Arrivo puntuale alla Banca Migros di Lugano per incontrare Alberto Crugnola e resto sorpresa nel vedere quanta gente c’è nell’atrio della filiale ticinese. Poco dopo arriva l’assistente della clientela privata ticinese, un volto noto, ma solo in ascensore realizzo che si tratta dell’ex giocatore d’hockey Lorenz Kienzle. Il tempo di salutarlo e mi ritrovo nell’ufficio luminoso di Alberto Crugnola, che subito mi offre un caffè.

Visto che c’era così tanta gente agli sportelli immagino che Banca Migros abbia successo qui in Ticino. Ultimamente avete cambiato strategia?

«Cosa è cambiato… (riflette), inizialmente eravamo conosciuti come la banca delle ipoteche ed effettivamente era così, anche se avevamo importanti competenze per quanto riguarda gli investimenti. Poi abbiamo lavorato moltissimo per promuoverci su più fronti, anche in Ticino, ma la svolta decisiva l’ha data il CEO Manuel Kunzelmann nel 2020 quando ha studiato un piano strategico che porteremo a termine nel 2025. Cerco di essere breve: noi, come Banca Migros, desideriamo che sia il cliente a scegliere come raggiungerci; abbiamo persone che vengono ancora in succursale, altri che fanno tutto online, il nostro obbiettivo è quello di essere un partner fidato in ogni situazione della loro vita e in ogni ambito, non solo ipotecario, ma anche assicurativo, previdenziale, fino al risanamento energetico, con competenze nostre e dei nostri partner».

Restate comunque una banca nazionale…

«Assolutamente sì, siamo una banca nazionale, anche se abbiamo diversi clienti esteri».

Sono passati più di vent’anni dal tuo arrivo in Banca Migros, anche se non sembra…

«Sono volati, d’altronde è così… quando ti piace qualcosa il tempo non pesa. Sono arrivato in Banca Migros nel 2002, dopo un percorso variegato. A quei tempi ero in Raiffeisen a Sementina, eravamo partiti con 15 milioni di cifra d’affari ed eravamo cresciuti in maniera esplosiva, poi ci siamo stabilizzati e mi sono sentito un po’ in una comfort zone e visto che mi piace la motivazione, avere sempre delle sfide aperte, ho deciso di cambiare. Ma non è stato sempre facile, perché ad un certo punto il mio diploma di apprendista di commercio e la mia esperienza non bastavano. Nel 2013 per poter riprendere la responsabilità del settore Retail per la regione Ticino mi sono lanciato e ho deciso di fare un master in MBA, lo volevo fare prima di tutto per me stesso e poi per dare una conferma alla banca delle mie capacità. E ce l’ho fatta (soddisfatto). Nel 2017 c’è stata una grossa riorganizzazione interna che mi ha portato a gestire tutta la clientela privata e nel 2021 ho preso anche la responsabilità per la regione dei Services Support Credit, del Facility Management – abbiamo tre immobili di nostra proprietà – e della sicurezza».

Suppongo tu non abbia tempo per annoiarti (ridiamo), ma raccontami del Master, perché immagino non sia stato facile tornare a scuola a 46 anni…

«Hai ragione, anche perché era una scelta complessa, avevo una famiglia, delle responsabilità, la volontà di dedicare del tempo anche a mia moglie Cinzia e ai miei due figli. Per questo ho indetto una vera e propria riunione di famiglia, a quei tempi Gabriele aveva 10 anni e Sofia 13, mia moglie lavorava come docente alle scuole medie del Collegio Papio e quindi ho chiesto di esprimere la loro opinione. Tutti e tre mi hanno supportato, devo ringraziare mia moglie per i fine settimana che potevo passare sui libri. Sono stati tre anni molto intensi e impegnativi, ma lo rifarei senza la minima esitazione».

Da quanto posso immaginare sarai stato uno studente modello…

«Effettivamente (sorride), i primi risultati sono arrivati subito, anche perché non avendo un diploma universitario ho dovuto impegnarmi al massimo e confrontarmi con ragazzi molto più giovani di me, ma questo non mi è mai pesato anzi… con alcuni di loro ho creato un rapporto bellissimo, sia di studio, sia personale, in fondo avrei potuto essere il loro papà».

Raccontami un po’ di te, come mai hai scelto di andare a lavorare in banca?

«È stato un caso, sono sincero. Io sono nato a Mendrisio e i primi cinque anni di vita li ho passati a Balerna, perché mio papà, originario di Giubiasco, lavorava come ferroviere e aveva trovato un posto nel Mendrisiotto. Poi ci siamo trasferiti, sempre per necessità lavorative, a Camorino e sinceramente nel sangue sono bellinzonese. Ho fatto il Ginnasio a Giubiasco, il Liceo a Bellinzona, poi l’apprendistato in banca – sempre a Bellinzona – e dopo un soggiorno linguistico di tre anni a Lucerna sono rientrato in Ticino».

Quindi la banca è stata veramente una seconda scelta

«Assolutamente si (ride). Sono del 1965 e la mia idea era quella di fare il maestro di sport, ma mi ero accorto che in quel settore c’era un po’ di crisi e mio papà non disponeva di grandi risorse finanziarie, siamo tre fratelli, e quindi mi sono detto: “vuoi dire che ora studio per diventare docente di attività fisica e poi resto senza lavoro?”. Non potevo permettermelo e non volevo veder vanificati gli sforzi di mio papà. Ho pensato a un’alternativa e le due scelte erano o macellaio o banca, ma non avevo nessuna idea di che cosa significasse lavorare in banca. A quel punto ho fatto dei concorsi, allora c’erano degli esami di ammissioni perché moltissimi giovani ambivano a un apprendistato nel settore bancario. Ho ricevuto una proposta dalla Corner di Lugano e dall’UBS di Bellinzona, per questioni logistiche ho scelto di restare vicino a casa».

Ti sei mai pentito?

«No, assolutamente no. Questo lavoro mi piace, mi è sempre piaciuto, mi ha sempre dato molti stimoli e non mi sono fermato mai. Soprattutto ora che mi dedico a pochi clienti e ho il tempo di prendermi cura del mio personale, di farlo crescere, di trasmettergli le mie competenze per garantire una crescita costante alla banca».

Scusami ma il tempo di conoscere tua moglie Cinzia dove l’hai trovato?

«A Carnevale (sorride)».

Visto il periodo ti avrei comunque chiesto del Carnevale…

«Ricordo quella sera come fosse oggi. Ero uscito con degli amici e avevo incontrato una donna, vestita da vecchia, che spesso si trovava vicino a me. Ad un certo punto l’ho vista passare senza maschera e mi sono detto: “È lei (la donna della mia vita)“. Ci siamo subito piaciuti, ma è finita li. In quel periodo ero a Lucerna, ma tornavo spesso in Ticino. Un fine settimana ero a giocare a tennis e rientrando a casa in auto, con degli amici, la vedo dal finestrino: stava tagliando la siepe con il padre. Subito ho fatto fermare l’auto, sono sceso e le ho chiesto se le andava di venirmi a vedere giocare calcio il giorno dopo. Lei è venuta, ma io durante quella partita mi sono rotto i legamenti e… il destino scelse per noi…mi accompagnò all’ospedale. Da quel giorno siamo assieme».

Avete due figli…

«Sofia ora ha 24 anni e fa la maestra d’asilo, è molto felice, mentre Gabriele sta studiando a Basilea, gli piacerebbe dedicarsi alla ricerca farmaceutica. Sono soddisfatto, non potrei chiedere di più, anche perché ho sempre detto ai miei ragazzi che la mattina bisogna alzarsi felici di andare a lavorare, e penso proprio che questo insegnamento l’abbiano appreso».

Alzarsi la mattina felici…

«È sempre stato il mio motto. Qualche tempo fa il mio superiore mi ha chiesto – visto che sono in età pensionabile – se pensavo di smettere di lavorare e io gli ho risposto che il giorno in cui non mi divertirò più sarà il primo a saperlo, così da poter organizzare nel migliore dei modi la mia successione. Quel momento penso sia ancora lontano».

Hai giocato a calcio in Prima Lega, poi in seconda, sei sempre sportivo?

«Ora sono uno sportivo della domenica, gioco a Tennis e sono vicepresidente del circolo di Gordola. Ma è una valvola di sfogo e anche l’occasione per vedere gli amici e fare due chiacchiere».

Ma passiamo ora al tuo vero hobby, magari non tutti sanno che potrebbero incontrarti dietro a una chitarra a suonare musica rock

(Felice). «Ho iniziato quando avevo 17 anni, adoravo i Kiss, mi facevano letteralmente impazzire. Al Ginnasio eravamo in due amici matti per i Kiss, eravamo considerati delle pecore nere fino a quando abbiamo scoperto che c’erano altri due appassionati. Ci siamo ritrovati e ci siamo divisi i nomi, io sono Gene Simmons e ancora oggi alcuni amici mi chiamano Gene. Inizialmente ho imparato a suonare il basso, ne avevo trovato uno per cento franchi e mio papà me lo aveva comprato, poi Luca Albertoni (direttore della Camera di Commercio) mi ha insegnato a suonare la chitarra. Ma la mia vera carriera (ride) inizia quando scopriamo che Mauro Rossi (responsabile della cultura del Corriere del Ticino) scriveva canzoni e stava cercando qualcuno che gliele suonasse. Con alcuni amici musicisti agli inizi ci presentiamo e dopo soli tre mesi incidiamo un disco con altri gruppi ticinesi. Dopo questo periodo giovanile ho smesso di suonare, fino a quando non mi si è ripresentata la possibilità di farlo con il mio ex capo in SBS Piergiuseppe Vescovi, con lui ho suonato musica da ballo e andavamo a fare serate importanti».

Suoni ancora?

«Non ci crederai ma l’anno scorso mi ha chiamato un amico che cercava un chitarrista. Inizialmente gli ho detto di no, poi sono andato a fare due prove con loro e subito la musica mi ha nuovamente rapito. Stiamo preparando assieme nuovi brani, di vario genere, e a maggio inizieremo a uscire, sarà musica di ascolto. Quattro vecchietti e una giovane cantante (ride)».

Tu sei un appassionato di hockey e immagino anche di calcio, penso soprattutto al fallimento del Chiasso, dici che il Ticino dovrebbe concentrarsi ad avere meno squadre…

«Se parliamo di hockey, le due squadre ci vogliono, perché se non ci fosse l’Ambri al Lugano mancherebbe qualcosa, e viceversa… comunque penso che, finanziariamente, riescano a gestire una buona squadra. A livello di calcio sono tifoso di tutte le ticinesi, e vedere cosa è successo al Chiasso mi dispiace molto. Trovo che si sarebbe potuta creare una squadra faro, il Lugano, e dedicarsi parallelamente di più ai giovani».

Sei stato un politico che ha fatto la differenza, cosa ne pensi del record di candidati per queste elezioni cantonali e come mai non hai continuato la tua carriera politica…

«Sono stato quattro anni in Municipio a Gudo e sei anni sono stato sindaco poi una mattina, Gabriele aveva cinque anni, mi ritrovo nella sua stanza, era mercoledi e non lo vedevo dalla domenica. Lui mi dice: “Non ti vedo più”. Senza pensarci ho dato le mie dimissioni. Per quanto riguarda invece la presenza di molti candidati… dico solo una cosa: l’importante è la qualità delle persone, devono essere seriamente interessate alla politica, devono sentirla come una vera passione. Quando ero sindaco, sono liberale, facevamo sempre la maggioranza assoluta in consiglio comunale, ma non tutti erano realmente interessati, in molti si trovavano li perché era un retaggio famigliare o si sentivano obbligati. Un bel giorno ho chiamato i colleghi di PPD e del Partito Socialista, allora eravamo tre sezioni. Ho detto chiaramente che la mia lista non mi convinceva e di riflesso anche loro mi hanno detto di trovarsi nella stessa situazione. Abbiamo quindi deciso di metterci a tavolino, fare una lista dove sapevamo che le persone elencate fossero realmente interessate alla politica – indipendentemente dal partito – e poi abbiamo aperto la porta a tutti i candidati. È stato il periodo politico più bello e motivante, in consiglio comunale erano sempre tutti presenti, dovrebbe essere sempre cosi».

Famiglia, lavoro, sport, musica, politica… hai sempre vissuto tutto con una passione incredibile, una voglia di vita esemplare

«Sì, sono un appassionato della vita, è corretto. Alla mia famiglia ho detto che quando morirò sulla lapide devono scrivere: amava la vita, la famiglia e il rock. Ed è meglio che lo facciano (ride). Ricordiamoci che la vita è bella, che ogni giorno ci regala qualcosa, anche nei momenti più duri e dolorosi. Quello che dico ai giovani è che bisogna visualizzare davanti a sé un obbiettivo, avere dei sogni e fare di tutto per realizzarli».

Mi ritrovo nel traffico di Lugano, sorrido, perché quando si ha la fortuna di incontrare esempi di vita come questo non si può fare altro che annuire, ricordando che ogni scelta va fatta per passione, solo così ci alzeremo il mattino felici.