Peter GoopDr. Peter Goop, ci piacerebbe approfondire la sua esperienza personale e capire cosa l’ha motivato a intraprendere il percorso nel campo della filantropia. Può raccontarci qualcosa al riguardo?

«Fin da bambino ho imparato a nutrire rispetto e considerazione per chi non è stato favorito dalla sorte. Mio padre è stato per me un esempio, ma anche mia madre e i miei nonni si sono sempre impegnati ad aiutare le persone che vivevano situazioni di difficoltà. In definitiva, si tratta di una consapevole assunzione di responsabilità nei confronti di chi bisogno di aiuto. Questo principio mi è stato trasmesso fin dall’infanzia».

Quali sono state le tappe più significative della sua carriera e come hanno influenzato la sua visione della filantropia e del lavoro con le fondazioni erogative?

«A tal proposito sono stato particolarmente ispirato dall’esempio di un cliente francese, il quale mi raccontò che in Normandia esiste una tradizione secondo cui le persone facoltose destinano “les dix pour cents pour les oeuvres”, ovvero il 10% del proprio patrimonio, a scopi benefici. Non avevo mai incontrato prima una prassi del genere e, da giovane avvocato, ne sono stato profondamente influenzato. Da allora ho cercato di applicare questo principio in molte altre occasioni e di tenerne conto anche nel mio comportamento personale».

C’è un progetto o un’iniziativa, tra quelli sostenuti dalle fondazioni erogative, che l’ha colpita in modo particolare? E perché?

«Nel corso della mia decennale attività come responsabile di fondazioni erogative ho avuto modo di conoscere molti progetti straordinari, di cui sono davvero orgoglioso. Si tratta di iniziative nel campo della tutela ambientale, del sociale, della ricerca medica, della promozione delle donne, di nuove patologie come l’autismo, e anche di progetti legati all’autodeterminazione (Self Empowerment). Proprio quest’ultimo ambito mi sembra un concetto chiave per cercare di migliorare concretamente le condizioni di vita di molta parte delle persone nel mondo. Solo chi abbia imparato come funzionano le cose e acquisito la capacità di esprimersi e di impegnarsi politicamente può cercare davvero di generare un cambiamento significativo».

Come vede il suo ruolo personale nel settore delle fondazioni e quali visioni la guidano?

«Mi è facile rispondere a questa domanda, perché considero il mio ruolo in quest’ambito come quello di chi, grazie alla generosità dei fondatori, ha l’opportunità di sostenere progetti e coltivare così la visione di un mondo migliore per gran parte dell’umanità. Naturalmente sono consapevole delle difficoltà e delle sfide da affrontare, ma è questo spirito che guida e motiva il mio impegno quotidiano».

Potrebbe fornirci una panoramica dell’attuale quadro giuridico delle fondazioni erogative nel Principato del Liechtenstein? Come si sono sviluppate nel tempo?

«Le normative che regolano le fondazioni erogative in Liechtenstein sono facilmente consultabili online. Si tratta di condizioni quadro eccellenti, che da un lato consentono ai donatori grande libertà, e dall’altro garantiscono il necessario controllo circa l’origine e l’utilizzo dei fondi. La situazione è migliorata ulteriormente con l’ultima revisione della legislazione sulle fondazioni: per esempio, è stata data una definizione chiara del concetto di utilità pubblica; più in generale, le normative sulla vigilanza e la “due diligence” hanno riconosciuto il ruolo delle fondazioni erogative, che sono regolamentate in modo adeguato e liberale».

Quali sono, secondo lei, le principali sfide per le fondazioni erogative in Liechtenstein nell’attuale contesto legale e come possono essere affrontate?

«Le principali sfide future per le fondazioni filantropiche riguardano, a mio avviso, soprattutto l’applicazione ragionevole dei regolamenti sul riciclaggio di denaro e delle norme di conformità e compliance. Se alcune dei provvedimenti richiesti attualmente in discussione, venissero effettivamente implementati si potrebbe addirittura configurare un rischio per le attività di pubblica utilità».

Quale ruolo ritiene svolga, a livello nazionale e internazionale, la VLGST e in che modo contribuisce personalmente alla sua missione?

«La VLGST rappresenta in modo eccellente gli interessi delle fondazioni e dei trust filantropici e contribuisce sia a radicare l’idea delle fondazioni di erogazione che a promuovere l’adozione dei necessari standard legali e a trattare altre misure in modo ottimale. Nell’attuazione del loro scopo, le fondazioni erogative hanno dinamiche, obiettivi e strategie specifici. La VLGST si occupa di riunire e rappresentare questi interessi».

Il Liechtenstein gode di una reputazione unica nel campo delle fondazioni. Secondo lei, quali sono i punti di forza e i vantaggi particolari del diritto delle fondazioni del Principato?

«I punti di forza del diritto delle fondazioni del Liechtenstein risiedono da un lato, come già accennato, in una regolamentazione aperta e, dall’altro, nell’applicazione prudente ma efficiente delle disposizioni in materia di vigilanza e conformità».

Come vede lo sviluppo futuro del settore delle fondazioni nel Paese e quali tendenze e cambiamenti si aspetta nei prossimi anni?

«Sono convinto che il settore delle fondazioni erogative in Liechtenstein continuerà a crescere. Ci sono tuttavia sfide e rischi su più fronti. Da un lato, i requisiti di conformità diventeranno più stringenti, costringendo i beneficiari delle sovvenzioni a fornire report dettagliati circa i contenuti dei progetti e l’uso dei fondi, anche se dovrebbe essere possibile erogare finanziamenti su basi di fiducia. Questo è un aspetto che mi sta particolarmente a cuore, per evitare che le fondazioni si trovino soffocate da eccessive richieste burocratiche o che alcune di esse interrompano del tutto le erogazioni. D’altra parte, credo fermamente che le fondazioni di beneficenza debbano rivolgere maggiore attenzione alla gestione dei fondi. Qualche passo in questa direzione è stato fatto e la VLGST, sin dalla sua istituzione, ha dedicato grande impegno a questo tema. Tuttavia, a mio giudizio, non si è fatto ancora abbastanza, e non si è arrivati a un sufficiente grado di consapevolezza in proposito tra i membri del Consiglio di fondazione. Ritengo che alla gestione del patrimonio in conformità con gli scopi della fondazione si debbano dedicare almeno lo stesso tempo ed energia, e soprattutto la stessa competenza, che alle erogazioni. Inoltre, personalmente, accoglierei positivamente l’idea che, pur senza una vera e propria supervisione, il rapporto annuale del Consiglio di fondazione includesse una relazione circa la gestione del patrimonio in conformità agli scopi della fondazione».