Luigi Maria Di Corato, quali sono le ragioni che l’hanno indotta a creare all’interno della sua Divisione tre diversi uffici?
«Sostanzialmente la nostra attività è divisa in tre settori. Il primo settore si occupa del “Patrimonio” culturale cittadino già esistente che comprende una varietà enorme di soggetti. Tra gli altri i monumenti e le sculture nei parchi, gli edifici protetti e gli eventuali restauri, l’Archivio Storico e i beni dell’ex Museo storico. In più ci occupiamo di cultura immateriale, e, ormai da un anno e mezzo, abbiamo avviato un progetto sulle mappe di comunità, che riporta la cultura nei quartieri.
Il secondo settore “Sviluppo culturale” si occupa sia di chi fa dell’arte un mestiere professionale, gli artisti visivi, i musicisti, i danzatori, gli autori, ma si prende cura anche di chi lo fa a livello amatoriale, l’associazione piuttosto che la filarmonica, il coro, la filodrammatica, la band etc.
Il terzo settore “Istituzioni” si occupa delle istituzioni culturali della città. Dal Municipio per il Consiglio Comunale siamo chiamati a redigere i mandati di prestazione per tutte le istituzioni culturali che sono o fondate o partecipate dalla Città, come la Fondazione del Masi, la FMC, Fondazione Cultura e Musei che gestisce il Museo delle Culture, l’OSI Orchestra della Svizzera Italiana, e, dulcis in fundo, il LAC. In base a questi mandati di prestazione abbiamo anche il compito di valutare se essi sono adempiuti oppure no».
Un novero di mandati e compiti impressionante. Come si colloca il LAC tra tutto questo?
«Per il LAC, ente autonomo della città di Lugano questo è un anno molto speciale, molto importante: con la stagione 25/26 si compiono i dieci anni. È cresciuto in maniera ottimale grazie al grandissimo lavoro fatto dal Direttore Michel Gagnon, e dal suo team, che ha saputo far crescere questa istituzione passo dopo passo in maniera organica, senza particolari strappi con coerenza e con una certa dolcezza, parola che mi sembra giusta.
In qualità di Consigliere, assieme all’On. Badaracco che è il Presidente, siedo nel direttivo del LAC di cui fa parte anche l’On. Chiesa, Capo Dicastero Finanze. Siamo i delegati per la città, con la funzione istituzionale di cerniera tra questa e il LAC e responsabili dell’adempimento del mandato di prestazione. Gli altri componenti del Consiglio, nominati dall’Ente stesso o dal Consiglio comunale, sono invece consiglieri indipendenti con una funzione differente.
Il rapporto con LAC è ideale, perché è un esperimento riuscito e un’istituzione che va verso la maturità in piena consapevolezza; un motore che, con Carmelo Rifici direttore artistico per il teatro e per la danza, e ora anche con Andrea Amarante direttore artistico per la musica, ha compiuto il suo progetto. Una struttura con un’apertura costante e continua nei confronti dei cittadini che, senza piegarsi necessariamente al mercato, riesce a fare ricerca e a coniugare una proposta più facile, più allargata, con anche la ricerca di punta. Non credo che quanto propone il LAC sia di “essere per tutti i gusti”, ma è piuttosto il tentativo di adempiere una funzione che al servizio della comunità vada bene per ogni categoria di persone, di riuscire quindi ad essere plurali».
In base al suo mandato, con quali criteri si muove il LAC?
«Credo che avere piena autonomia senza ingerenze sia la giusta ricetta, un criterio che ho avuto la fortuna di condividere con chi mi ha preceduto. Ora si tratta di continuare a garantire la totale autonomia culturale dell’ente mantenendo le condizioni e continuare per il meglio. Chi opera con il LAC fa un buon lavoro perché ha le competenze e deve essere messo nelle condizioni di farlo bene».
La cultura ha anche un ruolo sociale?
«La cultura oggi deve avere necessariamente un ruolo sociale al servizio della comunità. Il concetto stesso di cultura sta cambiando. Mentre una volta era più un momento legato all’intrattenimento, ora si è capito che, in qualsiasi sua forma, è invece un elemento centrale nella vita quotidiana. Non è cultura solo quella che ascoltiamo dentro un teatro o al cinema, ma lo è anche la musica che sentiamo a casa mentre ci riposiamo ed è cultura la lettura di un buon libro. Cultura è anche un edificio fatto da un architetto consapevole o un bel oggetto di design, ma anche un progetto digitale costruito con piena consapevolezza. Tutti ciò che ha valore di civiltà, capace di miglioraci.
Non vedo una gerarchia fra cultura alta e cultura popolare, è importante però dividere la cultura professionistica e di ricerca dalla cultura amatoriale. La nostra società ha bisogno di entrambe, ma gli artisti sono coloro che sono in grado di creare un’opera d’arte, trasformando un semplice segno in qualcosa di universalmente percepibile per il suo valore. Credo che la cultura possa essere per tutti, quando è a servizio della comunità».
Quali sono le proposte che già vanno in questa direzione? Tra i progetti “altri”, quali le vengono in mente?
«Penso al progetto Cultura e Salute, ideato quattro anni fa con la Fondazione IBSA, che grazie alla collaborazione con la Facoltà di scienze biomediche dell’USI è oggi un corso universitario aperto al pubblico con sette incontri in cui presentiamo come la cultura può concretamente contribuire a migliorare la salute delle persone, oltre ad aumentare, come ha dimostrato l’OMS in uno studio del 2019, le aspettative di vita. L’anno in cui si è parlato di musica si è scoperto ad esempio che un brano può avere un’azione analgesica o antidepressiva, che cantare in coro fa bene a chi ha la sindrome di Alzheimer e che la danza può aiutare le persone affette da Parkinson. Si tratta di nuove frontiere, tutte da esplorare, ma che sono già ben delineate da studi quantitativi pubblicati sulle principali riviste scientifiche».
Quali altre funzioni sociali ha la cultura?
«Il solo fatto di stimolare le persone ad uscire di casa per un’esperienza collettiva può creare nuove relazioni sociali; il LAC ad esempio con i concerti gratuiti delle rassegne “En plain air” e “Musica nei quartieri” cerca di avvicinare alla cultura nuovi pubblici, non necessariamente coinvolti nell’offerta culturale del centro».
Sono esperienze molto apprezzate. Passeggiando per le città ticinesi in estate spesso si ha la possibilità di ascoltare una piccola band e di assistere ad una performance. Un pubblico eterogeneo, di diverse età, può godere e apprezzare insieme della buona musica. A questo proposito, di quale tipo di cultura hanno bisogno i giovani di oggi?
«I ragazzi oggi hanno riferimenti molto diversi dai nostri e hanno una vita per metà, o forse per tre quarti, digitale e per metà o per un quarto analogica. Penso abbiano bisogno della “loro” cultura, che è quella che sta accadendo adesso e alla quale non siamo necessariamente invitati a partecipare. Dovremmo essere più disponibili ad ascoltarli e dare delle risposte ai loro interessi, cercando di metterci maggiormente a disposizione per creare le condizioni affinché possano “fare” ed esprimere il proprio punto di vista».
Come vede il futuro culturale di Lugano in generale e nell’ottica del LAC?
«Ne sono entusiasta. Il LAC sta coinvolgendo un pubblico sempre più giovane senza perdere le persone che lo hanno sempre frequentato. E soprattutto sta stimolando la capacità creativa della città, grazie alla nascita di nuove occasioni per chi fa dell’arte la propria professione. Siamo solo all’inizio, ma credo che Lugano si stia affermando sempre di più come capitale culturale della Svizzera italiana, anche se tanto abbiamo ancora da fare per avvicinarci alle possibilità offerta dalle grandi città d’oltralpe. Per questo ci siamo candidati a Capitale culturale svizzera, grazie alla collaborazione inedita con Locarno e Mendrisio».
Chi è Luigi Maria Di Corato
Storico dell’arte ed economista della cultura, ha maturato esperienza sul campo nella gestione di progetti culturali, operato in seno a organismi internazionali e diretto importanti istituzioni caratterizzate dalla collaborazione tra pubblico e privato, quali: il Forte di Bard in Valle d’Aosta (2005-2006), il Museo e Tesoro del Duomo di Monza (2007-2009), la Fondazione Musei Senesi (2009-2014) e la Fondazione Brescia Musei (2014-2018).
Dal 2003 al 2018 è stato docente universitario nell’ambito del management culturale alla Facoltà di Economia dell’Università Cattolica di Milano; dal 2017 al 2018 è stato Presidente dello Strategic Plan Committee dell’ICOM a Parigi. Dal 2018 è direttore della Divisione cultura della Città di Lugano.