Nata arciduchessa d’Austria, antesignana delle fashioniste, giovanissima consorte del re Luigi XVI, salita al trono a soli 18 anni e ghigliottinata a 37 anni (1793), Maria Antonietta viene oggi recuperata per il suo gusto elegante che ha influenzato arti decorative e figurative.
In mostra circa 320 pezzi, tra ritratti, abiti, gioielli, scarpe e oggetti personali, che mostrano la grazia estrema di una regina segregata, come pioniera di stile e armonia che ha ispirato performance teatrali e designer come Vivienne Westwood (1996) e Moschino (2020).
Adorava la Toile de Jolie in tutte le sue declinazioni, con scene bucoliche, animali, fiori e flash storici a tal punto che pare che l’ultima sua richiesta in prigione sia stata una Toile jacket.
Luigi XVI asceso al trono il 24 maggio 1774 regalò alla sua sposa un bouquet speciale: Le Petit Trianon, un piccolo castello neoclassico dentro la corte di Versailles.
La residenza sarebbe stato il rifugio della giovane regina che si isolò dalle rigorose formalità di corte, esprimendo la sua indipendenza, la sua fascinazione per il buon gusto, la sua Anglomania e la cultura giapponese e cinese, tenendola lontana da ogni realtà, gesto che la rese presuntuosa e tracotante non solo agli occhi del terzo stato, ma anche ai nobili di corte.
I ricami preziosi, le parrucche colorate, gli abiti dalle gamme cromatiche usate dai pasticcieri, astraggono la figura della regina dall’orrore e dal terrore della sua epoca, allontanandola in una figura elegiaca coraggiosa e audace, capofila del buon gusto e non vittima del fashionismo.
L’ultima sala è dedicata al film autobiografico delle regina interpretata da Kirsten Dunst (Sofia Coppola regista, 2006) con i costumi disegnati da Milena Canonero (Premio Oscar, 2007) e le scarpe dell’inglese Manolo Blanik: un trionfo della femminilità dai colori pastello che diventa un linguaggio visivo e cromatico.
Un’esibizione che esalta il buon gusto fine a sé stesso, e che trascura raccapriccianti dettagli storici (anche se in un angolo c’è una ghigliottina, il bianco camice da prigioniera e il libretto di preghiere con l’ultima dedica ai due figli Maria Teresa e Luigi Carlo).
In questi tempi pietosi la mostra è sic et simpliciter un inno alla bellezza della Femminilità



