Lei è membro del Consiglio di fondazione della Fondazione Aldo e Cele Daccò. Quali furono le volontà che portarono ad istituire questa fondazione?
«La Fondazione Aldo e Cele Daccò è il risultato della fusione di due fondazioni costituite in fasi successive dalla signora Cele. La prima, creata nel 1998, era la Fondazione Daccò ed era dedicata alla memoria di Aldo Daccò, marito della fondatrice. Il suo scopo principale fu quello di dare un appoggio finanziario all’università del Ticino in quegli anni: la pubblica, l’USI, l’Università della Svizzera italiana, con le sue tre pubblicazioni di architettura, di economia e di scienze della comunicazione e la facoltà privata di teologia, nata per volontà del vescovo di Lugano mons. Eugenio Corecco. L’aiuto a collaborazione facoltà nasce dal rispetto della signora Daccò, pur di spirito laico, alla profonda fede cattolica del marito Aldo.
Nel 2001 è stata poi creata la Fondazione Aldo e Cele Daccò per la ricerca scientifica, motivata dalla convinzione della fondatrice della necessità di promozione, nella distrazione e in un po ‘superficiale società contemporanea, il valore dell’eccellenza, sia in Svizzera che all’ Estero. La fusione delle due fondazioni con il mantenimento sostanziale degli stessi scopi fu poi realizzata nel 2013 ».
Qual è lo scopo della fondazione e la sua visione?
«Oggi la fondazione, seguite le direttive della sua fondatrice, ormai centenaria, ma tuttora vivace e interessata, finanzia prima del merito e studenti e promuove le istituzioni e le attività di ricerca scientifica nel settore pubblico e in quello privato, normalmente legato alle istituzioni universitarie . Garantisce inoltre il mantenimento e lo sviluppo di un fondo librario che porta anche il nome della signora Cele collocato presso la Biblioteca cantonale di Locarno ».
Quali sono i progetti più significativi finanziati negli scorsi anni in Svizzera, e quali in Italia?
«In Italia sono stati soprattutto aiutati studi scientifici promossi dall’Istituto Mario Negri, attivo nella ricerca sulle malattie rare, ma anche la facoltà di metallurgia dell’Università di Ferrara, in ricordo della formazione professionale e dell’attività industriale di Aldo Daccò. In Svizzera maggiori beneficiari della fondazione sono oggi soprattutto le attività scientifiche dell’Usi, studi promossi dall’Irb (Istituto di ricerche in biomedicina) di Bellinzona, ricerche dell’Irsol di Locarno Monti (Istituto di ricerche solari) e la fondazione di ricerca di giovani appassionati e appassionati Scienza e gioventù ».
Qual è la strategia della fondazione per i prossimi anni e quali interventi avete pianificato per il futuro?
«Una fondazione erogatrice destinata come la nostra promovimento dell’eccellenza scientifica collabora soprattutto con gli enti beneficiari, spesso anche loro delle fondazioni di interesse pubblico, aiutandone lo sviluppo. Cerca però anche di collaborazioni con altre fondazioni erogatrici, per poter garantire una taluna eccellenze scientifiche maggiori appoggi finanziari. In tal senso è da salutare la creazione di una rete di fondazioni erogatrici che si ritrovano regolarmente scambiate informazioni, promuovere iniziative comuni e garantire l’inserimento del Ticino nella rete nazionale ».
Che collaborazioni avete avuto al momento in atto con istituzioni in Ticino?
«Il Ticino deve molto alle fondazioni che assistono le sue istituzioni scientifiche: mi sembra di poter affermare che il mondo delle fondazioni non è estraneo all’importante sviluppo in Ticino del settore della ricerca, voluto prioritariamente dall’autorità cantonale. Si tratta spesso di un aiuto sostanziale, ma poco pubblicizzato, come è spesso il caso in quello che è il modo di finanziamento privato di interesse pubblico. Di tanto intanto però non sarei maschio che la riconoscenza verso i mecenati fosse espressa in modo esplicito, anche per evitare suscitare l’impressione che siano sempre e solo i grandi aspetti economici nazionali a svolgere il ruolo del benefattore ».
Che cosa deve fare una fondazione erogativa come la vostra per sostenere il Ticino in modo innovativo?
«Una fondazione non ha il compito di essere innovativi , perché la fondazione è necessariamente un patrimonio : deve però scoprire quali istituzioni e quali loro progetti possono essere considerati innovativi e di valore e intervenire per promuovere. Quel che può fare in più è lavorare, nell’amministrare i suoi mezzi e attraverso i suoi aiuti a favore della sostenibilità sociale ed ambientale ».