Chairman Gruppo de Agostini, filantropoEnrico Drago, se dovesse raccontare la sua storia in poche righe a qualcuno che non la conosce, quale sarebbe il primo dettaglio che vorrebbe condividere?

«Sono un “figlio di papà”, cioè una persona nata e cresciuta in un ambiente privilegiato e membro di un’azienda familiare multi-generazionale. Lavoro per passione e per senso di responsabilità, compresa l’importanza di insegnare ai miei figli l’etica del lavoro e il concetto di “legato” da trasmettere di generazione in generazione. Non lavoro per soldi o necessità ma perché intendo riassumere chi sono, da dove vengo e quali sono i miei valori fondamentali. Una persona privilegiata, grata e responsabile».

Qual è il ricordo più significativo della sua infanzia che ha influenzato la sua visione del mondo?

«Andare nell’orto camminando sui binari della ferrovia. Appoggiare l’orecchio sul binario per sentire la vibrazione provocata dal treno, che non si vede ancora ma si può sentire. La prospettiva della ferrovia che si perde lontano, l’idea del viaggio, l’eccitazione di fare una cosa «pericolosa», la raccolta della verdura nell’orto sia scavando, spiantando o tagliando. E tornare a casa con il cibo per la cena».

Quali persone della sua famiglia hanno maggiormente influenzato la sua determinazione ad impegnarsi nella filantropia?

«Sicuramente mia madre, infermiera per la Croce Rossa da giovane e volontaria in Hospice al giorno d’oggi, che da sempre ci ha insegnato l’importanza di aiutare gli altri e lo spirito di sacrificio».

In particolare quanto sente di dover a suo padre per la formazione dei suoi valori e quanto pensa di aver appreso da lui?

«Mio padre, imprenditore di successo, mi ha insegnato l’importanza dell’unione famigliare, dell’impegnarsi al massimo nel proprio lavoro, come valutare e prendere dei rischi e infine come cercare sempre una soluzione ai problemi senza perdersi d’animo. Sentire le storie di Don Luigi Ciotti che da decenni si impegna ad aiutare persone tra le più emarginate della società perché ognuno di noi ha la sua dignità, soprattutto chi è vittima di abusi e soprusi fino a chi, semplicemente, commette degli errori che hanno conseguenze. Don Luigi Ciotti è un simbolo di impegno sociale e di lotta per la giustizia. La sua vita è stata dedicata alla solidarietà concreta, non solo attraverso il Gruppo Abele, che ha fondato per aiutare tossicodipendenti e persone in difficoltà, ma anche con Libera, l’associazione che combatte le mafie e sostiene le vittime di soprusi. Per lui, la solidarietà non è solo un gesto di generosità, ma un dovere civile. Crede che il bene comune dipenda dall’impegno di ciascuno di noi e che la giustizia sociale si costruisca ogni giorno, attraverso la consapevolezza e l’azione. Per me sono pensieri centrali per una persona che si interessa di filantropia cattolica».

Qual è stato il momento chiave che l’ha spinta ad impegnarsi attivamente nella filantropia?

«L’incontro con Cometa, intorno ai 33 anni. Ho capito che oltre all’aiuto economico avrei potuto contribuire alla causa anche con la mia professionalità e il mio tempo. La Fondazione Cometa a mio avviso è un esempio straordinario di come l’accoglienza e l’educazione possano trasformare vite. Cometa offre un futuro ai giovani, creando percorsi educativi e professionali che permettono loro di sviluppare talenti e competenze utili per la vita». 

Lei è cattolico praticante, che significato ha per lei la filantropia cristiana?

«Buona parte dalla filantropia italiana con cui ho collaborato ha matrice cattolica mentre quella che ho conosciuto vivendo in America non ha alcun collegamento. Penso che alcuni valori della religione cristiana servano da scintilla per far partire iniziative filantropiche, ma l’esperienza americana mi insegna che la filantropia può avere anche tante altre radici». 

Quali sono le sfide che a suo parere attendono i filantropi cristiani? Quale ruolo spetta a  loro?

«Riuscire a dialogare ed attrarre interesse e partecipazione anche al di fuori dell’ambito cristiano. Ma non basta una delle principali sfide che attendono i filantropi cristiani è quella di adattarsi ai bisogni emergenti della società, come la povertà digitale, l’accesso all’istruzione e la sostenibilità ambientale. In un mondo sempre più interconnesso, devono trovare modi innovativi per collaborare con istituzioni e comunità, garantendo che il loro impatto sia efficace e misurabile. Il loro ruolo è quello di essere testimoni di speranza e di solidarietà, dimostrando che la fede può tradursi in azioni concrete per il bene comune. Devono anche affrontare la sfida di mantenere viva la loro missione in un contesto in cui la religione spesso perde rilevanza sociale, trovando nuovi linguaggi e strumenti per coinvolgere le generazioni più giovani. La filantropia cristiana ha il potenziale di essere un motore di cambiamento, capace di ispirare e trasformare la società attraverso valori di giustizia, compassione e responsabilità». 

Quali sono le principali cause che le stanno a cuore e perché?

«Le cause che aiutano le persone a (ri)trovare la propria dignità e un posto nella società. Le cause che stanno più a cuore sono quelle che aiutano le persone a (ri)trovare la propria dignità e un posto nella società. La dignità è un diritto fondamentale, e ogni iniziativa che permette a chi è in difficoltà di recuperare autonomia e rispetto è essenziale. Un altro aspetto cruciale è il sostegno alle famiglie di coloro che affrontano problemi, in particolare handicap gravi. Queste famiglie spesso vivono situazioni di grande stress e sacrificio, e garantire loro spazi e opportunità per “ricaricarsi” è un atto di solidarietà che rafforza l’intera comunità».

Come nasce la Fondazione De Agostini?  

«Dalla volontà delle famiglie Boroli e Drago di restituire alla collettività una parte di quanto ricevuto dalla stessa attraverso le proprie attività d’azienda. Non solamente attraverso donazioni monetarie, bensì attraverso un investimento di tempo che si traduce in ascolto attivo per generare cambiamento con sguardo aperto e attento ai bisogni delle persone e al tempo in cui viviamo. Ascoltiamo le organizzazioni e le persone con cui collaboriamo, per crescere insieme.

Opera con l’obiettivo di promuovere iniziative di solidarietà e inclusione sociale, concentrandosi su quattro aree principali: disabilità, educazione e formazione, inclusione sociale ed emergenze. Attraverso progetti concreti, la fondazione sostiene persone in difficoltà, offrendo opportunità di crescita e miglioramento della qualità della vita. Uno degli aspetti più significativi è il suo impegno nel campo dell’educazione e formazione, perché investire nell’istruzione significa dare alle persone strumenti per costruire un futuro migliore. La fondazione crede fermamente che l’accesso alla conoscenza e alla formazione sia un diritto fondamentale e lavora per garantire che anche chi si trova in situazioni di svantaggio possa avere le stesse opportunità».

Quali sono gli scopi statutari della Fondazione De Agostini e quale aspetto ritiene più significativo?

«Lo  scopo più significativo della fondazione è la costruzione di una rete, cioè Crediamo nell’idea del “fare insieme”. Lavoriamo in rete con altre organizzazioni per condividere esperienze, scambiare competenze, trovare soluzioni e generare un impatto maggiore. Costruiamo relazioni tra le realtà che sosteniamo perché il cambiamento sia diffuso e duraturo».

Quale progetto filantropico le ha dato maggiore soddisfazione fino ad ora?

«La collaborazione tra Cometa e il Gruppo Inditex cominciata nel 2012 e che nel tempo ha portato a numerosi progetti compresi i negozi per disabilità di vario tipo. Uno degli sviluppi più significativi è stato l’apertura del negozio for&from a Como, il primo in Italia di questo programma internazionale. Questo spazio commerciale, gestito da giovani con disabilità, rappresenta un’opportunità concreta per favorire l’autonomia e l’integrazione nel mondo del lavoro2.Grazie a questa collaborazione, Cometa e Inditex hanno dimostrato che l’inclusione può essere realizzata attraverso modelli innovativi, capaci di coniugare impatto sociale e sostenibilità economica».

In che modo la Fondazione Cometa riflette il suo impegno personale e perché Cometa è un progetto che le sta particolarmente a cuore?

«Il primo amore non si scorda mai! Inoltre la varietà, la qualità e la forza dei suoi progetti sono magnetici e sono gli aspetti che personalmente curo di più anche nel mio lavoro. Infine la famiglia Figini e ciò che hanno creato ha qualcosa di magico».

Quali sono le sfide più grandi che ha affrontato nel suo impegno filantropico?

«Trasmettere l’entusiasmo ad altri per contagiarli. Nel caso della Fondazione DeAgostini, dover fare una scelta tra chi sostenere chi, purtroppo, lasciare andare perché, anche in filantropia, si devono fare delle scelte e dire NO ad alcuni».

Quali sono i suoi sogni per il futuro e come immagina il suo impatto nel mondo della filantropia nei prossimi anni?

«Nel futuro, il sogno è quello di riuscire a focalizzarsi su meno progetti, ma sostenerli in modo più efficace e profondo. La filantropia non è solo una questione di quantità, ma di qualità dell’impegno e dell’impatto generato. Concentrarsi su iniziative mirate permette di dedicare più risorse, tempo e attenzione, garantendo risultati concreti e duraturi. Sono convinto che questa scelta risponda a una visione strategica che può portare a risultati più incisivi e trasformativi. È un percorso che richiederà dedizione, ma che può davvero fare la differenza nella vita di molte persone. Per me un valore centrale».

La Fondazione De Agostini

Missione:
La fondazione ASCOLTA, SI PRENDE CURA DELLE PERSONE, COSTRUISCE RETI.

Visione:
GENERARE CAMBIAMENTO, con RESPONSABILITÀ e CON LO SGUARDO RIVOLTO AL FUTURO.

Fondazione De Agostini