Questa intervista si è svolta in uno scenario insolito: gli spogliatoi della Cornèr Arena, lo stadio del ghiaccio dov’è di casa dell’Hockey Club Lugano. Ma i protagonisti non sono i campioni della prima squadra, bensì alcuni ragazzi della Sezione Giovanile che si preparano per il loro quotidiano allenamento. Mentre li attendo, ne approfitto per scambiare alcune parole con l’avv. Massimo Pedrazzini, Presidente della Fondazione HC Lugano Academy e membro della compagine dirigenziale dell’Associazione Hockey Club Lugano, e con Alessandro Chiesa, ex giocatore HCL ed ora Head Coach dei giovani U15-Top e U15-Elite.
Chiediamo perché è così importante il lavoro che la Sezione Giovanile svolge ogni anno con oltre 400 ragazzi provenienti da tutto il Ticino.
«La risposta è abbastanza semplice» ci dice l’Avv. Pedrazzini. «Alcuni di loro, al termine di un percorso formativo sportivo e personale, intraprenderanno una carriera professionistica nel mondo dell’hockey arrivando a giocare nella National League e forse qualcuno diventerà addirittura un fuoriclasse, ovviamente mi auguro nelle file dell’HCL. Ma tutti, questo è il nostro scopo e la nostra ambizione, saranno dei buoni cittadini, avendo condiviso per un numero rilevante di anni tutta una serie di valori e di comportamenti che sono alla base del nostro vivere civile. Inoltre, si saranno divertiti in un ambiente sano, allegro, dove è facile sviluppare duraturi rapporti di amicizia con i compagni di squadra e gli allenatori. Infine, tutti porteranno con sé un ricordo indelebile di questa straordinaria esperienza».
«Se si ascoltano le voci che arrivano dallo spogliatoio dove si stanno cambiando – interviene l’Head Coach Alessandro Chiesa – è possibile avere l’immediata percezione del clima in cui siamo abituati a lavorare. All’interno della squadra cerchiamo di creare una situazione in cui ogni ragazzo possa esprimere al meglio la propria personalità e dare spazio alle proprie emozioni. Ma tra pochi minuti entreranno sulla pista e subito i ragazzi, oltre ad essere assolutamente puntuali riguardo all’inizio dell’allenamento, mostreranno tutta la loro concentrazione, il rispetto delle indicazioni provenienti dagli allenatori, l’accanimento nel provare e riprovare gli schemi di gioco».
In effetti, quello della puntualità è un tema su cui tutti i ragazzi si soffermano. Leno Näser, 14 anni, centrattacco, nella Sezione Giovanile da quando ne aveva 3, sottolinea che «gli allenatori sono molto attenti a che ci presentiamo sulla pista di allenamento in perfetto orario. Se arriviamo in ritardo ce lo fanno subito osservare e se la cosa si ripete ci ammoniscono. Ma con loro si può parlare, ci ascoltano e ci aiutano a risolvere eventuali problemi».
Il rispetto delle regole sembra essere un elemento interiorizzato da tutti i ragazzi, come mi racconta Nico Canuti, 14 anni, ala destra, che ha frequentato fin da piccolo la Scuola hockey e poi ha scalato le diverse categorie della Sezione Giovanile, ma nell’ultimo anno ha dovuto stare assente per un po’ di mesi dagli allenamenti a causa di una rottura del polso, e al quale ho chiesto cosa maggiormente ha appreso dalla permanenza nella squadra: «Ho imparato a stare insieme agli altri ragazzi, siamo tutto amici, ci vediamo anche fuori degli allenamenti. Però ognuno vuole anche essere il più bravo per essere scelto e giocare le partite di campionato. Nello spogliatoio ci hanno insegnato il rispetto nei confronti dei compagni e di tutte le persone e anche l’attenzione per la cura dei materiali». A conferma della sua educazione e del rispetto con cui tratta le persone, mi saluta stringendomi la mano.
Chiedo ai ragazzi come riescano a conciliare studio e attività sportiva e tutti mi rispondano che in generale non è un problema anche perché frequentano la Scuola di Cannobio, particolarmente attenta nel considerare le esigenze degli studenti impegnati in attività sportive. «Certo – dice divertito Didier Bracher, classe 2010, origine bernese, di ruolo portiere – tra scuola e allenamenti di tempo libere ce ne resta abbastanza poco, bisogna sempre correre tra un impegno e l’altro. Ma a me va bene così. Io poi accanto agli allenamenti con gli altri compagni di squadra, il lunedì mattina ho un allenamento riservato esclusivamente ai portieri».
Un’altra questione che abbiamo affrontato con i ragazzi riguardo la partecipazione dei genitori alla loro attività sportiva. Tutti ci hanno detto che sono soprattutto i padri a seguire e accompagnare i figli sia quando giocano alla Cornèr Arena che in trasferta. Cosi, per esempio, il centroattacco Velerio Manz, 14 anni, mi conferma con orgoglio che «i genitori sono sempre stati vicino al mio impegno sportivo, ma il maggiore incoraggiamento mi viene soprattutto dallo spirito che c’è nella squadra, dal sentirsi uniti, dalla voglia di “non mollare mai”».
Alessandro Chiesa sottolinea come il compito di un allenatore per favorire il processo di crescita di un ragazzo sia proprio quello di «raggiungere un equilibrio tra preparazione tecnica e ricerca della performance, ma al tempo stesso garantire il più armonioso sviluppo psicologico ed emotivo del ragazzo, preservandolo ove possibile da tutte le pressioni esterne, comprese quelle familiari, grazie soprattutto ad un ambiente stimolante, sereno, consapevole dell’importanza dell’impegno e del piacere di sapersi divertire giocando e vincendo».
L’incontro con i ragazzi è terminato, escono dallo spogliatoio e raggiungono la pista per iniziare l’allenamento. Li osservo per qualche tempo dagli spalti e non posso fare a meno di notare la grande concentrazione con cui seguono le indicazioni degli allenatori. Le grida e gli schiamazzi giovanili sono rimasti nello spogliatoio, ora si fa sul serio, si gioca per HC Lugano!