Nell’ambito della teoria classica del commercio internazionale si sostiene che in presenza di costi di produzione differenti tra un Paese e l’altro e di un prezzo di equilibrio internazionale compreso tra i prezzi relativi interni dei Paesi, questi hanno un incentivo ad aprirsi allo scambio internazionale al fine di trarne reciproco vantaggio. Il risultato consisterebbe in una maggiore crescita economica e in una più efficiente allocazione delle risorse produttive. Eppure, una parte degli economisti ha avanzato riserve nei confronti dell’apertura commerciale e ha proposto l’introduzione di restrizioni al commercio internazionale. In effetti, il dibattito tra fautori del libero scambio e i sostenitori del protezionismo commerciale è apparso ciclicamente nel corso della storia economica, con argomentazioni di vario genere. Le ricadute positive derivanti dalla liberalizzazione commerciale vengono ridimensionate dai fautori del protezionismo commerciale. Va ricordato che in genere dietro una misura protezionistica vi è quasi sempre una valutazione più strettamente politica, la quale spinge a sacrificare quanto sarebbe suggerito dalla razionalità economica per ottenere benefici in termini politici. Tenendo in considerazione questa premessa, si possono richiamare le ragioni economiche che spingono i Paesi ad introdurre restrizioni al commercio. In primo luogo, si possono prendere in considerazione i vantaggi derivabili dall’introduzione di un c.d. dazio ottimo. Si tratterebbe di introdurre una imposta che grava sulla merce importata aggravandone il prezzo, modificando in tal modo la ragione di scambio internazionale. Di conseguenza il Paese che introduce il dazio sarà in grado di ottenere una quota maggiore di beni importati per unità di bene esportato, rispetto alla situazione ideale in assenza di dazio. Gli effetti del nuovo protezionismo americano non si sono ancora appieno manifestati e i suoi risultati sono ancora difficili da prevedere. Una volta chiarita la portata delle nuove tariffe nel corso dei prossimi mesi, bisognerà attendere la reazione dei partner commerciali degli Stati Uniti. In primis la Cina. Il rischio maggiore è quello di un vortice di ritorsioni che potrebbe sfociare in una vera e propria guerra commerciale. È difficile infatti che Pechino resti a guardare, sarebbe dal suo punto di vista un segno di debolezza politica. Inoltre, le norme dell’Organizzazione mondiale del commercio (WTO) consentono ai Paesi che ritengono di essere stati ingiustamente penalizzati di rispondere in modo “proporzionale e giustificato”.
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Ticino Welcome 60 – Issu