Chi non ha, almeno una volta nella vita, alzato il bicchiere in un brindisi sulle note verdiane della celeberrima aria “Libiamo, ne’lieti calici”? Giuseppe Verdi, con l’opera La traviata, più ancora di Alexandre Dumas figlio con “La dame aux camelìas”, ha consegnato ad una fama imperitura un tragico episodio di cronaca, la morte di Alphonsine Plessis, una cortigiana poco più che ventenne legata a molti intellettuali del suo tempo.

Quando e in quale occasione in Verdi sia nata l’idea di comporre un melodramma sulla tragedia di Dumas è argomento controverso, ma di rilievo soprattutto per i biografi. Musicologi e melomani hanno, a buona ragione, scelto da molto tempo di dedicarsi all’approfondimento dei contenuti musicali e drammaturgici del capolavoro di Violetta. Alla musica del compositore di Busseto spetta il compito di evidenziare il contrasto tra la dimensione mondano-sentimentale e quella cupa, foriera di morte, di moralismo e rinuncia. In questa contrapposizione si manifesta la vera forza innovativa del romanticismo di Verdi: non la passione che conduce alla catastrofe e alla morte, quanto piuttosto l’emarginazione prodotta dall’ipocrita perbenismo e dal pregiudizio. Il simbolo della frivolezza tragica della borghesia ottocentesca è quel valzer che, ora in scena, ora come riferimento fuori scena, ora come elemento ritmico dominante, ora come simbolo contrastante, accompagna l’intero svolgersi del melodramma.

Il compositore Zeno Gabaglio nelle sue Note sull’opera cita il critico musicale de l’Italia musicale che, dopo la sfortunata prima del 6 marzo 1853, al Teatro La Fenice, scrisse che «Verdi è inventore di un nuovissimo genere di musica, egli ha moltiplicato i suoi mezzi e vuole che essa sia capace di esprimere non solo i pensieri e i sentimenti in generale, ma anche tutte le loro modificazioni».  E, spiega ancora Gabaglio, «era difficile, in effetti, non cogliere la portata innovativa de La traviata, opera che segnava l’ingresso del realismo nel melodramma italiano e allo stesso tempo un punto d’arrivo nel percorso di Verdi verso l’integrazione tra lirica e prosa (già intrapreso con Luisa Miller e Stiffelio) finalizzato alla realizzazione di un equivalente musicale del dramma moderno».

Dopo il successo de Il barbiere di Siviglia che quattro anni fa segnò il debutto assoluto dell’opera lirica al LAC, il melodramma torna dunque sul palco del centro culturale della città. Carmelo Rifici firma la regia dell’opera verdiana con un allestimento importante dove sceglie di farsi accompagnare dalla squadra di lavoro che lo ha affiancato nell’opera rossiniana: lo scenografo Guido Buganza, la costumista Margherita Baldoni, il light designer Alessandro Verazzi, il coreografo Alessio Maria Romano, e collabora per la prima volta con Fabrizio Montecchi e Nicoletta Garioni di Teatro Gioco Vita, compagnia che da oltre cinquant’anni porta nel mondo l’arte del teatro di figura e del teatro d’ombre. «Nella nostra Traviata, –ha dichiarato Carmelo Rifici – Violetta è una donna con aspirazioni elevate verso un amore cosmico, sembra più una bambina smarrita e minacciata da un mondo maschile che tende a stritolarla, a spegnere i suoi sogni d’amore. Il nostro allestimento vuole mostrare una Violetta per niente seduttrice, anzi pura e mai maliziosa, una donna che si muove nel mondo con il solo scopo di dare tutta sé stessa per amore. La scenografia e i costumi sono stati pensati proprio per evidenziare questo desiderio di sogno utopistico di Violetta. Attraverso uno studio delle materie, della luce e dei giochi d’ombra, voglio portare Violetta a vivere la sua vita sfortunata, come una bambina che non ha ricevuto l’amore che meritava, piuttosto che una prostituta che muore di tisi. È la vittima di una società maschile incapace di proteggere la fragilità».

Markus Poschner, noto per il carattere innovativo delle sue direzioni ha voluto sottolineare che «l’Orchestra della Svizzera italiana è perfetta per questa che è l’opera più intima di Giuseppe Verdi, ricchissima di colori e molto vicina al mondo cameristico, così come il LAC, con le sue dimensioni e caratteristiche acustiche, è probabilmente il luogo più adatto per ospitare la messa in scena di questo capolavoro». Questo allestimento di Traviata –prosegue Poschner – torna a mostrarci ancora una volta l’incredibile qualità creativa di un territorio piccolo ma fertile come quello del Ticino. Al LAC vedremo e sentiremo i migliori cantanti oggi sulla piazza, le migliori musiciste e musicisti questa estate saranno a Lugano per interpretare uno dei più famosi capolavori del melodramma di tutti i tempi. Ne sono protagonisti, nei ruoli principali, la soprano Myrtò Papatanasiu nel ruolo di Violetta Valéry, il tenore Airam Hernández (Alfredo Germont), il baritono Giovanni Meoni in quello di Giorgio Germont, mentre Sofya Tumanyan veste i panni di Flora Bervoix, Michela Petrino interpreta Annina, Lorenzo Izzo dà voce a Gastone, Visconte di Létorières. Davide Fersini è il barone Douphol, Laurence Meikle è il marchese d’Obigny. Il Coro è diretto da Andrea Marchiol.