Un proverbio inglese, manners make the man, ricorda che il comportamento di una persona è alla base del suo carattere: a Felix Graf è riconosciuto uno stile riflessivo e composto, oltre alla capacità di adattare le sue notevoli competenze professionali. Sono qualità che lo portano a far parte dei consigli di amministrazione di alcune tra le più importanti istituzioni svizzere, tra cui Swissgrid AG, la Schweizerische Management Gesellschaft (SMG) e CH Media.
Dal 2018 è CEO della NZZ a Zurigo, che un recente sondaggio pubblicato da www.imh-service.de, società del gruppo International Medienhilfe, uno dei principali centri di ricerca sulle attività dei media, considera il secondo quotidiano più autorevole al mondo, subito dopo il Wall Street Journal e prima del New York Times e del Financial Times.
Nel 2023, Graf è stato nominato Medienmanager des Jahres (Manager dei media dell’anno) dalla rivista Schweizer Journalist:in. Si tratta di un riconoscimento che premia l’efficacia del suo metodo di lavoro, basato sul giornalismo di qualità e sull’espansione della NZZ nel mercato tedesco.
Quali criteri orientano le sue scelte editoriali come CEO di uno dei principali gruppi mediatici svizzeri? È possibile equilibrare tradizione e innovazione nel rapporto tra i media e il pubblico?
«Il mio ruolo richiede un forte senso di responsabilità, un solido impegno etico e la capacità di agire in modo autonomo. Soprattutto nell’attuale contesto lavorativo, caratterizzato da continui cambiamenti, nella gestione dei gruppi di lavoro è importante adottare uno stile manageriale che valorizzi le competenze individuali.
Quando si tratta di bilanciare tradizione e innovazione nel nostro rapporto con i lettori, ciò che conta maggiormente è disporre di principi editoriali chiari, a cui i nostri giornalisti possano fare riferimento. È ciò che in altri ambiti si definisce “strategic framework”, un quadro strategico di riferimento. La tradizione svolge un ruolo importante nel definire l’identità e l’autorevolezza di un’azienda, ma è altrettanto fondamentale continuare a guardare avanti e innovare, sempre con attenzione e senso di responsabilità, valorizzando le basi solide da cui si parte».
In una epoca di disinformazione, qual è il ruolo di un gruppo mediatico nel ripristinare la fiducia e promuovere una società informata?
«L’attuale panorama mediatico è caratterizzato da un volume crescente di notizie, molte delle quali non verificate e diffuse attraverso i social media, spesso ricorrendo ad algoritmi che avviano flussi informativi automatizzati. In questo contesto il ruolo di un giornalismo indipendente diventa ancora più importante.
Molti dei contenuti oggi in circolazione, come i video brevi, in parte si ispirano ai media tradizionali. Tuttavia, la soglia di attenzione che riescono a catturare, spesso limitata a pochi secondi, rende difficile offrire un messaggio approfondito o articolato.
Come ricordava Einstein: “Rendi le cose il più semplici possibile, ma non banalizzarle”. Questa è la vera sfida che il giornalismo ora deve affrontare.
Il nostro compito è quello di proporci come punto di riferimento affidabile, per controbilanciare il crescente flusso di contenuti imprecisi o eccessivamente semplificati che sono in circolazione. L’obiettivo è coinvolgere un pubblico ampio e diversificato, offrendo informazioni precise, documentate e basate sui fatti.
Preoccupa il fatto che molte delle grandi piattaforme digitali traggano beneficio dai contenuti giornalistici senza contribuire alla loro produzione, e senza neppure sentirsi responsabili della loro attendibilità. Tuttavia riescono ad acquisire quote significative del mercato pubblicitario, ed in tal modo indeboliscono la stabilità economica del giornalismo di qualità. Non credo che questo modello sia sostenibile nel lungo periodo.
Il pubblico vuole informazioni credibili perché degne di fiducia, ed è proprio in questo ambito che i media professionali potranno continuare a distinguersi».
Come proporre temi complessi a un pubblico che ormai si disperde su più canali informativi?
«Il mondo di oggi è certamente più veloce e interconnesso rispetto a trent’anni fa, ma le sue dinamiche di fondo sostanzialmente non sono cambiate. A fare la differenza è stato l’arrivo di internet, che rende possibile un accesso continuo e globale ad ogni tipo di evento o notizia.
In passato, l’attività del giornalista si svolgeva in base a dinamiche che rimanevano circoscritte all’interno della professione. La interazione tra media ed i lettori era limitata. Il dibattito pubblico quindi risultava centralizzato e con ridotte possibilità di partecipazione ai non addetti ai lavori
Oggi il contesto è certamente più frammentato. Tuttavia è un cambiamento che apre anche a nuove opportunità: i media dispongono ora di più canali per descrivere i fatti e il loro contesto, facilitando al pubblico la comprensione di opinioni differenti ed argomenti complicati. che probabile che la frammentazione informativa si confermi come principale caratteristica della nostra epoca. In ogni caso, il giornalismo di qualità mantiene il suo ruolo decisivo nel favorire il dialogo sociale e contribuire al pubblico dibattito».
Quale risultato ha premiato nel modo migliore l’impegno e i valori del vostro team editoriale?
«Dal mio ingresso in NZZ, sette anni fa, il traguardo più significativo è stato il passaggio da un modello editoriale orientato alla carta stampata a una impostazione che fondamentalmente si rivolge al digitale. Oggi, oltre il 60% dei nostri abbonati infatti ci segue in modalità digitale: un risultato che premia l’orientamento strategico ed il costante impegno di tutto il nostro team editoriale.
Abbiamo inoltre registrato una crescita costante dei ricavi; inoltre, rispetto a dieci anni fa, anche il numero dei nostri redattori è aumentato. Si tratta di evoluzioni che tutto il nostro team editoriale è orgoglioso di condividere. Perché non solo confermano che indipendenza editoriale e sostenibilità economica possono coesistere, ma altresi’ che il giornalismo di qualità è destinato ad avere un futuro».
Come stanno evolvendo i media?
«Principale caratteristica del nostro settore è uno scambio di idee libero e continuo, sia all’interno delle redazioni e sia tra le aziende editoriali. Per mia esperienza, il mondo dell’informazione è particolarmente ricettivo alle innovazioni, anche perché i professionisti possono valutare praticamente ogni giorno le innovazioni o cio’ che non merita di avere seguito.
Le attività editoriali, ed in particolare i giornalisti, sono costantemente impegnati a migliorarsi. Condividono attivamente le novità del mestiere e ciascuno impara dal lavoro dei suoi colleghi. Questo consente al nostro settore di recepire tempestivamente le nuove attitudini e quindi rinnovare le aspettative dei lettori. Inoltre, l’interazione digitale che manteniamo con i nostri lettori ci pemettono di ricevere suggerimenti preziosi e continui, e quindi di aggiornare altrettanto costantemente anche i nostri metodi di lavoro.
Un atteggiamento proattivo è essenziale, soprattutto di fronte a una delle questioni più rilevanti cui il nostro settore si troverà confrontato: sino a quando la pubblica opinione resterà disponibile a considerare la molteplicità delle fonti informative, oppure le notizie predisposte dagli algoritmi digitali continueranno a polarizzare, riducendolo ulteriormente, il dialogo sociale?».
Qual è il prossimo obiettivo: un giornalismo guidato dalle opinioni o dalla dimensione digitale?
«Ritengo che non si tratti di alternative in conflitto fra loro, ma di due aspetti di una stessa evoluzione. Anche in un ambiente digitale, un giornalista può esprimere opinioni in modo responsabile, a condizione che si mantenga una chiara distinzione tra i fatti e le opinioni. Le piattaforme digitali offrono l’opportunità di comunicare i contenuti informativi in modo più coinvolgente e accessibile. Ad esempio, la modalità con cui si raccontano i conflitti può variare sensibilmente tra una versione cartacea ed una digitale. Tuttavia, al di là della forma che si utilizza, a fare la differenza si conferma la sostanza: fornire informazioni precise, descritte con rigore professionale, ed una narrazione capace di stabilire una relazione con il pubblico».