Il principale elemento che sembra caratterizzare il momento attuale è costituito dal fatto che la BCE ha riportato in campo le armi straordinarie di politica monetaria per aiutare l’inflazione ad avvicinarsi al suo target (vicino ma inferiore al 2%), mentre la Banca nazionale svizzera nei giorni successivi ha scelto di non abbassare ulteriormente i tassi, una misura che rischiava di avere effetti collaterali dei tassi negativi su diversi settori dell’economia.

Nel suo esame trimestrale la BNS ha infatti indicato che la sua politica monetaria rimane espansiva, ma con un tasso guida sul franco ancora a -0,75% e non a -1% come una parte degli analisti aveva previsto. Secondo l’istituto centrale elvetico i punti chiave sono tre: tasso negativo invariato appunto; disponibilità a intervenire ancora sul mercato dei cambi; un nuovo calcolo che aumenta la franchigia per le banche che devono pagare gli interessi negativi sui loro averi a vista alla BNS, con minori oneri per queste banche dal primo novembre prossimo.

In ogni caso, se non nell’immediato, la decisione di abbassare i tassi potrebbe essere presa più avanti, probabilmente entro la fine dell’anno. Questo congiuntamente ad altre misure per evitare un eccessivo rafforzamento del franco.

Come evidenziato da Luca Pedrotti, Direttore regionale di UBS Ticino, gli indicatori economico-finanziari offrono oggi un quadro assai diverso rispetto a quello di inizio anno. Da una parte la congiuntura globale ha rallentato, contrariamente alle previsioni di pochi trimestri fa, anche se sembra essersi stabilizzata. Guardando ai Paesi vicini, la crisi dell’industria rischia di colpire in modo particolare la Germania, la Brexit il Regno Unito. Dall’altra, il mercato azionario ha registrato rally inaspettati. Tuttavia la contraddizione è solo apparente, con le banche centrali sempre pronte ad intervenire. La Fed ha virato verso politiche monetarie più espansive già da inizio anno. La BCE ha abbassato il tasso sui depositi da -0,4 a -0,5% e ha rilanciato un programma di acquisto titoli da 20 miliardi di euro al mese.

La BNS potrebbe tagliare ulteriormente i tassi per due motivi. Primo, mantenere la distanza con la BCE, per evitare un rafforzamento eccessivo del franco. Secondo, dare un sostegno alla crescita economica, che anche in Svizzera sarà più flebile del previsto. A ciò si aggiungono probabili misure per evitare un eccessivo rafforzamento del franco. «Tuttavia – aggiunge Elena Guglielmin – come moneta rifugio il franco rischia di apprezzarsi fino a 1,07 a tre mesi o di rimanere sui livelli di 1,10 contro euro nei prossimi 12 mesi».

Se il pronto soccorso messo in piedi dalle banche centrali funzioni per rilanciare l’economia, resta una grossa incognita. Prima di lasciare definitivamente il suo incarico in BCE, Draghi ha sottolineato per l’ennesima volta che è compito dei governi nazionali implementare quelle misure di politica fiscale necessarie a dare slancio alla crescita. La politica monetaria è più veloce da implementare, ha ricordato Matteo Ramenghi. Ma le incertezze politiche non risolte, in primis la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, frenano gli investimenti delle aziende. E infine, le economie avanzate sono alle prese con una popolazione che invecchia: il debito pubblico sale, si risparmia di più, e i tassi calano. «L’UE, sempre secondo Ramenghi, ha un modello economico incentrato sull’export, non è all’avanguardia nelle tecnologie, mentre forse dovrebbe puntare sulla crescita dei consumi interni. Non è vero che i tassi negativi non aiutano. Ma aiuterebbero molto di più in un contesto con meno incertezze». La BNS ha introdotto i tassi negativi quasi 5 anni fa. Le attese del mercato riguardo l’Euribor a tre mesi indicano che questo resterà negativo per altri otto anni, senza che questo possa impedire una recessione.