L’osservatorio realizzata da Ceresio Investors analizza l’evoluzione delle performance di 852 aziende con un fatturato aggregato di circa 65 miliardi di euro. Il campione rappresenta circa il 75% di tutte le società di capitale operanti nel settore. L’analisi prende in esame 15 comparti, per ciascuno dei quali è stato selezionato un campione di aziende di medie e grandi dimensioni, con sede strategica e operativa in Italia. L’analisi quantitativa è stata condotta sui singoli comparti e sul totale del settore food nel periodo 2009-2021. Le performance delle aziende sono state analizzate facendo riferimento a quattro profili: crescita, redditività, produttività e struttura finanziaria.

Alessandro Santini – Ceresio Investors

Sono state, inoltre, sviluppate delle previsioni di crescita e delle esportazioni, relative al biennio 2022-2023. I comparti analizzati sono: acque minerali, birra, caffè, conserve, distillati, dolci e prodotti da forno, farine, food equipment (macchine ed attrezzature per la produzione di cibi e bevande), packaging (produttori di imballaggi in bio plastica, plastica, alluminio e cartone), prodotti lattiero-caseario, olii, pasta fresca e secca, prodotti derivanti dalla lavorazione della carne, surgelati, vino (cooperative, produttori integrati, trader, produttori di spumante e produttori di prosecco).

È stata sviluppata un’analisi delle performance di sostenibilità delle aziende valutando, attraverso un modello econometrico, le relazioni di causa-effetto con alcune scelte di posizionamento strategico. L’analisi dei modelli di business è stata ulteriormente implementata con un focus dedicato alle aziende familiari e alla struttura di governance.

Le proiezioni dell’osservatorio realizzato dall’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo e da Ceresio Investors

Le proiezioni indicano che la redditività commerciale avrà una sostanziale tenuta anche per il 2022, nonostante le forti tensioni sui prezzi delle materie prime e l’impatto del “carovita” sui consumi delle famiglie. La struttura finanziaria delle aziende del settore resta solida, nonostante una lieve crescita del tasso d’indebitamento. I comparti delle farine e del caffè saranno interessati nel 2022 da una crescita a due cifre, questo anche per effetto dell’aumento dei costi delle materie prime. Faranno bene anche i comparti dell’olio, dei surgelai e del latte.

Il vino crescerà del 4,8%, appena al di sotto della media settoriale. I comparti più dinamici per le esportazioni nel 2022 saranno: distillati, birra, latte e soft drink, ma anche vino e pasta fanno bene nell’export. Le performance di lungo periodo evidenziano che i comparti che hanno ottenuto una crescita dei ricavi superiore alla media del settore (2%) sono: surgelati, latte, caffè, farine, pasta, dolci, vino, conserve e salumi.

Il comparto dei distillati registra le performance medie (2015-2020) di redditività commerciale (ROS) maggiori con un valore del 13,8%. Si registrano buone performance di crescita pluriennale anche per il comparto dell’acqua (11%), food equipment (10,8%), birra (8,4%), dolci (7,1%), pasta (6,2%) e caffe (6,0%). Si rilevano criticità in merito alla marginalità commerciale per i comparti dei salumi (1,7%), dell’olio (1,7%), farine (2,9%) e latte (3,9%), che registrano valori al di sotto della media del settore (6,2%).

I comparti delle conserve (4,2%), surgelati (4,8%) e vino (5,8%) registrano valori di ROS soddisfacenti e intorno alla media del settore. Il confronto di lungo periodo (2015-2020) tra crescita e indebitamento evidenzia la presenza di comparti virtuosi quali vino pasta, dolci e caffè. Altri comparti quali conserve, salumi, latte farine e surgelati hanno ottime performance di crescita, ma hanno un indebitamento più elevato.

L’Indice di Crescita Sostenibile

Gabriele Corte – Ceresio Investors

L’Indice di Crescita Sostenibile (ICS) misura la sostenibilità economica della crescita ed è calcolato considerando la crescita dei ricavi, la marginalità commerciale e la struttura finanziaria. Più elevato è l’indice, maggiore sarà la resilienza economica del comparto o della singola azienda. I comparti che hanno registrato le performance migliori, nel periodo 2015-2020, per i tre profili sopra citati sono: il caffè, i distillati, dolci e food equipment.

L’analisi delle performance di sostenibilità evidenzia che il 98% delle aziende utilizza del tutto o in parte materie prime a ridotto impatto ambientale. Circa l’88% delle aziende usa in via esclusiva o prevalente packaging sostenibili. Circa il 57% ha ottenuto una o più certificazioni inerenti alla sostenibilità ambientale e il 30% circa pubblica un bilancio di sostenibilità, mediamente da almeno tre anni.

«Materie prime a ridotto impatto ambientale significa che sono state prodotte secondo criteri quali il km zero o l’agricoltura biologica, con fonti di energia rinnovabile e/o packaging da materie prime riciclate. La tendenza è molto diffusa, anche se utilizzata in modo non esclusivo», ha precisato Carmine Garzia, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio, docente di Management presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo.

«Se dunque il 98% delle aziende utilizza del tutto o in parte materie prime sostenibili, solo un 22% le utilizza in modo prevalente. Rispetto ai dati dello scorso anno, le imprese stanno comunque incrementando in modo significativo gli investimenti in sostenibilità».

Le società familiari hanno un ruolo preponderante nel settore del food. Il 78% del campione di aziende analizzato è controllato da una o più famiglie. L’86% ha un Consiglio d’Amministrazione interamente composto da membri della famiglia, l’11% è caratterizzato da una composizione del CdA mista, che comprende membri esterni e interni alla famiglia; il 3% ha un CdA composto interamente da membri esterni.

Solo l’8% delle imprese analizzate ha un CEO esterno alla famiglia: «un elemento su cui riflettere – ha sottolineato Alessandro Santini, Head of Corporate & Investment Banking per Ceresio Investors – se si considera che circa il 65% delle aziende è attualmente gestito dalla prima generazione di imprenditori, il 30% dalla seconda e poco più del 4,5% riesce a giungere alla terza e quarta generazione.

In molti casi insomma non si considerano i benefici di un modello gestionale aperto, che preveda l’affiancamento di manager esterni a membri familiari, e questo è spesso una delle cause di forte freno allo sviluppo. A volte può minare la continuità familiare dell’azienda». Generalmente, comunque, le aziende familiari che riescono a mantenere una guida solida e stabile hanno performance di redditività e produttività superiori a quelle con un CEO non familiare.

«I dati dimostrano che la scelta vincente è un management team con membri della famiglia affiancati da manager professionisti, cosa che consentirebbe alle aziende di ottenere migliori performance di redditività (ROS) e soprattutto di costruire un profilo di sostenibilità più solido», ha concluso Gabriele Corte, direttore generale di Banca del Ceresio.