Quali sono stati le tappe della sua formazione e le esperienze professionali che l’hanno portata alla direzione della Villa Principe Leopoldo?

«Sono bergamasca di origine e credo che questo fatto abbia influito sul mio carattere, nel senso di avermi conferito una grande tenacia e determinazione nel raggiungimento degli obbiettivi che via via mi sono posta. Dopo aver conseguito nel ’96 una laurea a pieni voti in Ingegneria Meccanica presso il Politecnico di Milano, ho subito voluto raggiungere un’indipendenza economica nei confronti della mia famiglia, ma soprattutto realizzare l’ambizione di applicare le conoscenze acquisite durante gli studi. Sono così entrata in una delle 5 piu’ prestigiose societa’ di consulenza occupandomi di progetti legati alla logistica e alla Supply Chain, con particolare riferimento al Retail della moda, un mondo che all’epoca stava conoscendo una rapida espansione e verso il quale provavo una forte attrazione».

Dalla teoria alla pratica il passo è stato breve…

«Infatti. Avvertivo la necessità di una mia diretta esperienza sul campo e nel giro di pochi anni ho avuto modo di lavorare per tre marchi di primaria importanza come Trussardi, Max Mara e Pinko, ricoprendo il ruolo di Retail Manager. Ho avuto così l’opportunità di misurarmi con organizzazioni diverse, basate su un approccio alle problematiche della distribuzione molto differenziato. Soprattutto ho avuto modo di curare l’apertura di boutique e corner, negozi monomarca in Italia e nel mondo, viaggiando spesso e maturando, tra l’altro, significative esperienze nel campo della gestione dell’immagine di un brand in ogni dettaglio, delle risorse umane e della formazione dei propri collaboratori».

Come è avvenuto il suo avvicinamento al mondo dell’hotellerie?

«Penso che le cose accadano assecondando una certa predestinazione. Sono stata avvicinata da un “cacciatore di teste” alla ricerca per un grande gruppo alberghiero di un Marketing Manager che provenisse dal mondo della moda. Dopo numerosi colloqui a vari livelli sono entrata a far parte di Boscolo Group, dove mi sono occupata di riorganizzazione aziendale, corporate image, data base clienti, ecc. e dove, lavorando a fianco del Presidente, ho seguito in prima persone il rilancio e a gestione di strutture alberghiere a Varese (Villa Porro Pirelli) e a Roma (Hotel Alef, Palace in via Veneto ed Exedra) ed infine Milano durante l’Expo. È stato un periodo intensissimo ma durante il quale ho capito che la mia vocazione era la direzione di un grande e prestigioso albergo».

Desiderio puntualmente realizzato con la direzione della Villa Principe Leopoldo…

«Già negli anni precedenti mi era capitato di visitare e studiare tutta la bellezza e l’eleganza di quella che io continuo a chiamare la “Casa”. Era un sogno che si realizzava, ma anche una grande sfida che solo adesso, dopo quasi cinque anni alla guida dell’hotel, posso dire di aver cominciato a padroneggiare. Ma è stato un lavoro duro, estremamente delicato nella ricerca di un equilibrio tra rispetto di una grande tradizione e voglia di innovare, in un contesto come quello ticinese che ti offre grandi opportunità ma che nel contempo ti tiene costantemente sotto la lente d’ingrandimento, senza possibilità di sbagliare».

A quale tipo di direzione a cercato di improntare la sua conduzione dell’hotel?

«Uno degli sforzi maggiori è stato quello di adeguare la mia formazione manageriale, indispensabile per gestire oggi una organizzazione complessa come è comunque un albergo, ad un uno specifico contesto come quello di Villa Principe Leopoldo dove le dimensioni dell’hotel, le caratteristiche della clientela, la qualità del servizio che si vuole offrire, rendono fondamentale la valorizzazione delle relazioni umane. E questo vale tanto per quanto riguarda la clientela che per quanto attiene ai rapporti di lavoro, in quanto solo la condivisione, la chiarezza e la trasparenza delle scelte può condurre al raggiungimento degli obiettivi indicati».

La direzione di un hotel è sempre stata una professione tipicamente maschile, anche se adesso in Ticino alcune donne guidano importanti strutture alberghiere. Ha incontrato particolari difficoltà di “genere” nello svolgimento della sua funzione?

«Non parlerei di vere e proprie difficoltà che in realtà non ci sono mai state, quanto piuttosto di una attenzione particolare che in genere viene riservata a una donna che occupa un ruolo prima ricoperto da un uomo. Forse questo aspetto è risultato essere un po’ più accentuato dalla naturale diffidenza che in Ticino colpisce chi è nuovo e viene guardato con un certo sospetto fino a quando efficienza e professionalità sono pienamente riconosciute».

A proposito di Ticino, una struttura alberghiera come la vostra costituisce un punto di forza nel sistema dell’accoglienza del Cantone. A suo giudizio cosa occorrerebbe fare per rendere questa regione sempre più attrattiva?

«Penso che il Ticino goda di condizioni molto favorevoli che lo rendono una destinazione unica con numerose risorse esclusive per mantenere il suo primato in uno scenario sempre più competitivo. Ma questa situazione vantaggiosa non può essere data per definitivamente acquisita perché in un mondo in rapido cambiamento altri attori entrano continuamente in gioco e modificano il contesto di partenza. Ecco, a mio giudizio sarebbe forse necessario mostrarsi più dinamici e determinati nelle scelte politiche e imprenditoriali tese a consolidare i requisiti utili allo sviluppo delle attività turistiche del Cantone. Penso a questioni con l’aeroporto, il traffico e la viabilità, i grandi eventi culturali, i congressi e tanto altro ancora da ideare e realizzare, e che potrebbe attrarre su Lugano e sul Ticino quella clientela di qualità che rappresenta il nostro indiscusso punto di forza».