Sta per esordire la stagione politica 2024-25 e la dialettica partitica si troverà confrontata da incognite globali, come i nuovi equilibri originati dalla carica presidenziale in America, ed in Europa dalle consultazioni in Gran Bretagna, Francia e del parlamento di Bruxelles. Quali le strategie per interpretare le necessità del nostro cantone?

«La crescita economica della Svizzera», per Maria Pia Ambrosetti di HelvEthica, «deve affrontare una serie di sfide legate alla frammentazione geopolitica, al protezionismo e alle sempre più diffuse sanzioni commerciali che ostacolano l’accesso ai mercati esterni. D’altro canto, le forze politiche tradizionali nei Paesi dell’UE stanno perdendo legittimità poiché si concentrano sulla ricerca di capri espiatori per i problemi causati dalle loro politiche anziché sulle soluzioni. L’espansione in corso dei poteri della Commissione UE rende vana l’aspettativa di negoziati costruttivi, per cui la Svizzera rischia di subire un calo dei ricavi da esportazione. Il Ticino dovrà trovare nuovi sbocchi nei poli di crescita al di fuori dell’Europa per mantenere l’occupazione e l’attività economica».

«Effettivamente», commenta Massimiliano Ay di Partito Comunista-PC, «le dinamiche globali influiscono, anche se indirettamente, sulla vita locale: dall’approvvigionamento energetico alla sovranità alimentare, passando dalla sicurezza. Come PC puntiamo sulla coerenza fra l’azione concreta in Ticino e la visione internazionale: dicendo No UE difendiamo i diritti del lavoro e il servizio pubblico; dicendo No NATO salvaguardiamo neutralità e pace. Viviamo un’epoca di transizione geopolitica: il declino del sistema atlantico e l’emergere del multipolarismo imporrà infatti di collocare correttamente non solo la Svizzera ma anche i suoi partiti e i suoi sindacati, poiché vi saranno ripercussioni sia economiche che sociali, senza contare il drammatico rischio di una guerra mondiale».

«Gli effetti estremi delle crisi internazionali e della globalizzazione li conosciamo anche nel nostro quotidiano», ricorda Samantha Bourgoin de I Verdi del Ticino. «Liberismo nel nome dell’efficienza e massimizzazione dei profitti, che vanno a rimpolpare le tasche di pochi e hanno costi immensi a spese di cittadine e cittadini (sperpero di risorse e territorio, i danni al clima, all’ambiente e alle persone), tolgono risorse necessarie allo Stato per garantire la resilienza della nostra società. Occorre dunque ridurre drasticamente la dipendenza dall’estero in campo energetico (decarbonizzazione), rinforzare l’intera economia locale, investire subito nell’adattamento delle infrastrutture all’evoluzione dei mutamenti climatici e provvedere ad una ridistribuzione più equa dei redditi».

«Spesso ci concentriamo sul nostro Cantone e guardiamo alla politica del “qui e subito”, ma è essenziale elaborare strategie di lungo periodo e attuarle con attenzione a quanto avviene a livello internazionale», osserva Fiorenzo Dado’ del Centro. «Tra le sfide più importanti, con un impatto sul Ticino: la problematica dei migranti, il calo demografico, la perdita del senso di comunità dell’Occidente moderno a favore dell’egocentrismo, la fuga dei cervelli, la concorrenza tecnologica, il cambiamento climatico. Tutto ciò in un contesto in cui non si vede la comunità internazionale impegnata nella ricerca della pace. Osserviamo una situazione globale caotica, dove tali problematiche si acuiscono. Alla politica il compito di leggere la realtà ticinese anche alla luce di quanto avviene fuori dal giardino di casa».

«In un contesto globale in evoluzione, noi promuoviamo un approccio pragmatico e orientato alla sostenibilità», precisa Stefano Dias dei Verdi Liberali. «Davanti alle incertezze economiche e ai cambiamenti geopolitici, dobbiamo puntare su innovazione e collaborazione internazionale per garantire sicurezza economica e ambientale. La nostra visione include la transizione verso un’economia più circolare, l’adozione di tecnologie pulite e il rafforzamento delle competenze locali. Nel nostro Cantone, invece di litigare e temere la perdita di voti, è essenziale unire le forze per realizzare riforme a lungo termine. Accontentare gli elettori con una visione a brevissimo termine non è la soluzione; dobbiamo lavorare insieme per un futuro prospero e sostenibile per tutti».

«Viviamo un periodo instabile», afferma Norman Gobbi della Lega dei Ticinesi, «complicato da eventi “multi-crisi”. Per il Ticino, la sfida è garantire stabilità, sicurezza e politiche mirate al contenimento della spesa pubblica. Ad esempio, ricorrendo alla digitalizzazione per riorganizzare l’amministrazione cantonale. Sostenere le imprese proteggendo le lavoratrici ed i lavoratori residenti. Aiutare concretamente chi è in difficoltà ed evitare abusi. Coordinare lo sviluppo del nostro territorio, comprese le zone discoste. Il clima politico non è ideale per ottenere risultati. Sinché il confronto tra soluzioni efficaci e condivise da Governo e Parlamento prevale sul dialogo, la strada oltre che in salita risulterà sbarrata. Confermo quindi il mio obiettivo: non lasciare indietro nessuno, senza perdere nessuno».

«Un ritorno di Trump alla Casa Bianca», secondo Piero Marchesi di UDC, «contribuirebbe a raggiungere una stabilità globale: un’America più concentrata sugli interessi nazionali favorirebbe una revisione delle attività della NATO e compromessi nella ricerca della pace. Ma sono situazioni dove noi svizzeri dobbiamo rimanere spettatori. Evitiamo quindi di accampare scuse– prima era la crisi globale, poi il Covid-19, la crisi energetica, ecc. – e rinviare le riforme invece necessarie al Ticino, a partire dal risanamento delle disastrose finanze cantonali. Il debito pubblico già supera i 3 miliardi di franchi, cassa pensione dello Stato esclusa. I deficit sono strutturali perché si spende troppo emale. Il popolo ticinese ha ribadito ben due volte che vuole finanze sane ma non aumenti delle imposte. Lo si faccia».

«Quello che il Ticino riceve nella redistribuzione di denaro a livello nazionale (perequazione intercantonale) non è sufficiente e non corrisponde alle reali “forze” dei vari cantoni», precisa Tamara Merlo di Più Donne. «Dobbiamo chiedere di più a Berna. È indispensabile recuperare il divario con il resto della Svizzera per quanto riguarda i salari, anche perché le nostre uscite (affitti, cassa malati, prezzi al supermercato) sono uguali a quelle dei nostri connazionali. Ma soprattutto dobbiamo realizzare quei compiti che già ci siamo prefissi ormai da decenni, come garantire la parità salariare. Un’economia sana, solidale, che non aumenta le differenze fra ricchi e poveri è la ricetta per una società equilibrata, che resiste meglio anche agli sconvolgimenti esterni».

«Bisogna affrontare le sfide globali a livello locale», per Amalia Mirante di Avanti con Ticino & Lavoro. «La nostra priorità resta il lavoro. Le dinamiche internazionali influenzano la gestione locale ma si deve e si può affrontare la maggior parte dei problemi a livello regionale. Ad esempio: manca manodopera qualificata? Si può agire finanziando, con il settore privato, la riqualifica mirata dei residenti. Inoltre, bisogna ripensare gli uffici regionali di collocamento in un’ottica di sviluppo locale. Garantire lavoro e benessere per chi vive in Ticino deve essere il nostro obiettivo principale. Pur essendo consapevoli del panorama internazionale e delle sue implicazioni, non possiamo permetterci di utilizzare questi fattori come scusa per una paralisi decisionale a livello regionale».

«Il contesto generale, già molto difficile per le salariate ed i salariati, nel prossimo periodo peggiorerà ancora di più», ricorda Matteo Pronzini di Movimento per il Socialismo. «Si pagano e si subiscono le conseguenze di decenni in cui in buona parte delle nazioni i principali partiti di sinistra hanno letteralmente perso la bussola, ammaliati da politiche neoliberiste, ubbriacature privatiste, visioni nazionaliste e pure guerrafondaie. Con la conseguenza, a livello elettorale, di gettare i ceti popolari nelle braccia della destra nazionalista, razzista, xenofobia e liberista. Ma vi è speranza. Quanto successo ad inizio luglio in Francia alle elezioni legislative, con la vittoria del Nuovo Fronte Popolare, e dimostra che la Sinistra quanto fa la Sinistra e non scimmiotta la destra può tornare a vincere».

«La stagione politica 2024-25 si apre con contrastanti preoccupazioni e soddisfazioni globali», per Laura Riget e Fabrizio Sirica del Partito Socialista-PS. «Negli Stati Uniti, l’escalation di violenza culminata con l’attentato a Donald Trump alimenta timori per la stabilità democratica. In Europa, le elezioni in Francia e Gran Bretagna mostrano un forte sostegno ai partiti di sinistra, segnando un’inversione di tendenza. In Ticino, la stagnazione dei salari e l’aumento del costo della vita sono sfide urgenti. Il PS punta sull’introduzione di un salario minimo sociale e sulla limitazione dei costi di cassa malati e dell’alloggio come priorità dell’agenda politica. Un impegno deciso su questi fronti permetterà al Cantone di superare le sfide della prossima stagione politica».

«Il nostro Paese», dice Alessandro Speziali del Partito Liberale Radicale, «non è al riparo dalla Storia e parecchi aspetti quotidiani dipendono dalle relazioni con gli altri Stati, e l’UE in particolare. In tempi di crisi, gli egoismi nazionali si acuiscono e questo di certo non aiuta – se non a livello di propaganda interna. È importante che la Svizzera sia più che determinata a promuovere i propri interessi finanziari, industriali e di sviluppo della ricerca, per difendere innovazione e moltissimi posti di lavoro. Centrale, soprattutto in Ticino, sarà stimolare aziende capaci di garantire il potere d’acquisto e opportunità professionali solide, combattendo una precarietà sempre più preoccupante. Dobbiamo preservare la pace sociale: economia e società non possono dividersi – come purtroppo osserviamo in vari punti del mappamondo».

I protagonisti della politica ticinese