Insieme a Paolo Ligresti lei ha pubblicato questa interessante ricostruzione della vita e dell’opera dell’ing. Salvatore Ligresti. Con la sua esperienza di giornalista, quale è l’immagine che pensate ne esca attraverso le pagine del libro?
«È significativo il fatto che le testimonianze che abbiamo raccolto, provenienti da protagonisti dell’industria, dell’imprenditorialità, della politica e della società italiana, concordino su due elementi che ritengo possano ben sintetizzare la complessa figura umana e professionale dell’ingegnere Salvatore Ligresti.
Il primo riguarda la visione che tutti sono disposti a riconoscergli. Ligresti aveva la straordinaria capacità di anticipare i tempi, riuscendo a vedere, con immediatezza e con apparente facilità, quello che avrebbe potuto essere lo sviluppo di un’area abbandonata o dismessa. Fu il caso, per far solo un esempio, del cosiddetto “cratere” dell’area delle ex Varesine a Milano che sarebbe poi diventato il moderno quartiere di Porta Nuova. L’altro elemento che mi piace sottolineare riguarda invece la capacità, assolutamente fuori del comune, di “macinare” giorno dopo giorno un incredibile numero di ore di lavoro. Per Salvatore Ligresti non esistevano giorni di festa, vacanze o pause. È noto l’aneddoto che racconta come il sabato o la domenica fosse facile incontrarlo in giro per i cantieri dove accompagnava amici o collaboratori e intanto annotava lo stato di avanzamento delle opere, le eventuali carenze, i problemi da risolvere, per poi il successivo lunedì proporre subito le necessarie soluzioni».
Nel libro non avete voluto omettere neppure le tumultuose vicende che hanno segnato la vita dell’ingegnere Ligresti. Che spiegazione si sente di dare di quel controverso periodo della storia italiana?
«È stata una precisa volontà di Paolo Ligresti affrontare tutti i passaggi, anche quelli più difficili e drammatici, che l’ingegnere Ligresti ha dovuto affrontare nel corso del tempo, in particolare negli ultimi anni della sua attività. Ebbene, il punto di partenza da cui credo che sia impossibile prescindere riguarda il fatto che Salvatore Ligresti era un ingegnere edile, un abilissimo costruttore la cui esperienza e competenza era maturata tutta nella polvere dei cantieri dove ha avuto modo di dimostrate tutta la sua capacità di concepire un progetto, svilupparlo e portarlo a termine nel miglior modo possibile, in termini di tempi e di conti economici. Questa premessa è utile a comprendere come Ligresti sia riuscito a costruire un impero immobiliare in un periodo in cui esisteva un rapporto diretto tra vocazione imprenditoriale ed economia reale. Poi i tempi sono cambiati, il ruolo della finanza e della politica è andato crescendo a dismisura fino a sconvolgere totalmente le regolo del sistema economico. In questo nuovo contesto, Ligresti ha approcciato per necessità ambiti diversi e a lui non del tutto congeniali, ha dovuto delegare molto scelte a collaboratori perdendo quel controllo totale delle scelte strategiche che rappresentava un suo indubbio punto di forza. Le difficoltà che ha attraversato sono il segno della crisi che tra la fine degli anni ’80 e il 2000 ha dapprima eroso e poi determinato il crollo di un consolidato sistema economico e sociale italiano».