Secondo i dati pubblicati da Swiss Sustainable Finance (SSF) attualmente in Svizzera sono investiti in modo sostenibile 1.163 miliardi di CHF, pari a circa un terzo del patrimonio gestito localmente, con un aumento del 62% rispetto all’anno precedente, confermando così in modo incisivo la crescita ininterrotta dei valori patrimoniali investiti in modo sostenibile. In particolare, i fondi e i mandati sostenibili hanno registrato una crescita del 147% e con470,7 miliardi di CHF, a fine 2019, la loro quota sul mercato svizzero dei fondi era del 38%.

Le soluzioni d’investimento sostenibili sono dunque molto apprezzate dagli investitori, anche perché presentano un interessante rapporto tra rischio e rendimento rispetto ai prodotti finanziari convenzionali. Il 79% del volume totale degli investimenti sostenibili si trova nei depositi della clientela istituzionale, mentre il 21% è detenuto da clienti privati. Questi ultimi hanno quasi raddoppiato la loro quota rispetto all’anno precedente e hanno registrato una forte espansione grazie a una crescita complessiva del volume degli investimenti.

Questi dati confermano il crescente interesse dei clienti privati, ma anche il fatto che molti fornitori di servizi finanziari stanno ora applicando approcci di investimento sostenibili ai fondi tradizionali. Sempre più azionisti cercano il dialogo con le società in cui investono affinché queste si orientino alla sostenibilità.

Numerosi asset manager hanno dichiarato di perseguire un approccio d’investimento specifico per gli investimenti a favore del clima e dell’ambiente. Si tratta di uno sviluppo importante, poiché sia i politici che gli investitori chiedono sempre più spesso investimenti attenti alla salvaguardia del pianeta. Si pone quindi il problema di sviluppare raccomandazioni concrete per gli indicatori che dovrebbero essere utilizzati per informare gli investitori sulla compatibilità ambientale e, in generale, sulla sostenibilità dei portafogli. 

Anche l’Unione europea (UE) è passata all’offensiva e ha definito progetti di legge sulle finanze sostenibili indicando quali attività economiche meritano l’attributo di «ecologiche». Questo compendio costituisce la base per definire i prodotti finanziari green degni di questo nome. A ciò si accompagna un ampio obbligo di informazione che sarà rilevante anche per molti fornitori di servizi finanziari svizzeri. Ma l’UE sta facendo un ulteriore passo avanti e ha già annunciato una nuova strategia di finanza sostenibile, che dovrebbe mobilitare più fondi per il Green Deal. Sta inoltre discutendo i suoi standard con altri paesi nell’ambito della nuova «International Platform on Sustainable Finance». Dal marzo del 2020 anche la Svizzera è membro di questa piattaforma e può contribuirvi esponendo il proprio punto di vista.

La piazza finanziaria svizzera è dunque nelle condizioni di proseguire con coerenza lungo il cammino verso un’economia finanziaria sostenibile, tanto più che la concorrenza internazionale pare destinata a intensificarsi ulteriormente. Solo se il settore finanziario svizzero si dimostrerà agile potrà estendere il suo ruolo di leader nel campo della sostenibilità e contribuire così in modo significativo al raggiungimento degli obiettivi internazionali in materia di ambiente e degli obiettivi di sviluppo sostenibile.

Hanno partecipato all’inchiesta:

  • Luca Pedrotti (L.P.), Group Managing Director, Direttore Regionale di UBS Ticino
  • Roberto Cerratti (R.C.), Responsabile Investment Consulting Ticino di Credit Suisse
  • Andrea Bergamini (A.B.), Responsabile della Succursale di Lugano LGT Bank (Svizzera)
  • Roberto Mastromarchi (R.M.), Membro di Direzione Generale, Responsabile Divisione Fronte di BPS (SUISSE)
  • Simone Malnati (S.M.), Project Manager di Banca del Sempione
  • Fabio Spinelli (F.S.), Site Manager-Executive Officer di BNP Paribas
  • Gabriele Corte (G.C.), Direttore Generale Banca del Ceresio
  • Alberto Crugnola, Responsabile Clienti Privati, Regione Ticino, Banca Migros

 

Dal suo osservatorio privilegiato siamo davvero di fronte ad una scelta irreversibile nei confronti di scelte d’investimento rispettose a livello globale del clima e dell’ambiente?

L.P.: «Possiamo inizialmente affermare che la recente pandemia ha accelerato il trend che già stava portando società e investitori verso il mondo degli investimenti sostenibili, incoraggiati da un rinnovato interesse delle imprese e dei governi in questo ambito. Dobbiamo però anche premettere che, se la situazione di incertezza dovesse perdurare o se dovessimo essere toccati da una seconda forte ondata della pandemia, a breve termine potremmo essere confrontati con una regressione di questo trend. Saremo quindi confrontati con:

  • Un aumento a breve termine di fattori ambientali negativi, a causa di un temporaneo rilassamento della regolamentazione (vedi per esempio gli Stati Uniti) a nome di una rapida ripresa dell’economia. Per esempio l’aumento dell’utilizzo di plastiche monouso.
  • Aziende leader che potrebbero mettere in secondo piano gli obiettivi ESG (Ecologia, Sociale, Governance), a lungo termine, dando la precedenza a fattori necessari nell’immediato, più urgenti per l’attività aziendale quotidiana.

Malgrado questo rischio del breve termine pensiamo però che il COVID-19 stia spingendo e accelerando le aziende a concentrarsi ancor più sui temi ESG. Il management dovrà sempre più confrontarsi con i diritti umani, il benessere degli impiegati e modelli che in passato erano considerati straordinari (come il lavoro flessibile e dislocato sul territorio, “home working”) ma che ora diventano priorità critiche per il business aziendale. Meccanismi questi che contribuiranno ad un miglioramento della salute pubblica e della stabilità economica. Chiaramente, mai come in passato si sta discutendo su dove porre la linea di demarcazione fra interessi economici e salute pubblica. I pacchetti governativi stanziati in diversi paesi per l’aiuto alle aziende incoraggiano anche la creazione di nuovi posti di lavoro destinati alla crescita sostenibile e quindi anche particolarmente benefici al mercato dei “green bonds” da anni in continua espansione. Questi ultimi progetti, che si riflettono nelle emissioni delle “obbligazioni verdi” sono sempre più percepiti come un progresso per finanziare le problematiche ambientali e propongono una massima trasparenza, cosa non sempre data dalle emissioni governative».

R.C.: «Dal 2014, solo in Europa sono stati lanciati oltre 1800 fondi ESG facendo lievitare la quota di investimenti sostenibili oltre il 50% degli asset gestiti e, a livello globale, superando i 30mila miliardi di USD. L’aumento delle pressioni regolamentari, l’intensificarsi dell’impegno degli investitori, le modifiche dei comportamenti dei consumatori (in particolare delle nuove generazioni) nonché più in generale l’emergenza di una volontà di privilegiare un approccio agli investimenti con finalità positive per l’ambiente e la società sono solo alcuni dei fattori che rendono questo processo irreversibile. Vi sono inoltre diversi studi che seppur non riuscendo a dimostrare un legame causale diretto tra fattori ESG e performance identificano una relazione positiva tra la performance degli investimenti e il loro focus sulla sostenibilità. Le società che meglio gestiscono rischi e opportunità legati alla sostenibilità tendono ad avere migliori cash flows, minori costi di finanziamento e valutazioni più elevate. Le società che meglio rispettano i criteri ESG sono percepite come meno rischiose da parte degli investitori e beneficiano quindi di premi di rischi più contenuti (e quindi di costi del capitale inferiori). Alle pressioni governative e alla maggior sensibilità degli investitori si aggiungono quindi anche incentivi per le aziende nell’aumentare i mezzi allocati alle iniziative ESG viste non tanto come un contributo filantropico quanto piuttosto un investimento strategico volto ad aumentare il valore a lungo termine per i propri azionisti. Gli investimenti sostenibili non rappresentano più una tendenza, ma sono diventati il punto di riferimento principale».

A.B.: «Il cambiamento climatico rappresenta uno dei problemi più urgenti del nostro tempo, e tutti noi dobbiamo fare la nostra parte per arrestarlo: il settore finanziario, investendo capitali in imprese, organizzazioni e stati sostenibili, e gli investitori privati, orientando i propri portafogli alla sostenibilità ed evitando investimenti dannosi per il clima».

R.M.: «Crediamo che l’orientamento verso la sostenibilità negli investimenti, sia sotto forma di temi specifici legati all’ambiente che in uno schema più allargato (ESG) che comprende gli aspetti sociali e di governo societario, sia una tendenza di lungo periodo che difficilmente conoscerà delle involuzioni. La sensibilità degli investitori istituzionali e dei cosiddetti asset owners è infatti già molto elevata e ora si riscontra progressivamente un maggiore interesse al tema anche da parte dei clienti privati».

S.M.: «La maggior parte degli istituti finanziari ha ormai ben chiaro che ci troviamo di fronte ad un cambio di paradigma che include, oltre alle tematiche climatiche e ambientali, anche quelle sociali e di governance. In particolare due fattori ci danno la convinzione che non si tratti di una semplice “moda” ma di un cambiamento irreversibile nelle scelte di investimento. Da un lato, stiamo assistendo a banche centrali e governi che per la prima volta nella storia pianificano azioni concrete volte a stimolare un’economia più sostenibile. L’esempio più concreto è il “Green Deal” europeo che, tramite un investimento di più di mille miliardi di Euro, ha come obiettivo quello di portare l’Europa ad essere carbon neutral entro il 2050. Dall’altro stiamo invece assistendo al più grande passaggio di capitali da una generazione a quella seguente. Passaggio che porta con sé un marcato cambiamento nei driver principali di investimento. Da un recente studio di Bank of America, circa il 90% dei millennials inserisce i fattori ESG in cima alla lista dei criteri di investimento mentre i baby boomers si fermano al 50%. Assieme, questi due fattori stanno spostando enormi quantità di liquidità verso investimenti che prima erano interessanti principalmente per le loro considerazioni etiche ma che oggi lo diventano anche da un punto di vista finanziario».

F.S.: «Il consenso riguardo alle sfide che il riscaldamento climatico e la perdita di biodiversità rappresentano per l’umanità è finalmente unanime. La complessità è ora stimare l’entità delle conseguenze per l’abitabilità della Terra e la stabilità del mondo finanziario. A nostro avviso gli investimenti sostenibili diventeranno mainstrean entro pochi anni. Ci aspettiamo che i criteri di rischio, rendimento e volatilità tradizionalmente considerati dagli investitori siano completamente integrati con quelli ESG. La crisi Covid costituirà a nostro parere un’accelerazione degli investimenti in ambito sostenibile in quanto molti degli aiuti governativi sono condizionati al rispetto di criteri di impatto ambientale-sociale».

G.C.: «Nel mondo degli investimenti il rispetto dell‘ambiente temo sia vissuto più come elemento di marketing che non come vera politica aziendale. Non sempre, ma sovente, rifarsi a vaghe indicazioni ESG solleva gestori e investitori da analisi più approfondite che sarebbero necessarie se non altro per capire quanto si sia in sintonia sul concetto di “rispetto ambientale“. Se per alcuni investire in combustibili fossili è immorale, per altri va valutata soprattutto la volontà aziendale di ridurre il proprio impatto ambientale, accettando di conseguenza un universo molto ampio d‘investimento. In pratica il bollino verde su un prodotto non necessariamente rappresenta un modello d‘investimento consono alla visione del singolo. Diversa invece la pressione sulle aziende da parte della società perché diventino sempre più green. La diffusione dell’informazione e l’incremento di benessere e istruzione a livello globale rendono i temi ambientali sempre più importanti nella scala di valori del singolo cittadino: questa è la miglior forma di controllo sull‘impatto ambientale delle singole aziende e mi auguro sia divenuto un trend irreversibile. Di esempi di crolli borsistici per aver causato danni ambientali o fatto cucire palloni a bambini indiani ne contiamo molti. Meglio adoperarsi come esempio nella diffusione di una cultura ambientale che non sbandierare bollini verdi».

A.C.: «Investire in Cleantech, ossia in tecnologie efficienti sotto il profilo delle risorse, favorisce l’innovazione. Tuttavia, durante una fase di transizione, i combustibili fossili continueranno a essere necessari, poiché il passaggio alle fonti energetiche rinnovabili non può essere realizzato dall’oggi al domani. Per gli investitori è importante ridurre al minimo i rischi finanziari nella transizione verso un’economia più rispettosa del clima. Allo stesso tempo, le opportunità d’investimento dovrebbero essere utilizzate per investire in settori e imprese sostenibili con un’impronta di carbonio relativamente bassa».

Quali sono i settori della Green Economy dove a suo giudizio potranno registrarsi i più consistenti margini di crescita?

L.P.: «La pandemia ha messo anche in evidenza particolari carenze e punti deboli in alcuni settori, con un conseguente rinnovato interesse mondiale su temi importanti quali la salute (ad esempio, l’accesso alle cure e ai medicinali), l’istruzione, il turismo e il trasporto sostenibile. Un altro fattore importante è la spinta tecnologica che si lega facilmente al ramo della salute, portando maggiore connettività ed efficienza nell’analisi dei dati per essere più preparati in caso di crisi future. Si parla sempre più di healthtech anche come sviluppo sostenibile particolarmente rilevante per raggiungere l’insieme della popolazione, anche quella parte di essa più discosta grazie a collegamenti digitali in modo da poter curare i pazienti direttamente da casa. Si stanno gettando forti basi per la formazione e l’istruzione online. Globalmente ora le scuole e le università mettono a disposizione degli studenti maggiori risorse digitali, consce del potenziale che le soluzioni digitali possono offrire nell’istruzione privata e pubblica. Pensiamo che l’espansione dell’edtech abbia un forte potenziale per formazioni di qualità anche in aiuto ai piani governativi di istruzione. La recente crisi ha messo in luce anche fattori legati all’ambiente. Per il 2020 ci si aspetta una diminuzione delle emissioni mondiali di CO2 superiore al 5% a causa del confinamento. Questo dato dovrebbe essere quattro volte superiore a quanto avvenuto durante le precedenti crisi. Alcuni studi hanno mostrato una stretta relazione fra inquinamento e maggiore concentrazione di COVID-19.
Vediamo che a livello governativo, già prima della pandemia, diversi stati si sono chinati sul problema dell’inquinamento. Pensiamo che non ci siano segni che questa tendenza possa regredire e ci aspettiamo una maggiore sensibilità sui temi delle energie rinnovabili, dei trasporti sostenibili, della biodiversità e dei green bonds. L’interesse a lungo termine sembra confermato.
La recente caduta del prezzo del petrolio ha mostrato come, ancora oggi, gran parte dell’economia sia legata all’estrazione e alla trasformazione di questa materia prima. Se da un lato si potrebbe affermare che il prezzo così basso del petrolio abbia reso poco competitiva la ricerca e l’uso delle energie rinnovabili, dall’altro questa situazione, che sembra prolungarsi, ha messo fuori mercato una larga parte di attori dello stesso. Questo, a nostro avviso, non ridurrà la ricerca e gli investimenti a lungo termine nel settore delle energie rinnovabili. D’altronde, il 2019, ha già mostrato energie solari ed eoliche generalmente competitive rispetto ai nuovi motori a energie fossili».

R.C.: «Gli investimenti sostenibili hanno conosciuto un’evoluzione considerevole negli ultimi decenni. Una prima accelerazione importante è avvenuta con il lancio nel 2006 dei principi ONU per l’investimento responsabile che ha sostanzialmente fatto nascere la ricerca ESG il cui obiettivo però era di analizzare i processi e meno l’impatto ambientale e sociale di quanto prodotto. Con il lancio nel 2015 da parte dell’ONU degli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) il focus si è spostato sulle soluzioni e gli SDG si stanno affermando sempre più come un punto di riferimento per allineare obiettivi d’investimento e d’impatto. Più che di singoli obiettivi o settori preferiamo parlare di tematiche, legate ad obiettivi multipli, che a nostro avviso offrono le maggiori opportunità per gli investitori. Tra queste ad esempio troviamo l’invecchiamento della popolazione, la transizione ad un’economia a emissioni zero, l’economia circolare, l’educazione, il futuro del lavoro, la diversità, uno stile di vita più sano, l’infrastruttura, l’energia rinnovabile e i trasporti sostenibili».

A.B.: «Un pregiudizio ampiamente diffuso è che gli investimenti sostenibili non permettano di ottenere buoni rendimenti. Proprio la crisi della COVID-19 ha nuovamente mostrato che è vero il contrario: il passaggio a un’economia verde offre agli investitori grandi opportunità. Puntiamo in primo luogo sulle energie rinnovabili e sulla mobilità rispettosa dell’ambiente. In ambito sociale, ci aspettiamo che tematiche come la salute e la formazione, cosí come le obbligazioni emesse da banche multilaterali di sviluppo e i social bond acquisiscano un’importanza sempre maggiore».

R.M.: «Nel rispondere a questa domanda crediamo sia opportuno distinguere la crescita dei fatturati e dei profitti societari dall’apprezzamento dei corsi azionari e dal merito di credito delle obbligazioni dei diversi attori economici che partecipano attivamente allo sviluppo economico sostenibile.
Non è infatti raro che i corsi dei titoli azionari anticipino eccessivamente aspettative di crescita di fatturato e profitti che successivamente si rivelano deludenti, sebbene in forte crescita in termini percentuali e assoluti: è accaduto in altre fasi di discontinuità economica (es. nel periodo a cavallo del 2000 con i titoli legati al mondo della tecnologia). È sempre opportuno quindi fare un “reality check” fra prospettive di crescita e la valutazione dei titoli.
I segmenti che presentano maggiori potenzialità sono quelli legati alla decarbonizzazione dell’economia (es. veicoli elettrici, efficienza di impianti e costruzioni, applicazioni industriali di riduzione della CO2, filiera delle energie rinnovabili), alla disponibilità e distribuzione dell’acqua, alla digitalizzazione dei processi e alla sicurezza informatica dei sistemi, all’efficienza della produzione agricola e alla cosiddetta economia circolare.
Molti di questi ambiti sono rappresentati da segmenti all’interno di società di grande dimensione e spesso trovare dei “pure players” su cui investire non è così evidente».

S.M.: «Alcune crescite elevate sono già sotto gli occhi di tutti. Il mondo dei veicoli elettrici ne è un esempio, dove molte aziende hanno registrato crescite a tripla cifra. Diversificazione e orizzonte temporale di medio-lungo termine dell’investimento rimangono quindi più importanti che mai. Altri settori dove c’è del margine di crescita in parte inespresso sono ad esempio le aziende operanti nell’economia circolare. Aziende queste ultime che saranno al centro dei vari stimoli economici dell’Unione Europea. Per concludere, crediamo però che accanto ai settori direttamente coinvolti nella Green Economy ci saranno molteplici “vincitori” anche nei settori più tradizionali. Sono infatti molte le aziende, indipendentemente dal settore in cui operano, che si stanno mobilitando per rispondere alla necessità di una maggiore sostenibilità dei propri business. Iberdrola, seconda società per capitalizzazione Spagnola operante nell’Energy, ne è un esempio. A luglio di quest’anno ha annunciato che nel corso del 2020 investirà circa 10 miliardi di Euro in progetti di Clean Energy rispetto ai 5/6 miliardi degli anni precedenti (Ignacio Galán, CEO e Chairman). Decisioni di questo genere possono creare spazi per lo sviluppo di vantaggi concorrenziali e stimolare il mercato ad una sana competizione in settori al momento stagnanti».

F.S.: «L’emergenza climatica mette sotto forte pressione interi settori industriali che devono ripensare il loro business model. I più alti margini di crescita si registreranno, oltre che nei progetti che limitano il riscaldamento climatico, nella Blue Economy e nella Circular Economy.
Riteniamo che la Blue Economy sia un’evoluzione ad alto potenziale della Green Economy in quanto rivoluzionerà i sistemi di produzione (attraverso ad esempio la biomimesi), della logistica e dei trasporti. Vincenti risulteranno soprattutto quei modelli di business ad alta tecnologia applicata.
Inoltre, in un contesto di forte aumento della popolazione e dei consumi, l’accesso alle risorse naturali per fornire beni di prima necessità sarà una sfida epocale. Per noi la Circular Economy è estremamente interessante. Investiamo e sosteniamo direttamente settori ed aziende che mirano ad ottimizzare l’utilizzo delle risorse naturali ripensando interamente la scelta dei materiali e degli usi, limitando il consumo e lo spreco di risorse, ripensando e creando nuovi modelli di produzione che abbattano costi tramite ad esempio strategie efficienti di condivisione, noleggio e riutilizzo».

G.C.: «La crescita green futura dipenderà molto dagli sviluppi tecnologici in quanto le innovazioni ritenute vincenti oggi non necessariamente lo saranno davvero. Il trend verso l‘auto elettrica, ad esempio, è inconfutabile: se la tecnologia delle batterie agli ioni di litio lo sia altrettanto ne dubito fortemente. Penso quindi ci si debba concentrare sui macro trends e provare a capire quali possano essere i vincitori di domani. Due di questi trends sono probabilmente l‘economia circolare e i combustibili alternativi a quelli fossili. Il primo si basa sul riutilizzo intelligente di quanto già consumato, il secondo sul mantenimento della capacità energetica minimizzandone l‘impatto ambientale dal suo utilizzo. Nel primo caso approfondirei il recupero di materiale energetico da scarti plastici, nel secondo le modalità di produzione, stoccaggio e distribuzione dell‘idrogeno».

A.C.: «È una valutazione difficile da fare, in quanto i cambiamenti tecnologici sono molto dinamici. Con le loro emissioni di CO2 i trasporti, la produzione di energia e gli edifici sono i principali responsabili del cambiamento climatico in tutto il mondo. Di conseguenza, le imprese che contribuiscono alla riduzione dell’impatto ambientale nei settori citati hanno un potenziale di crescita». 

In generale, quale è la strategia cui si sta muovendo il vostro istituto e. nello specifico, quali sono i settori e i prodotti su cui avete deciso di puntare?

L.P.: «Siamo molto sensibili all’argomento degli investimenti sostenibili e già da tempo offriamo ai nostri clienti investimenti che rispecchiano queste tematiche. In particolare, offriamo una soluzione di gestione che tiene conto degli aspetti ambientali, sociali e di governance (ESG) oltre che dei criteri “tradizionali” di selezione degli investimenti. Come contributo aggiuntivo la soluzione mira al raggiungimento dei 17 obiettivi per lo sviluppo sostenibile dell’ONU.
Si nota quindi che le tematiche d’investimento sono variegate e la nostra proposta risulta essere in primis un portafoglio diversificato, comprendente green bonds, obbligazioni della Banca mondiale per lo sviluppo, società leader ma anche società in miglioramento per i canoni sostenibili come anche strategie d’impegno dove si assumono posizioni attive per spronare i gruppi dirigenti a migliorare la performance sui rischi e le opportunità. Queste tematiche le ritroviamo anche riflesse in fondi d’investimento strategici oppure singoli fondi azionari o obbligazionari».

R.C.: «Credit Suisse è attiva da oltre 18 anni nello sviluppo di prodotti d’investimento innovativi ad impatto. Siamo fortemente convinti che possiamo dare il nostro contributo all’innovazione finanziaria promuovendo un accesso più inclusivo ai servizi finanziari e promuovendo gli investimenti ad impatto facilitando gli investimenti nelle società attive nella ricerca di soluzioni ai maggiori problemi globali. La nostra missione è di aiutare i nostri clienti a generare rendimenti in maniera sostenibile. Negli ultimi anni Credit Suisse si è focalizzato sull’ampliamento delle soluzioni d’investimento al fine di soddisfare le richieste dei nostri clienti e di contribuire a colmare i gap identificati dagli SDG. La paletta di soluzioni sostenibili ad impatto sociale che offriamo, seguono numerosi approcci che si basano l’esclusione di società attive in settori controversi, l’integrazione dei principi ESG, l’allineamento con investimenti orientati agli SDG e/o ad impatto (sociale e ambientale). Le nostre soluzione sono gestite sia esternamente che internamente, includendo anche quelle gestite da Credit Suisse Asset Management. Nel 2019, in linea con il nostro impegno in qualità di firmatario dei Principi per gli Investimenti Responsabili (PRI), abbiamo sviluppato delle linee guida che delineano esplicitamente le strategie d’investimento ad impatto e che si differenziano da quelle sostenibili e/o ESG. Definiamo gli investimenti ad impatto come l’insieme delle strategie che dimostrano il contributo diretto che può dare un investitore nella società nella quale è investito. Credit Suisse si focalizza sugli investimenti che mirano a generare un rendimento di mercato per l’asset class specifica, dimostrando, in maniera misurabile, l’intenzione di generare un impatto sulla base di un obiettivo specifico».

A.B.: «È nostra intenzione diventare leader di soluzioni di investimento sostenibili e fornire con i nostri investimenti il contributo più grande possibile agli obiettivi di sviluppo sostenibile dell’ONU. È quanto abbiamo affermato esplicitamente nella nostra strategia di sostenibilità 2025. Non ci concentriamo unicamente su singoli settori o prodotti, ma proponiamo ai nostri clienti soluzioni di investimento sostenibili ad ampio raggio – dai mandati di gestione patrimoniale attivi sostenibili a proposte di fondi dedicati, fino ad investimenti diretti in società non quotate».

R.M.: «BPS (SUISSE) ha programmato da diverso tempo una sostanziale trasformazione della propria offerta in ambito di consulenza e gestione patrimoniale in una logica e visione ESG, ovvero comprendendo oltre agli aspetti ambientali (E), anche considerazioni di tipo sociale (S) e di governo di impresa (G). Il progetto è articolato e si muove su tre piani distinti: irrobustimento e rinnovamento del processo di investimento in logica ESG; conversione della gamma di prodotti; formazione dei consulenti alla clientela per poter fornire una consulenza consapevole, informata e orientata in modo adeguato a queste tematiche.
Abbiamo iniziato a proporci alla clientela con dei mandati di gestione patrimoniale ESG dedicati, ben diversificati e costruiti con un accento più marcato sul tema dell’ambiente. Nel nostro progetto aspiriamo ad allargare la gamma di offerta sia attraverso la ridefinizione di altri mandati già esistenti – integrando regole di selezione più spinte alle tematiche ESG e quindi anche “green” – sia con il lancio di nuovi prodotti per la nostra Sicav Popso (SUISSE).  Il tutto guardando sia all’azionario, che all’obbligazionario che, ovviamente, anche alle soluzioni di tipo strategico. Il tema viene trattato anche in ambito “advisory”: diverse proposte d’investimento che presentiamo su base regolare alla clientela sono già improntate a criteri di sostenibilità, es. fondi di investimento, azioni e prodotti strutturati, obbligazioni»

S.M.: «Nel 2020, Banca del Sempione ha ufficialmente creato la Green Division che ha come obiettivo principale quello di occuparsi di sostenibilità a 360° e quindi in modo trasversale all’interno del gruppo. In linea con la strategia sviluppata siamo ad esempio diventati recentemente membri dello Swiss Sustainable Finance con l’obiettivo di stimolare la sostenibilità in ambito finanziario attraverso la cooperazione con importanti player del mercato. Le azioni intraprese dalla Banca spaziano dall’introduzione di analisi di rischio ESG nei fondi di proprietà allo sviluppo di servizi di advisory tailor-made per la creazione di portafogli sostenibili. Entrambe aree centrali per il rafforzamento e lo sviluppo dell’offerta di servizio alla clientela. Sostenibilità per Banca del Sempione è diventato un pilastro della cultura aziendale ed è per questo che sono molte le attività avviate anche per migliorare la qualità sul posto del lavoro come il credito agevolato per l’acquisto di auto ibride o elettriche, l’ampia implementazione del tele-lavoro oppure la semplice introduzione di frutta fresca proveniente da fornitori locali gratuita per ogni collaboratore della Banca».

F.S.: «Lo sviluppo sostenibile è storicamente al centro della nostra strategia di Gruppo con oltre 15 anni di track record negli investimenti sostenibili ed un approccio realmente globale che ci consente di integrare la ricerca e l’analisi ESG in tutte le strategie, asset class e aree geografiche.
Siamo sostenitori ed opinion leader come membri stabili di numerosi comitati consultivi di organismi internazionali come la FAO, l’OCSE e le Nazioni Unite.
Abbiamo creato un team globale ESG: il Sustainability Centre, un gruppo multidisciplinare di professionisti con esperienza finanziaria, economica e legale che supporta i nostri team d’investimento.
Abbiamo implementato una gamma completa di fondi Enhanced ESG, impact e tematici (Climate change, Energy transition, Smart food, Green tigers, Human development solo per citarne alcuni).
La nostra offerta di Wealth Management integra pertanto la sostenibilità in ogni servizio: sia attraverso mandati discrezionali tailor made sia tramite il servizio esclusivo di “Sustainable Advisory”. Con questa ampia offerta, diamo la possibilità ai nostri clienti di investire in linea con le loro convinzioni con un approccio ad alta personalizzazione che consente di allineare ogni portafoglio d’investimento con i valori di ogni cliente.
Questi servizi poggiano su una metodologia proprietaria di valutazione ESG degli strumenti finanziari che abbiamo deciso di sviluppare internamente per evitare ogni rischio di green washing.
Per aiutare i clienti ad individuare le tematiche che sono per loro più rilevanti, abbiamo inoltre sviluppato myImpact, una app che consente di scoprire il mondo degli investimenti sostenibili e di definire, monitorare e personalizzare dinamicamente il profilo d’investitore responsabile di ogni cliente».

G.C.: «Nel nostro piccolo lavoriamo su tre piani correlati. Da un lato implementando politiche aziendali semplici volte alla riduzione nei consumi tipicamente di carta, plastica e acqua. Secondariamente ci adoperiamo direttamente sia in progetti concreti di riforestazione e di abbellimento del verde pubblico, sia di diffusione e difesa della cultura ambientale tramite sponsorizzazione di chi questo lo fa per mestiere. Mi riferisco ad esempio al sostegno a Orticola di Lombardia per la diffusione di una cultura ambientale urbana, all‘Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo per la tutela della biodiversità alimentare o alla Water Accademy di Lugano per lo sviluppo di tecniche efficienti di utilizzo dell‘acqua. Infine, in quanto investitori, guardiamo concretamente ai macro trends citati cercando di individuare soluzioni intelligenti per la società: un caso recente è il club deal organizzato a sostegno della start-up Heallo attiva nel recuperare dagli scarti vegetali della produzione alimentare molecole capaci di migliorare ad esempio l‘assorbimento degli zuccheri o di proteggere l‘apparato digestivo».

A.C.: «La Banca Migros offre fondi strategici sostenibili dal 2017. Con il certificato Tracker «Banca Migros Low Carbon» offre inoltre una soluzione d’investimento per chi intende investire in modo mirato in imprese con un’esposizione ridotta al biossido di carbonio. Il certificato seleziona da un universo azionario globale le venti società che si dichiarano a favore della riduzione delle emissioni di CO2 e la applicano in modo dimostrabile. Entro la fine del 2021 la Banca Migros intende orientare la gamma di investimenti in modo coerente verso gli investimenti sostenibili».

Quali interventi, a livello legislativo e normativo dovrebbero essere adottati per favorire nei prossimi anni un’ulteriore crescita dell’economia e della finanza sostenibile?

L.P.: «In realtà si sta già facendo molto da un punto di vista di regolamentazione, al fine di incoraggiare gli investimenti nelle attività industriali ed economiche sostenibili. Un esempio è la Tassonomia sostenibile dell’Unione Europea, entrata in vigore questo mese. Essa identifica specifiche attività sostenibili richiedendo che gli investimenti che vengono descritti come sostenibili riflettano il loro allineamento alla tassonomia. Al di fuori dell’Unione Europea vi sono altri paesi che promuovono attivamente la sostenibilità. La Svizzera sta adottando un approccio morbido per indirizzare una maggiore trasparenza nel settore degli investimenti sostenibili. Tutte le attività legislative hanno lo scopo di migliorare la trasparenza e minimizzare il cosiddetto “greenwashing”, ovvero la descrizione di un prodotto come sostenibile sebbene gli investimenti definiti tali vengano investiti in attività che creano benefici veramente minimi a livello di sostenibilità. Questo dovrebbe incoraggiare gli investitori ad avere maggiore fiducia nell’investire in progetti sostenibili. Vi sono inoltre molte politiche governative a sostegno della crescita sostenibile, ad esempio il green Deal europeo, il green recovery plan e progetti simili in altre regioni. Tutte le attività a livello regolamentare sulla finanza sostenibile devono essere pragmatiche e utili per gli investitori. Una legislazione eccessivamente burocratica e focalizzata sui dettagli potrebbe risultare controproducente all’innovazione. Idealmente, al fine di incoraggiare un’ulteriore crescita degli investimenti sostenibili, legislazioni atte a fornire un ulteriore supporto della sostenibilità dovrebbero essere adottate su scala globale».

R.C.: «A livello politico, in particolare con l’Accordo di Parigi del 2015, sono stati fissati degli obiettivi molto ambiziosi. Il raggiungimento di questi obiettivi appare ancora molto lontano e vi è consapevolezza che ulteriori importanti misure debbano essere implementate al fine di limitare le conseguenze economiche e sociali dei cambiamenti climatici. I piani di rilancio post-COVID offrono un’opportunità unica per favorire gli investimenti “verdi” e dare una decisa accelerazione al processo di transizione a un’economia a emissioni zero. L’Unione europea ad esempio ha deciso di destinare circa il 25% delle risorse del fondo per la ripresa a misure volte a combattere i cambiamenti climatici, un passo nella giusta direzione ma insufficiente per raggiungere l’obiettivo prefissato di neutralità carbonica entro il 2050 inserito nel “Green Deal” annunciato a dicembre. A livello globale vi è quindi la possibilità di destinare una fetta consistente dei mezzi messi in campo per rilanciare le economie a progetti legati alle energie rinnovabili, all’efficienza energetica e alle infrastrutture (sostenibili) al fine di raggiungere gli obiettivi a lungo termine prefissati. Una scelta per altro giustificata dall’effetto moltiplicatore più elevato degli investimenti “verdi” come dimostrato da alcuni studi accademici».

A.B.: «È auspicabile che la politica crei le condizioni quadro giuridiche e regolatorie necessarie per un settore finanziario sostenibile. L’Unione Europea ha già compiuto un passo importante con il suo piano d’azione per la finanza sostenibile. Anche la piazza finanziaria svizzera vuole assumere un ruolo di primo piano nell’ambito della sustainable finance. Se la piazza finanziaria e i suoi attori si orienteranno tempestivamente in tal senso, potranno assicurarsi un vantaggio concorrenziale nel confronto internazionale».

R.M.: «BPS (SUISSE) crede che la leva fiscale possa essere determinante per permettere di rendere più appetibili gli investimenti privati in progetti volti a migliorare la sostenibilità dei processi industriali e una maggiore convenienza a livello di consumi responsabili. A livello di finanza sarà importante definire innanzitutto degli standard di comunicazione e di classificazione per determinare quali prodotti e servizi sono effettivamente sostenibili. Altre misure potrebbero riguardare l’incentivazione fiscale privata per favorire l’accumulazione di risparmio privato in questo ambito (come ad esempio accade con il III Pilastro) oppure determinare una quota di investimento minima da dedicare agli investimenti sostenibili per le masse afferenti alla previdenza del I e del II Pilastro».

S.M.: «Le masse investite in modo sostenibile hanno raggiunto circa un terzo del totale delle masse gestite in Svizzera registrando una crescita del +62% nel 2019 rispetto all’anno precedente. Questi numeri ci dicono che la direzione è chiara e come detto in precedenza è sia il risultato di stimoli importanti da parte dei governi e delle banche centrali sia frutto di uno shift nelle logiche di investimento. Per continuare in questa direzione bisognerebbe ad esempio lavorare da un lato su stimoli all’investimento di lungo termine tramite vantaggi fiscali e dall’altro sull’imposizione di standard più stringenti di divulgazione dei dati da parte delle aziende.
Entrambi aspetti al centro delle discussioni dell’International Platform on Sustainable Finance al cui tavolo siede anche la Svizzera. Siamo quindi fiduciosi che i prossimi anni saranno caratterizzati da una forte tendenza verso attività più sostenibili e da una prosecuzione del cambio di mentalità degli investitori».

F.S.: «Come valutare il contributo positivo o negativo di un azienda allo sviluppo sostenibile rappresenta la sfida maggiore per i prossimi anni. Un’armonizzazione della norme internazionali per regolamentare l’analisi dell’impatto ESG e la classificazione dell’enorme mole di dati extra-finanziari delle aziende saranno passaggi fondamentali. Il potenziale per l’economia svizzera è rilevante e siamo convinti di poterlo sfruttare pienamente tramite l’offerta globale ESG del Gruppo e la nostra piattaforma integrata di servizi di Corporate & Investment Banking e Wealth Management».

G.C.: «I temi ambientali necessitano in generale di sostegno pubblico sia sotto forma normativa che di incentivazione economica. In alcuni casi appare lapalissiano come per le norme sulle emissioni nocive, le accise ridotte sui combustibili alternativi o gli incentivi all‘efficienza energetica degli immobili. In altri si rischia di eccedere elevando il legislatore ad arbitro degli sviluppi tecnologici, generando pesanti distorsioni di mercato; mi chiedo ad esempio quanto sia corretto demonizzare gli efficientissimi motori diesel quando l‘alternativa elettrica è ancora nella sua infanzia. Ritengo quindi che norme ed incentivi vadano considerati su principi generali, lasciando che l‘esperienza pratica permetta di giudicare quali tecnologie debbano avere la meglio per la miglior protezione del delicato equilibrio tra uomo e ambiente».

A.C.: «La Banca Migros sostiene le iniziative intraprese volontariamente dal settore ed è ad esempio firmataria del Codice europeo per la trasparenza dei fondi sostenibili e responsabili. Di conseguenza i suoi fondi strategici sostenibili sono contrassegnati con il logo per la trasparenza dei fondi sostenibili e responsabili. Le misure regolamentari dovrebbero essere prese in considerazione solo in presenza di un fallimento del mercato, ossia se i costi esterni non si riflettono nei prezzi. Sono auspicabili standard che consentano all’investitore di confrontare i fondi d’investimento sostenibili di diversi istituti bancari».