Il settore delle fondazioni svizzere sembra essersi completamente ripreso dalla pandemia. È così ? E quante fondazioni in Svizzera si occupano di bambini?
«Il Rapporto svizzero sulle fondazioni 2022 ricorda che, nonostante la pandemia Covid-19, nel 2021 in Svizzera sono state istituite 365 nuove fondazioni, il numero più alto degli ultimi cinque anni. La crescita netta è addirittura raddoppiata rispetto all’anno precedente, anche se il numero di fondazioni liquidate rimane elevato, pari a 219 unità. In totale, alla fine del 2021 in Svizzera operavano 13.524 fondazioni, il che significa che il Paese, a livello mondiale, è ancora in testa in termini di densità di fondazioni. E le fondazioni che menzionano esplicitamente l’infanzia nei loro scopi statutari sono ben 2300».
L’impressione è che molte di queste realtà siano fondazioni operative alla ricerca di risorse economiche per i propri progetti. Può confermare questo dato?
«È vero esattamente il contrario: delle 2300 fondazioni che ho menzionato, 1600 sono fondazioni di erogazione (fonte: Fundraiso). Naturalmente, ci sono moltissime organizzazioni che si occupano di bambini, che non sono fondazioni ma hanno un’altra forma giuridica».
E com’è la situazione in Ticino ? Quante fondazioni si occupano di bambini ?
«Il Ticino è un Cantone con forte impronta sociale. Anche se lo spettro delle tematiche di cui si occupano le fondazioni è ampio, i settori dell’assistenza sociale, della sanità e dell’istruzione sono nettamente in testa. Nel vasto settore del sociale, le fondazioni che menzionano i bambini nello scopo statutario sono 150, di cui 120 sono fondazioni erogative. È un numero molto elevato se lo mettiamo a confronto per es. con il Liechtenstein, dove le fondazioni che menzionano i bambini negli scopi statutari sono 200 (fonte: Fundraiso)».
Gli ultimi anni con lo scoppio della pandemia sono stati molto difficili per tutti, che effetto hanno avuto sui bambini ?
«I bambini sono stati fra i più colpiti emotivamente dalla pandemia da COVID 19, soffrendo in molti casi di aggressività, disturbi alimentari e del sonno, dipendenza digitale, ansia, depressione, ritiro sociale, fino ad atti contro il proprio corpo (tentati suicidi, autolesionismo). Questi disagi erano evidentemente già presenti nel tessuto più giovane della nostra società e il COVID 19 li ha portati in superficie, amplificandoli e facendoli esplodere. Quindi l’incertezza sul futuro, la chiusura prolungata di scuole e servizi educativi, lo stress familiare, l’isolamento sociale e le quarantene hanno « liberato un sentire condiviso » e al tempo stesso, hanno permesso il manifestarsi di maggiori richieste d’aiuto. Mentre le scuole, i servizi sociali e le famiglie mostravano grande disagio nel fronteggiare la situazione, con serie difficoltà nel continuare a svolgere in modo adeguato il loro fondamentale compito educativo e di cura dei ragazzi».
Ma la società civile in particolare in Svizzera come affronta queste sfide ?
«Un’interessante analisi è quella che propone lo studio “I diritti dei bambini dal punto di vista dei bambini e dei giovani” (2021), realizzato dall’UNICEF Svizzera e Liechtenstein e dall’Università di Scienze Applicate della Svizzera Orientale. Lo studio fa rilevare fra gli altri che in Svizzera è necessario recuperare qualche ritardo nel campo della partecipazione dei bambini, soprattutto a livello comunale. Gli autori propongono di inserire esplicitamente i diritti di partecipazione dei bambini nelle normative, ma anche di rafforzare le attività di informazione e sensibilizzazione. In buona sostanza, si tratta secondo Unicef di compiere maggiori sforzi per garantire che tutti i bambini e i giovani possano partecipare ai processi di pianificazione, decisione e realizzazione che li riguardano. In questo modo si promuove la loro autonomia, la loro autostima e li si rende attori di riferimento nella nostra società. Chiaramente ci vorrà tempo perchè tutto questo diventi realtà».
Quali sono le aree di intervento delle fondazioni nel campo della protezione dell’infanzia in Svizzera e come reagiscono alla situazione che si è venuta a creare?
«Le fondazioni erogative sono soprattutto attive nelle seguenti aree: prevenzione (violenza, dipendenze), sostegno alla genitorialità/alle famiglie, protezione dalla violenza e sostegno finanziario di interventi psicologici a favore dei bambini traumatizzati (fonte. Fundraiso). È ovvio che a seguito della pandemia e della crisi in Ucraina, negli ultimi anni le sfide per queste fondazioni sono sensibilmente cresciute. Tuttavia ci sono stati anche cambiamenti positivi: la digitalizzazione ha cambiato i ritmi e le possibilità di connessione del mondo filantropico, facilitando non solo la relazione con i beneficiari, ma anche tra fondazione e fondazione, con la conseguente nascita di progetti comuni e un incremento della diffusione di buone pratiche».
Pensa che il settore dell’infanzia sia adeguatamente sostenuto in ragione degli sforzi e del numero delle fondazioni attive ?
«Negli ultimi mesi ne ho parlato con diversi esperti, fra cui Asa Sjöberg Langner, Director Partnerships & Philanthropy e membro della Direzione di Unicef Svizzera e Liechtenstein, che si è così espressa: ʺL’istruzione, la protezione e la partecipazione dei bambini sono tematiche relativamente ben coperte dalle fondazioni, una minore attenzione viene invece riservata, a mio parere, alle problematiche connesse con l’accesso al digitale, ai loro diritti, alla conciliazione famiglia/lavoro (politiche sociali favorevoli), alla salute (anche mentale)ʺ. Inoltre, le fondazioni erogative sostengono spesso progetti concreti, ma nel campo dei diritti dei minori, c’è molto da fare in termini di strutture organizzative e ottimizzazione degli interventi sociali».
In Lombardia, Fondazione Cariplo, «l’ammiraglia» delle fondazioni bancarie italiane, sembra avere intercettato i problemi dei bambini facendone oggetto di una riflessione particolarmente profonda. Ci può dire qualche cosa in proposito?
«Dario Bolis, Direttore della comunicazione, ufficio stampa e relazioni esterne della Fondazione Cariplo, ricorda in un suo scritto recente (privato) che ʺnon c’è solo una povertà economica, ma negli ultimi anni, con la pandemia è emersa una povertà digitale: ci sono bambini e ragazzini che non hanno la possibilità di accedere alle opportunità offerte dalla rete, e questo si è visto con la didattica a distanza: mancano devices, connessioni e un’educazione e una cultura adeguate. Aiutare i bambini a superare la povertà digitale significa metterli nelle condizioni dei coetanei, non rimanere indietro e poter sperare in un futuro come tutti gli altri. Altrimenti, ormai lo sappiamo, si rimane esclusi. Inoltre, Fondazione Cariplo si è posta l’obbiettivo di sensibilizzare alla lettura, in quanto pratica essenziale per l’inclusione sociale, economica, culturale dei cittadini e quindi anche dei bambini. Per questo, la nostra fondazione si è impegnata a sostenere progetti che stimolino la curiosità e il piacere di leggere per tutta la popolazione, con speciale attenzione a bambini, adolescenti e giovani adulti, soprattutto quelli con minori opportunità. E la nuova frontiera è sbarcare addirittura negli asili nidoʺ».
Ci sono difficoltà a raccogliere fondi per le fondazioni operative e le organizzazioni che si occupano di bambini ?
«Considerato l’elevato numero di fondazioni e istituzioni che se ne occupano, direi che la difficoltà principale per un donatore privato è quella di orientarsi e identificare la realtà giusta per lui. Susanne Wicki van Gils, fundraiser di lunga esperienza nel settore Child &Family, sostiene che per essere efficaci nel fundraising a favore dell’infanzia, occorre partire dal posizionamento dell’istituzione non profit, che deve evidenziare chiaramente ciò che la distingue da altre organizzazioni attive nello stesso ambito. Un altro aspetto è sicuramente che il donatore deve essere in grado di riconoscere l’urgenza della donazione e la differenza che può fare il suo contributo. E da ultimo è importante che la relazione con i benefattori, soprattutto quella con i major donor, sia individualizzata e attiva. Questo consente di creare quei legami di fiducia, che permettono di minimizzare la dipendenza dai ʺdonatori una tantumʺ, ottimizzando la pianificazione delle entrate e con essa l’efficienza dell’organizzazione non profit. In conclusione, poiché i bambini sono il futuro del mondo, le fondazioni erogative possono concretamente aiutarli a fondarlo. Insieme a loro».
Dr. Elisa Bortoluzzi Dubach, consulente di Relazioni Pubbliche, Sponsorizzazioni e Fondazioni, è docente presso varie università e istituti superiori in Svizzera e Italia e co-autrice fra gli altri di La relazione generosa-Guida alla collaborazione con filantropi e mecenati.