L’evento Action Day si inserisce nell’ambito degli Scouting Days Agire, la piattaforma d’incontro per PMI, startup e investitori, ideata dall’Agenzia per l’innovazione del Canton Ticino e si è svolto grazie anche al sostegno sostegno di AITI, Ated, Città di Lugano e Canton Ticino.

Negli ultimi anni, da parte degli attori del Sistema Regionale dell’Innovazione è stato fatto molto a favore delle startup, ed altrettanto si sta facendo per sviluppare le specializzazioni territoriali, per esempio con lo Switzerland Innovation Park Ticino e i suoi Centri di competenza tematici. In parallelo è però necessario continuare a lavorare affinché le aziende del territorio respirino quotidianamente aria di innovazione e ne facciano una prerogativa della loro cultura e del loro modo di lavorare. Con questo evento, che annualmente proporrà un focus differente, Fondazione Agire, insieme ai suoi partner, vuole stimolare gli imprenditori e le aziende ad attivarsi per trovare nuove soluzioni innovative che favoriscano il loro sviluppo. Ed è con questo spirito e questo obiettivo che Agire va a colmare una lacuna esistente nel panorama fieristico ticinese consolidando ulteriormente il suo posizionamento nell’ambito dei servizi offerti alle PMI.

La prima edizione si è tenuta martedì 5 settembre 2023 presso il Palazzo dei Congressi di Lugano e si è focalizzata sulle sfide e le opportunità della trasformazione digitale nelle aziende. Il programma principale si è articolato in tre sessioni tematiche parallele, che copriranno importanti temi quali la digitalizzazione dell’industria, le strategie digitali e modelli di business correlati e la cybersecurity. Sono state inoltre presentate dei casi concreti di applicazione delle nuove tecnologie e metodologie e il relativo valore che queste apportano alle aziende. Grazie all’intervento di relatori provenienti dal mondo economico, accademico e della pubblica amministrazione, i partecipanti hanno potuto acquisire conoscenze pratiche e strumenti per affrontare le sfide del mondo digitale.

Lorenzo Ambrosini

Fondazione Agire ha organizzato con successo il primo Action Day: quali erano gli obiettivi di questa conferenza e quali sono le principali problematiche emerse nel corso del dibattito che coinvolgono direttamente le PMI ticinesi riguardo ai processi di innovazione e digitalizzazione?

Lorenzo Ambrosini: «Gli obiettivi principali di questa prima edizione erano quelli di sensibilizzare le aziende sul tema della trasformazione digitale, di dare i primi strumenti tramite il contributo di esperti autorevoli dei vari settori, e di presentare il nuovo servizio di Digital Coach di Fondazione Agire. L’Action Day vuole col tempo diventare il punto di riferimento in quanto a fiera dell’innovazione per aziende in Ticino. La maggior sfida e problematica per le aziende è quella di comprendere la rilevanza del tema per la propria tipologia di azienda e per il proprio settore d’attività, in modo da poter stabilire le priorità d’azione, da tramutare poi in progetti concreti».

Luca Ambrosini: «L’obiettivo principale del primo Action Day era di catalizzare una trasformazione digitale tra le PMI ticinesi. In Svizzera, a causa dell’alto costo del lavoro, c’è un imperativo per le aziende di operare con la massima efficienza. Tecnologia e, in particolare, digitalizzazione sono diventate sinonimi di questa efficienza. Durante la conferenza, è emersa una forte necessità per le PMI ticinesi di accelerare la loro transizione verso modelli di business più digitali, sfruttando le opportunità offerte dalle nuove tecnologie per rimanere competitive a livello globale».

Luca Ambrosini

Qual è la sua valutazione circa il grado di digitalizzazione attuale delle PMI nella Svizzera Italiana rispetto ad altre regioni svizzere o europee e quali settori industriali sembrano essere in una fase più avanzata e stanno affrontando maggiori sfide nel processo di trasformazione?

Lorenzo Ambrosini: «La sfida per le PMI ticinesi è rappresentata dal tessuto frammentato e variegato dell’economia, costituito principalmente da piccole imprese, talvolta a conduzione famigliare. Spesso questa tipologia di aziende non posseggono né le competenze necessarie né le risorse per intraprendere da sole un percorso di cambiamento di tale rilevanza. D’altro canto, le stesse aziende ne percepiscono l’importanza in quanto a rischio di perdere competitività, ma anche come opportunità per accedere a nuovi mercati geografici o nuovi segmenti di mercato».

Luca Ambrosini: «La Svizzera Italiana sta progredendo nella digitalizzazione, ma a un ritmo leggermente inferiore rispetto ad altre regioni svizzere. Il settore manifatturiero, ad esempio, è uno di quelli che, pur essendo in una fase avanzata di digitalizzazione, affronta le sfide più significative. La pressione di mantenere i prezzi competitivi, dato l’alto costo del lavoro, rende essenziale per le aziende ticinesi adottare rapidamente soluzioni basate sull’IA e sulla digitalizzazione».

Stefano Modenini: «Credo che la situazione in Ticino non sia troppo dissimile da quella del resto della Svizzera. Difficile naturalmente rispondere a nome di tutti perché il settore industriale è fatto di rami molto eterogenei. Certamente il settore farmaceutico, quella della meccanica di precisione, ma non escluderei altri rami industriali, sono confrontati all’implementazione e allo sviluppo di processi di digitalizzazione, che non riguardano solo l’ambito produttivo ma anche altre funzioni aziendali».

Stefano Modenini

Quali sono gli ostacoli principali che le aziende ticinesi stanno incontrando nell’adozione di tecnologie digitali? Si tratta principalmente di questioni finanziarie, culturali o di accesso alle competenze digitali?

Lorenzo Ambrosini: «Indubbiamente il processo di digitalizzazione è molto complesso e ha implicazioni di varia natura. Ma il presupposto per una vera trasformazione digitale di un’azienda è il cambio culturale, sia a livello individuale di ogni dipendente che a livello di organizzazione in quanto tale. Fondamentalmente si tratta di rivoluzionare la gestione dell’informazione e della conoscenza, come pure della comunicazione aziendale (interna ed esterna rispetto a fornitori, clienti e portatori d’interesse)».

Stefano Modenini: «Quando emergono nuovi paradigmi i fattori in gioco sono molteplici. Nel caso della digitalizzazione non si tratta evidentemente solo di un fatto tecnico bensì anche culturale e formativo. Bisogna da un lato formare personale giovane che utilizzino le nuove tecnologie ma la sfida non finisce qui perché esiste una cosiddetta “generazione di mezzo”, lavoratrici e lavoratori di media età, che hanno acquisito competenze in un mondo precedente e che ora sono confrontate anch’esse alla necessità di acquisire competenze digitali. Alla base però il grande cambiamento è di tipo culturale. Cioè far sì che il lavoro digitale sia parte integrante di una nuova cultura aziendale, attraverso le macchine ma soprattutto tramite le persone consapevoli di questo».

In che modo può essere affrontata l’evoluzione delle competenze e delle risorse umane nelle aziende industriali a seguito della trasformazione digitale e cosa ritiene sia necessario fare per preparare il personale alle sfide digitali?

Lorenzo Ambrosini: «Prima di tutto occorre tranquillizzare il personale, indicando – e dimostrando con casi pratici – che il processo di trasformazione digitale è in primis un miglioramento della qualità di lavoro e dell’efficienza. Per fare un esempio, il telelavoro, le videoconferenze o l’accesso a dati centralizzati sono cose impensabili senza una gestione digitale dell’informazione e dei processi aziendali. Indubbiamente ciò va affiancato a una formazione continua di tutto il personale, dal Management agli operativi».

Stefano Modenini: «Non dobbiamo pensare di trasformare tutti in ingegneri né di stravolgere il nostro sistema formativo. Certamente però, le conoscenze tecniche dovrebbero avere maggiore spazio nei programmi scolastici già a partire dalla scuola obbligatoria. Detto questo, assistiamo al fatto che le competenze personali acquisiscono un ruolo sempre maggiore. In altre parole, la tecnologia è uno strumento che deve servire a rendere più efficaci i nostri processi professionali; ma la tecnologia è anche un formidabile strumento per rafforzare la collaborazione fra competenze differenti all’interno della stessa azienda. Credo che in futuro la contaminazione fra mestieri e competenze differenti aumenterà e le aziende migliori saranno quelle che sapranno permettere la migliore convivenza possibile fra queste diverse competenze».

L’intelligenza artificiale è ormai entrata nel linguaggio comune, ma qual è l’effettivo stato di adozione da parte delle aziende del territorio?

Luca Ambrosini: «L’intelligenza artificiale è certamente una parola d’ordine, ma la sua adozione pratica nelle PMI ticinesi è ancora in fase di maturazione. L’IA può rivoluzionare qualsiasi processo digitale, offrendo alle aziende locali l’opportunità di innovare e di operare in modo più efficiente. Tuttavia, è essenziale che le PMI in Ticino accelerino l’adozione dell’IA per rimanere competitive, soprattutto in termini di costi».

Quali sono le principali preoccupazioni legate alla sicurezza informatica che le aziende industriali devono affrontare durante la loro trasformazione digitale? Come possono mitigare tali rischi?

Stefano Modenini: «La sicurezza informatica richiede ingenti investimenti e soprattutto le aziende più piccole hanno qualche difficoltà in questo senso perché molte altre fonti di costo sono già in aumento. Inoltre, non basta fare ricorso a software o specialisti. La sicurezza informatica oramai deve fare parte della cultura aziendale e ciò significa che tutte le collaboratrici e tutti i collaboratori dell’azienda devono essere confrontati quotidianamente a operazioni di lavoro che rispettino tutte le procedure di sicurezza. Anche qui, bisogna per forza di cose passare da una formazione del personale dedicata ai processi di sicurezza. L’esperienza ci insegna che anche operazioni banali e apparentemente sicure possono mettere in crisi l’intera azienda. Ma prevenire è senz’altro meglio che curare, non solo finanziariamente parlando».

Lorenzo Ambrosini: «Il maggior fattore di rischio è e rimarrà il fattore umano. È innegabile che sono necessarie pure soluzioni tecniche, ma unicamente tramite la sensibilizzazione e una corretta formazione del personale si possono scongiurare i maggiori rischi. Occorre instaurare in azienda una cultura della responsabilità individuale».

Quali sono i vantaggi che Agire è in grado di offrire in quanto piattaforma di confronto per le aziende ticinesi tesa a favorire la condivisione di idee e il dialogo costruttivo tra i partecipanti?

Lorenzo Ambrosini: «La prima offerta è quella rappresentata dal Digital Coach, una figura neutrale e di fiducia preposta ad accompagnare le aziende lungo tutto il percorso di trasformazione digitale, mentre lo svolgimento dei progetti veri e propri dovranno avvenire attivando le risorse del territorio tramite le offerte di prodotti e i prestatori di servizi. In un secondo tempo si tenderà, vista la moltitudine e la diversità del tessuto economico del territorio, tramite il passaparola, progetti esemplari, ed eventualmente la creazione di comunità tematiche, alla creazione di movimento che si autoalimenti da solo».

Luca Ambrosini: «Fondazione Agire, attraverso eventi come l’Action Day, offre un palcoscenico dove le realtà che hanno già sperimentato una profonda trasformazione digitale possono condividere i loro successi e le sfide. Questi eventi permettono alle aziende leader di mostrare i tangibili benefici dell’innovazione e di servire da guida per altre PMI, incoraggiando un dialogo costruttivo e una condivisione di idee che possono accelerare la trasformazione digitale in tutto il territorio».

La nuova dimensione del rischio cibernetico: dalla gestione preventiva all’accompagnamento probatorio

Di Alessandro Trivilini
(nella foto di apertura)

L’entrata in vigore della nuova legge svizzera sulla protezione dei dati personali e l’attuale revisione totale di quella cantonale pongono la gestione del rischio cibernetico di fronte a nuove sfide. In passato, la sicurezza informatica poteva essere considerata come una disciplina separata e autonoma. Oggi, le cose sono cambiate. Essa si riposiziona in una geometria a tradizione variabile in cui le competenze e le abilità assumono un valore trasversale. Le responsabilità non sono più limitate agli ingegneri informatici impiegati nella gestione ordinaria della sicurezza e della rispettiva manutenzione, bensì coinvolgono ‘by design’ amministratori delegati, manager, responsabili di produzione e del personale, per citarne alcuni. Si tratta di figure professionali chiamate ad assumere un atteggiamento consapevole e responsabile lungo tutta la filiera del rischio residuo cibernetico, che comprende la fase predittiva, preventiva, investigativa e giudiziaria.