La pesca del tonno ha radici antichissime: si praticava già nella preistoria, furono poi i Fenici a costruire le prime tonnare e la prima descrizione è del greco Aristofane che racconta di una vedetta che si appostava sul rilievo costiero più alto per segnalare l’arrivo dei tonni, spinti dalle correnti marine all’interno di un intrigo di reti.

Nei secoli, i più famosi autori di ricettari della storia gastronomica italiana descrissero le doti di conservabilità e versatilità del tonno. Così l’umanista gastronomo Platina, nel 1475 in De Honesta Voluptate et Valetudine: «Dopo averli catturati, si tagliano a pezzi e sono ottimi da mangiare dal capo all’addome. I tonni si conservano sotto sale e nei giorni di digiuno si mangiano in luogo degli altri alimenti».

Fino al Settecento il tonno sarà conservato sotto sale, solo nell’Ottocento si inizierà a metterlo sott’olio e tutto cambierà con la scoperta del francese Nicolas Appert per preservare gli alimenti dentro barattoli sterilizzati.

Le tonnare sono parte integrante della civiltà mediterranea, per secoli importanti realtà produttive in Italia, in particolare in Sicilia e Sardegna, Spagna, Francia, e nelle coste nordafricane del Maghreb.

Ancora oggi, nell’estremità sud-occidentale della Sardegna, a una sessantina di km da Cagliari, nell’arcipelago del Sulcis, l’isola di S. Pietro è il regno delle tonnare e del Tonno Rosso. A Carloforte, unico centro abitato dell’isola, si trova un punto strategico che da secoli favorisce la cattura dei tonni, con la tonnara fissa, una delle poche ancora presenti nel Mediterraneo.

Nel 1700, vi giunse una popolazione di origine ligure i cui discendenti costituiscono la radice della popolazione attuale e una famiglia genovese tuttora continua a mantenere viva la tradizione e la cultura di una pesca al tonno che in Italia ormai si pratica solo qui.

Salvatore Greco, protagonista negli ultimi decenni della sopravvivenza del sistema “tonnara fissa” e da sempre in prima linea nelle battaglie ambientali a difesa dell’ecosistema, con i figli Giuliano, Pier Paolo e Andrea, prosegue il lavoro iniziato secoli prima dai trisavoli, quando a metà del 1600 il Re di Spagna concesse a un banchiere genovese la gestione di tutte le tonnare di Sardegna, all’epoca patrimonio della Real Corona.

Ormai, sono gli unici a gestire una filiera completa che va dalla pesca del tonno di corsa, alla trasformazione in conserve sott’olio, fino alla commercializzazione.

Il Tonno di Carloforte è il Thunnus Thynnus, detto “Tonno di corsa”, perché pescato durante la sua migrazione che avviene tra aprile e giugno, il periodo migliore dell’anno per lo stato delle sue carni, quando fa la “corsa”, ovvero torna per la riproduzione nelle stesse aree marine in cui è nato e le sue carni sono più grasse e gustose. Dopo il plenilunio di primavera, un’imponente corrente d’acqua proveniente dallo Stretto di Gibilterra investe le coste occidentali della Sardegna. Nel suo percorso, la corrente accoglie i tonni che cominciano a risalire in superficie dalle profondità dove trascorrono l’inverno, trascinandoli fino alle zone costiere dove sono presenti le tonnare. Riprenderanno in seguito il loro viaggio a digiuno verso l’oceano diventando “tonni di ritorno”.

La tonnara è un sistema di pesca di antichissima tradizione araba: è composta da più camere, formate da reti che dalla superficie raggiungono il fondo del mare; ogni camera è separata dall’altra da porte mobili che consentono il passaggio dei tonni.

L’abilità dei tonnarotti, che lavorano quotidianamente sull’impianto, consiste proprio nel far passare i tonni da una camera all’altra fino a raggiungere l’ultima, dove vengono catturati. Quotidianamente un gruppo di sommozzatori controlla lo stato delle reti e i tonni all’interno: quando il numero diventa rilevante viene organizzata la pesca: dallo storico stabilimento prendono il largo le tipiche imbarcazioni da pesca dette “Bastarde” che percorrendo il profilo della punta dell’isola raggiungono la tonnara. Un rituale che si ripete invariato da centinaia di anni.

Un sistema di pesca ecologico perché permette di selezionare i pesci sottraendo alla cattura gli esemplari più piccoli e giovani: ogni stagione vengono liberati branchi di grandi dimensioni composti da esemplari di peso inferiore ai 30 kg.

La vicinanza della tonnara fissa allo stabilimento consente così una conservazione del prodotto fantastica, garantendo una qualità della carne ad altissimi livelli, lavorata poi al meglio dai tagli manuali dei tonnarotti, depositari di un’arte che si tramanda di generazione in generazione.

Non esiste nel mediterraneo altro impianto con catture così vicine e favorevoli. Un percorso che infatti ha ottenuto il certificato Ecocrest Gold, che attesta un sistema di pesca ecocompatibile ed una filiera controllata, e garantito dal Friend of the sea, lo standard di certificazione leader per prodotti e servizi che rispetta e protegge l’ambiente marino.

Un tempo, dopo la mattanza, il tonno veniva prelevato e sistemato all’ombra su tappeti di canna per l’asciugatura e disposto in lattoni da 10 kg per poi venire cotto in batterie di enormi pentole che è possibile vedere ancora nello stabilimento, con parte dei macchinari delle varie epoche.

Oggi, una volta pescato, lavorato ed asciugato, viene temporaneamente riposto in celle frigo, prima che i vari filetti vengano suddivisi per tipologia: briciole, buzzonaglia, tarantello, tonno di corsa e ventresca, la parte più pregiata del tonno. Senza dimenticare la buonissima bottarga, le uova salate ed essiccate ancora nella sacca ovarica, dal sapore deciso ma delicato. Del tonno infatti non si butta via nulla, per questo è chiamato il maiale di mare.

Il tonno viene poi riposto a mano in latte da dieci chilogrammi unitamente ad acqua di sorgente dell’isola, con una successiva cottura di circa otto ore. Dopo mesi di maturazione, le grandi latte vengono aperte e i tranci di tonno vengono prelevati, selezionati e deposti rigorosamente a mano nelle scatole piu piccole destinate al mercato con un ultimo rabbocco di buon olio extravergine di oliva.
Un prodotto quindi diverso dal tonno “in olio” o “all’olio”. La differenza consiste proprio nel quantitativo di olio presente nelle confezioni in relazione alla quantità di pesce, dove i grassi saturi del pesce vengono in parte ceduti all’olio d’oliva e i grassi polinsaturi dell’olio d’oliva vengono in parte assorbiti dal pesce che diviene così più facilmente digeribile.

Quanto lavoro dietro a una scatoletta! Immergersi in questa atmosfera per alcuni giorni è stata una esperienza fantastica: ascoltare le voci dei protagonisti, vedere l’amore e la passione, l’impegno e la fatica che mettono in tutto il loro lavoro per preservare tradizione e qualità, respirare il profumo intenso del mare e percepire il forte legame che unisce l’uomo alla natura, tutto questo è un valore aggiunto che rende unico l’assaggio.

Che sia ventresca, la parte più grassa e tenera del tonno compresa tra le branchie e la regione ventrale o Tarantello, un taglio particolare del tonno praticato solo da mani esperte, altrettanto tenero e prezioso o il Tonno di Corsa, la parte schienale, più ricca di muscoli, ottimo anche crudo come sashimi o tartare, grazie alle tonnare di Carloforte si può intraprendere un viaggio indimenticabile in mare e con il mare, fatto di profumi, sapori e tanta storia.