Enrico Carpani

Quelli del turismo ticinese sono numeri senza dubbio molto importanti: nel 2024 sono stati registrati complessivamente oltre quattro milioni di pernottamenti tra alberghi, campeggi e affitti brevi. Eppure questo settore dell’economia cantonale, che genera circa il 10% del PIL e garantisce il 12% dell’occupazione totale si ritrova regolarmente sotto pressione: è successo anche di recente, di fronte ai risultati ottenuti sul piano nazionale – crescita del 2,6% con nove delle tredici regioni in segno positivo – che hanno visto il Ticino chiudere in controtendenza con un assai poco rassicurante -1,5%.

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Angelo Trotta

«I dati statistici possono dire molto, ma non tutto». È con queste parole che il Direttore di Ticino Turismo Angelo Trotta apre la discussione sul tema della serata organizzata allo spazio Metamorphosis. «Dobbiamo tenere conto di alcuni fattori determinanti nel bilancio dell’anno come le condizioni meteorologiche sfavorevoli della primavera e i drammatici eventi che hanno colpito in seguito le nostre valli». Un’analisi semplice ma fattuale, chiaramente sostenuta dalle inconfutabili indicazioni statistiche che mantengono il clima e la natura ai vertici assoluti degli interessi di chi sceglie di trascorrere dei giorni di vacanza nella nostra regione.

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Nadia Fontana Lupi

Il Ticino, insomma, si vende sempre bene soprattutto per le sue caratteristiche climatiche e paesaggistiche. «La bellezza del territorio è fondamentale» aggiunge Nadia Fontana-Lupi, Direttrice dell’Organizzazione Turistica del Mendrisiotto e Basso Ceresio, e «permette di sopperire alla mancanza di strutture di grande capacità ricettiva con l’indiscutibile forza di attrazione delle proprie peculiarità, da quelle più conosciute a livello internazionale a quelle più semplici e ancora da scoprire per coloro che sono alla ricerca di esperienze nuove, legate soprattutto alla sensazione di autenticità dei prodotti».

Chi è chiamato a coordinare la promozione del nostro Cantone agli occhi dei turisti confederati e stranieri è convinto insomma di disporre di parecchie, ottime carte da giocare. Ed è giusto che sia cosi, nonostante la consapevolezza dell’importanza degli sforzi per puntare sulla destagionalizzazione dell’offerta – che si dovrebbero concentrare soprattutto sul tentativo di prolungamento dei periodi di apertura e sull’organizzazione di eventi nei mesi meno favorevoli ai flussi del turismo tradizionale – e sul miglioramento di quella che talvolta è definita una carenza di cultura dell’ospitalità, che indebolirebbe il nostro potenziale di…seduzione rispetto a ciò che avviene in altre realtà fortemente impegnate nel settore turistico e paragonabili a quella ticinese.

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Massimo Suter

L’argomento è evidentemente sensibile in particolare per gli addetti ai lavori nella gastronomia e nel settore alberghiero, gli autentici pilastri di ogni ecosistema turistico. Massimo Suter, Presidente di GastroTicino, considera «che il giudizio sull’offerta locale è talvolta ingeneroso per quanto riguarda in particolare l’aspetto relativo ai costi: spesso non si riesce a fare la differenza tra una proposta di qualità e dunque costosa e un’altra che invece è oggettivamente troppo cara. In Ticino comunque la situazione è allineata con il livello economico del paese e la soddisfazione generale dei clienti più che buona. Certo si potrebbe fare ancora di più, anche sul piano della semplice capacità di accoglienza, ma nonostante l’impegno di chi si occupa della formazione in questo ambito non è sempre facile far passare il messaggio».

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Thomas Brugnatelli

Il tema ricorrente della qualità dell’accoglienza tocca ovviamente più di qualsiasi altro il segmento dell’albergheria di lusso, i cui frequentatori hanno il privilegio di poter scegliere senza alcun condizionamento di natura economica la meta dei loro soggiorni: in un certo senso, quindi, un elemento di concorrenza supplementare da gestire in un contesto mondiale di nicchia che sembra non conoscere alcuna minaccia di flessione. Per Thomas Brugnatelli, da un anno Direttore dell’Hotel Splendide di Lugano, «il problema non si pone all’interno della struttura, in cui siamo in grado di controllare il modo in cui tutto avviene: mi è successo invece di constatare purtroppo che taluni servizi esterni non sempre sono stati all’altezza delle attese di una clientela di alto livello». Una clientela esigente, già: che decide di trascorrere qualche giorno in città «restando per la maggior parte del proprio tempo in albergo, dove riusciamo cerchiamo di fare del nostro meglio per soddisfare le sue richieste».

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Raphael Brunschwig

Raphael Brunschwig, CEO del Locarno Film Festival propone una prospettiva diversa, strettamente legata all’orientamento di una regione come il Locarnese che si è concentrata sugli eventi di grande richiamo. «Se il Festival è diventato quello che è oggi non è stato un caso: dietro al successo di una manifestazione oltre al lavoro di molti c’è la storia, la sensibilità culturale sviluppata nel corso degli anni, la capacità di evolvere e la visione necessaria per trasformarsi. Il nostro progetto di cambiamento di date è il frutto di una riflessione articolata, condivisa con molti interlocutori, per cercare di assumere un ruolo nuovo e più dinamico nel mondo del cinema e riuscire ad ampliare ancora l’offerta di Locarno pur mantenendo la dimensione strutturale della manifestazione nei limiti delle nostre capacità».

Calendari sempre più fitti di appuntamenti, non tutti propriamente di alto livello e quindi poco efficaci quali catalizzatori dell’interesse dei visitatori: questa sembra comunque essere diventata la caratteristica universale e dominante del moderno modello di sviluppo turistico. I pareri in merito sono discordanti e crescono i dubbi e le preoccupazioni su dove si dovrebbe situare il giusto equilibrio tra la soddisfazione per i benefici indotti e l’attenzione per la sua invasività, oltre che per il rispetto di una sostenibilità che sempre di più appartiene alla sensibilità collettiva. Ma allora, il turismo rischia di diventare un male necessario?

Claudio Visentin

Il professore di storia del turismo dell’USI Claudio Visentin, che ha accompagnato lo svolgimento della serata con le sue riflessioni estremamente precise e interessanti, propone in conclusione una chiave di lettura generale inabituale, per certi versi persino provocatoria, affermando che «forse il principale problema sta proprio nelle nostre eccessive aspettative, che ci fanno guardare al turismo sempre e soltanto come a una preziosissima fonte di redditività. È vero che questa è una regola imprescindibile di ogni iniziativa imprenditoriale, ma è anche vero che con questa mentalità si rischia di perdere una certa capacità di giudizio nel valutare la reale qualità dell’offerta e di limitare ogni analisi al suo mero impatto economico diretto e immediato. Il Ticino, nonostante tutto, dispone ancora di margini di sicurezza che dovrebbero consentire una visione più serena, che non sia sempre e soltanto ostaggio dei principi del guadagno e della costante progressione. Alla lunga questo un esercizio che può rivelarsi malsano e pericoloso, perché le cose, soprattutto nel turismo, non funzionano così!».