«Vivere le proprie passioni e perseguire con costanza l’obiettivo o i progetti che si hanno. Aggrappatevi ai vostri sogni con tutte le vostre forze, in un ambiente che vi sostenga: una famiglia, degli amici che vi accompagnino durante il vostro percorso di crescita con una dose di sano realismo, perché i risultati si costruiscono uno dopo l’altro, senza bruciare le tappe» (Martina Hingis).
Martina Hingis ha lasciato il tennis sei anni fa, quando era in testa alla classifica mondiale di doppio. Di cosa si occupa oggi?
«Sono una mamma felice che dedica la maggior parte del tempo a mia figlia Lia, nata poco dopo il mio ritiro. È una bambina di 4 anni piena di energia che richiede molte attenzioni. In lei vedo l’interesse che ho avuto io fin da piccola per l’attività fisica e le concedo di sperimentare tutto quello che la attira, a partire dalle passeggiate in groppa al suo pony o al mio cavallo Regana, al pattinaggio, allo sci, alla slitta, alle escursioni all’aria aperta, al nuoto».
E la racchetta?
«Con calma, non la spingo. Lia è inserita in un gruppo di bambini che pratica anche qualche colpo di tennis in un contesto di divertimento, che prevede dei giochi basati soprattutto sullo sviluppo fisico attraverso il movimento e l’equilibrio. Si impegna in quello che fa e adora pure il contatto con gli animali».
Alla sua età mamma Martina era già in campo…
«Sono cresciuta con un profilo molto più mirato, in cui il tennis rappresentava l’aspirazione per molti ragazzini dell’allora Cecoslovacchia. Mia mamma Melanie era una giocatrice e io la seguivo durante il suo lavoro, come professionista e come istruttrice. Eravamo una quarantina di bambini a contenderci un posto in soli cinque campi, ci alternavamo a momenti di doppio e di singolare. Era il massimo. Altrimenti giocavamo a nascondino o ad altri passatempo. Lia merita pazienza per capire questo sport di famiglia, se vorrà giocare a tennis la sosterrò. O, naturalmente, se sceglierà di fare altro».
Come è stato il passaggio dall’apice della notorietà alla normalità della vita quotidiana?
«Credo che per ogni professionista abituato a svolgere un lavoro importante per sé, sia esso un manager, un avvocato o un tennista, la fine della carriera rappresenti un momento di pausa non indifferente. Solo la ricerca di qualcosa di nuovo che ti possa appagare costituisce una strada quasi immediata da percorrere. Nel mio caso, è sicuramente mia figlia Lia. Il regalo più bello che mi ha fatto il tennis è il tempo che adesso posso trascorrere con lei, anche perché ho deciso di ridurre i miei impegni internazionali. Un giorno viaggerò con Lia e le mostrerò il mondo che ho avuto la fortuna di conoscere attraverso i miei tornei».
Il tennis fa sempre parte della sua vita?
«Mi alleno regolarmente e seguo insieme a mia madre quattro talenti, tra i quali una 14.enne che è già numero uno al mondo nella sua fascia d’età. Osservo i suoi progressi da cinque anni, è una sensazione di felicità diversa da quella che provavo quando giocavo io, ma è pure meravigliosa».
Con Roger Federer è stata l’ambasciatrice di una piccola nazione nel panorama mondiale dello sport. La Svizzera le sarà grata a vita…
«Sinceramente il popolo elvetico è un po’ più tiepido con i suoi idoli sportivi rispetto ad altri Paesi, a partire dalla Germania ai tempi di Boris Becker o Steffi Graf. Da parte mia, sono molto orgogliosa di quello che ho fatto per i colori rossocrociati, compresa la medaglia d’argento conquistata con Timea Bacsinszky alle Olimpiadi 2016 di Rio de Janeiro».
E Roger?
«Ci vediamo spesso, i suoi figli vengono alla scuola dove insegno, a Wollerau, paese in cui si è stabilito con la sua famiglia. Quello che abbiamo vissuto negli ultimi 25 anni è un sogno, grazie anche a Stan Wawrinka. Il tennis svizzero ha tratto enorme beneficio da questa epoca e diversi giovani talenti lasciano ben sperare».
Per assistere alle epiche sfide con le sorelle Williams o con Nadal e Djokovic dovremo ancora pazientare a lungo. Vero?
«Con Venus, Serena, Mary Pierce, Conchita Martinez e i fenomeni del circuito maschile abbiamo dato vita a partite memorabili che hanno conquistato il cuore di tutti gli appassionati. È ovvio che si fa spazio una certa malinconia nel momento in cui tutto finisce».
La sua voglia di vincere si manifestava già in tenera età quando batteva le allieve adulte di sua madre. La sua mentalità vincente l’ha poi portata in capo al mondo grazie a un talento straordinario e a una costanza invidiabile. Qual è la formula?
«Bisogna semplicemente osare, sempre con la voglia di vincere. Gli strumenti sono la preparazione, l’allenamento duro giorno dopo giorno che ti dà la consapevolezza di poter sperimentare diverse strategie, la capacità di analisi per adattarti alle caratteristiche di chi ti vuole battere. La padronanza dei tuoi mezzi ti permette di mantenere la calma anche nei momenti più difficili, perché una grande prestazione è spesso anche un’esperienza dura, una partita di attesa, in cui devi cogliere il momento in cui l’avversaria mostra una debolezza o concede un’imprecisione. Devi insomma tirar fuori un’idea che chi ti sta di fronte non ha, se possibile con un piano B o C già pronto. Funziona anche nella vita di tutti i giorni, in cui la tendenza è quella di confrontarsi con uno spirito competitivo, senza dimenticare una sana dose di divertimento».
Nei suoi due ritorni del 2006 e del 2013 ha stupito per la sua capacità di dominare la pressione, quello stress che spesso tradisce anche i campioni. Da cosa deriva questa serena forza interiore?
«Quando sono entrata nel circuito mondiale del tennis, la mia giovane età mi ha sicuramente aiutata. La gente accoglieva i miei risultati con stupore e ogni vittoria era veramente un successo. A lungo andare, la sicurezza deriva dalla capacità di alimentare il proprio talento con costanza e concentrazione, in modo da poterti affidare sempre alle tue qualità in situazioni estreme, senza dubitare. All’origine di una crisi non è mai messo in discussione il talento, sono fattori esterni che determinano un momento di difficoltà o di distrazione, come ad esempio i social media. Oggi si pensa addirittura a un selfie da postare immediatamente dopo una partita, senza concedersi prima il relax di una doccia. Chi ha sempre a fuoco i propri obiettivi, da conseguire ogni giorno con realismo, e si affida a un sano equilibrio all’interno del suo entourage, difficilmente va in tilt. Poi, ai massimi livelli, bisogna fare inevitabilmente i conti con l’età».
A 37 anni ha chiuso la carriera in testa alla classifica mondiale di doppio. Che impresa!
«Sono tornata per caso, dovevo solo allenare. Poi mi sono ritrovata nel giro e mi sono pure stupita di me stessa. Il doppio richiede un’intensità fisica inferiore al singolare, anche se la velocità dei suoi scambi impone riflessi fuori dal comune. È stata sicuramente un’altra bella tappa del mio percorso, ne vado fiera».
Qual è il sentimento più forte che la accompagna nel suo quotidiano di oggi?
«La voglia di trasmettere agli altri quelle esperienze che ho avuto la fortuna di vivere grazie al tennis. Dare è per me una sensazione di gioia e di benessere».
Martina Hingis, ai vertici del tennis mondiale fino a 37 anni
Martina Hingis è nata il 30 settembre 1980 a Kosice, nell’allora Cecoslovacchia, ed è arrivata in Svizzera all’età di otto anni con la madre Melanie Molitor, professionista di tennis che l’ha seguita anche nella sua crescita sportiva. «Sono grata a mia mamma per tutto quanto mi dato e insegnato con amore e dedizione. Il tennis mi ha permesso di scoprire il mondo, fare esperienze uniche e avere una vita migliore. Oggi è pure una nonna stupenda».
Il suo talento è apparso subito evidente, tanto che a soli 12 anni ha vinto il torneo juniores del Roland Garros a Parigi, ancora oggi la più giovane in assoluto.
Il suo primo titolo del Grande Slam (in doppio) è arrivato a Wimbledon nel 1996, all’età di 15 anni. La stagione di maggior successo è stata quella del 1997, quando ha trionfato agli Australian Open, a Wimbledon e agli US Open, raggiungendo pure la finale degli Internazionali di Francia. Nello stesso anno è diventata la più giovane numero uno della storia, meritandosi il riconoscimento di sportiva europea. Nel 1998 e nel 1999, entrambi a Melbourne, ha vinto i suoi altri due titoli del Grande Slam. «Quando guardo alla televisione questi tornei, vorrei essere sul posto in quanto le emozioni sono ancora forti. Un periodo indelebile della mia carriera».
Nel febbraio 2003, in seguito a un intervento chirurgico al piede subito l’anno precedente, Martina Hingis ha annunciato il suo ritiro, all’età di 22 anni. Dopo un ritorno all’inizio del 2006, che l’ha portata al sesto posto della classifica mondiale, si è presa nuovamente una pausa nel novembre 2007.
Nel 2013 è tornata ai vertici in doppio e nel misto, conquistando pure l’argento olimpico insieme a Timea Bacsinszky a Rio de Janeiro nel 2016. Alla fine del 2017, a 37 anni, ha chiuso definitivamente la sua carriera in vetta alla classifica mondiale di doppio. Ha vinto un totale di 25 titoli del Grande Slam: 5 in singolare, 13 in doppio e 7 in doppio misto.
Martina Hingis è una delle sette giocatrici che hanno raggiunto il primo posto WTA sia in singolare che in doppio. Solo lei, Martina Navratilova e Arantxa Sánchez Vicario sono riuscite a farlo contemporaneamente.
Numerosi i suoi tifosi d’eccezione come le icone dell’atletica Ed Moses, Carl Lewis e Maurice Green, le pattinatrici Katarina Witt e Midori Ito, e la principessa d’Inghilterra Kate. «Il fascino di Wimbledon è unico, ma da giocatrice ero spesso confrontata con le bizze del tempo e senza la copertura dei campi era difficile mantenere un rendimento costante».
Martina Hingis, ambasciatrice Cupra in Svizzera
La sua popolarità è ancora ai massimi livelli, tanto che l’agenzia di management sportivo più importante al mondo, la Octagon di Washington, cura la sua immagine internazionale, mentre Rolf Huser (già professionista di ciclismo) si occupa delle sue relazioni pubbliche in Svizzera. «Ricevo sempre richieste interessanti e per me è importante poter fare affidamento su specialisti che agevolano i miei contatti. Partecipare al torneo di Wimbledon delle leggende, ad esempio, mi gratifica e chi mi presenta un programma dettagliato mi aiuta nella mia vita di tutti i giorni in cui mia figlia Lia ha la priorità».
Martina Hingis è a disposizione di «Lux Tennis», un’agenzia di coaching privato che offre lezioni esclusive nelle strutture alberghiere di lusso in tutto il mondo (che in Svizzera fa capo a «La Réserve» di Ginevra e al «Bürgenstock» di Lucerna) e si dedica al ruolo di ambasciatrice del marchio Cupra. La campagna nazionale si è rivelata un successo anche per l’accostamento al padel, che il nuovo brand spagnolo si impegna per la sua diffusione a livello internazionale: «La racchetta rigida di padel è sempre nella mia auto, mi capita talvolta di praticare anche questo sport emergente, una disciplina tra lo squash e il tennis che è accessibile a tutti». E della sua Cupra Formentor e-Hybrid è molto soddisfatta. «Mi assicura una guida nel rispetto dell’ambiente ed è sportiva al tempo stesso». Martina sostiene inoltre l’azienda svizzera Batmaid.ch, un intermediario per i servizi di pulizia.