Fiori e bacche colorati su stampa nera. Taglio sotto il ginocchio, corpino a misura con manica corta e gonna svasata. La creazione è della maison Oscar de La Renta e la stoffa è la seta, quella comasca. Un impegno iniziato dal fondatore della griffe già con Jackie Kennedy, poi proseguito con Nancy Reagan e infine con Hillary Clinton. Quando poi nel 2014 il capostipite muore, i suoi successori portano avanti lo stretto legame professionale con l’artigianato italiano e in particolare con la seta comasca: dalle sponde del Lario infatti arriva il 90% del prezioso tessuto usato dal marchio.

E sempre con Jacqueline Kennedy è iniziata la lunga passerella che ha portato le first lady americane a diventare icone di stile e, molto spesso, a renderle portavoce della sofisticata moda europea fra gli statunitensi. Basti pensare ai tanti abiti Dolce e Gabbana indossati dalle mogli presidenziali e scelti anche da Jill Biden durante la campagna elettorale.

Importantissimo negli ultimi anni l’apporto alla causa da parte dell’elegantissima Michelle Obama. Sempre impeccabile poi Melania Trump, che con passo e sguardo da fotomodella non ha fatto mancare il suo apprezzamento alla seta comasca.
Ma l’arrivo di Jill Biden – il cui nonno siciliano emigrò con i genitori negli Stati Uniti quando aveva solo 2 anni – non passerà certo inosservato ed è destinato forse a portare la questione su un altro livello. Ma qual è la differenza fra la first lady uscente e quella “eletta”? Jill è una donna dall’aspetto più rassicurante, in cui molte di noi possono specchiarsi. Una donna che si barcamena con le difficoltà di tutte tra lavoro, famiglia e (ma questo solo nel suo caso) sostegno a un marito che presto sarà uno degli uomini più potenti del mondo. Il tutto senza rinunciare a un’eleganza mai chiassosa, ma neanche esageratamente discreta, insomma uno stile che non passa inosservato. E quale stoffa meglio della seta comasca può aiutare Jill a raggiungere un tale obiettivo?