Come e quando ha scoperto di avere una vocazione artistica e quali sono stati i primi passi che l’hanno portato ad iniziare un percorso nel mondo dell’arte?
«Sin da ragazzo ho sentito che il disegno, il colore, il gesto pittorico erano qualcosa che mi apparteneva. Dopo la scuola dell’obbligo ho scelto di frequentare il CSIA di Lugano, ma il vero cammino artistico è iniziato fuori dall’ambiente scolastico. Terminata la scuola ho frequentato artisti locali per cercare il confronto: ricordo in particolare gli scambi con gli amici Rolando Raggenbass e Fabrizio Soldini. Osservare il loro lavoro, ascoltarli, mi ha dato ispirazione e mi ha spronato a dipingere e a cercare il mio stile espressivo. Il mio debutto espositivo è arrivato nel 1985, grazie a una collettiva curata da Gino Macconi, altro artista ticinese di grande valore che ha apprezzato il mio lavoro di quel tempo. Da lì è iniziato tutto, un passo alla volta, le occasioni espositive sono arrivate e la ricerca espressiva è proseguita sempre con passione e curiosità».
Quali sono state le esperienze professionali che hanno maggiormente contribuito a consolidare il suo bisogno di esprimersi attraverso i colori, le tele e i pennelli?
«Negli anni ho viaggiato molto, in tutto il mondo e ogni viaggio ha rappresentato anche un’occasione per visitare musei e gallerie di ogni genere, di conoscere culture diverse. Vedere dal vivo certe opere, confrontarmi con la bellezza, l’intensità e anche la fragilità dell’arte, mi ha sempre spinto a tornare alla mia tela con nuova energia. Un ruolo importantissimo lo ha avuto Carlo Gulminelli, pittore e amico, che considero sia stato un vero e proprio mentore. Con lui ho avuto un confronto autentico, profondo, fatto di parole, silenzi e gesti pittorici. È stato uno dei primi a credere in me e a spronarmi ad andare avanti. Ancora oggi ho il privilegio di avere scambi continui con altri artisti, non solo in Ticino. Penso, ad esempio, a tre scultori che stimo molto e che mi hanno impressionato profondamente per la qualità del loro lavoro, ma anche per la perseveranza e per quel senso di bisogno che sento profondo anche in me: Ante Dabro, Paolo Borghi e Pierino Selmoni e ancora i pittori Leonardo Pecoraro e Jacques Minala. Con ciascuno di loro ho condiviso momenti preziosi, non solo parlando d’arte, ma anche di amicizia. Queste relazioni umane e professionali sono state e sono ancora oggi, linfa per la mia creatività — mi aiutano a crescere, a riflettere, a restare connesso con il senso profondo del fare artistico».
Dovendo dare una definizione della sua pittura, quali concetti e parole utilizzerebbe?
«La mia pittura è istintiva, emozionale e simbolica. Non è mai stata solo tecnica o forma: è sempre stata un mezzo per esprimere quello che sento. Nel corso degli anni, il mio interesse per l’uomo, per le sue emozioni, per le sue espressioni non è mai diminuito — anzi, è cresciuto. Ho portato avanti una continua proprio sul tema della rappresentazione dell’essere umano, cercando di cogliere quei momenti che la memoria mi ripropone, anche a distanza di tempo.
Spesso sono frammenti legati all’infanzia, agli affetti, agli amori, alla famiglia. Sono immagini e sensazioni che parlano di valori che mi stanno a cuore. La tela, per me, è come un diario silenzioso: raccoglie emozioni, ricordi e riflessioni che forse a parole non riuscirei a esprimere allo stesso modo. Molti mi chiedono il motivo per il quale in alcuni periodi utilizzo colori più accessi, o più scuri, se i volti che rappresento a tratti sono più tranquilli o inquietanti, hanno a che fare con il mio stato d’animo del momento. Per me si tratta solo di lasciarmi andare, farmi portare dalla tela, dai pennelli, là dove infine arriva il mio dipingere e considerare le figure che dipingo semplicemente dei testimoni della realtà umana, che non è sempre la medesima».
Quali sono i progetti a cui sta attualmente lavorando?
«Negli ultimi anni ho avuto la fortuna di partecipare a diverse esposizioni che per me sono state particolarmente significative, sia in Ticino che all’estero. Ricordo con piacere la bella mostra a Venezia, organizzata da Artrust, ma anche l’esperienza espositiva che ho avuto a Londra durante il periodo del Covid. Un altro momento speciale per me è stato quello dell’invito che ho ricevuto per esporre in una galleria a Seoul, nato quasi per caso dopo un incontro fortuito con la gellerista alla Fiera d ’arte di Zurigo, dove partecipavo con Casa Galleria. Occasioni che mi hanno dato stimoli nuovi e mi hanno permesso di far conoscere il mio lavoro a un pubblico più ampio. Queste esperienze e queste collaborazioni con queste 4 gallerie, mi hanno stimolato a volere proseguire nella ricerca di progetti espositivi che mi permettano di uscire da quanto ho sperimentato in quasi 40 anni di esperienze espositive, per andare oltre e in particolare per dipingere sempre più dei grandi formati».
Possiamo annunciare quali e dove saranno le sue prossime esposizioni?
«Attualmente sto preparando tre progetti espositivi. Parteciperò in luglio, per il secondo anno consecutivo, alla fiera d’arte Urban Break Seoul, come ospite della Galleria Harang, un’occasione davvero particolare che dimostra la curiosità di questa galleria coreana per l’introduzione della mia espressività in un contesto tanto particolare. Sono poi stato invitato a partecipare con 4 artisti Momò ad una collettiva che si terrà in alcune location sul lago di Como e sul Maggiore, nell’ambito di un evento organizzato dalle associazioni di artisti delle province di Como e Varese. Un’altra esposizione collettiva alla quale parteciperò a fine agosto si svolgerà a Berlino, mentre inaugurerò il 28 agosto una grande esposizione personale presso la Art Gallery nel centro di Friburgo, che sarà visitabile per tre settimane. Quest’ultima è un’occasione espositiva che mi sta impegnando parecchio già da oltre un anno a questa parte perché la superficie espositiva è molto ampia e il numero di opere che saranno esposte è considerevole».
Guardando al futuro, quale evoluzione vorrebbe imprimere al suo modo di concepire e realizzare un’opera d’arte?
«Il futuro è sempre qualcosa di difficile da prevedere, soprattutto in ambito artistico. La mia espressione artistica negli anni è evoluta, perché io sono cresciuto, sono invecchiato, ho fatto esperienze, ho maturato esperienze. Però una cosa è certa: la voglia di dipingere è diventata sempre più importante nel mio quotidiano. È un’esigenza vera, che mi accompagna ogni giorno e che mi dà energia e senso. Proprio per questo sento il desiderio di continuare a evolvere, di cercare nuove strade, magari anche più essenziali, più libere. Vorrei riuscire a dire di più con meno, togliere invece di aggiungere, e mantenere sempre viva quella tensione emotiva che per me è il cuore della pittura.
In questo percorso, come detto prima, mi piacerebbe anche trovare nuove gallerie con cui collaborare, soprattutto nella Svizzera interna e in Germania, per confrontarmi con pubblici diversi, allargare lo sguardo, uscire da certi contesti abituali e aprirmi a nuovi stimoli. L’incontro con chi guarda le mie opere è sempre una scoperta — ed è proprio lì che, spesso, nasce la vera evoluzione che ritengo indispensabile per continuare il mio racconto pittorico».