Per la piazza finanziaria ticinese è iniziata una nuova era, dato che il quadro normativo all’interno del quale si trova ad operare è cambiato radicalmente negli ultimi anni, con la caduta del segreto bancario per i clienti esteri. Come valuta la situazione attuale? La piazza avrà la capacità di restare competitiva in questo nuovo ambiente?
«Le stime degli esperti indicano ancora in crescita l’attività di gestione patrimoniale in Svizzera, nell’ordine tra il due e il tre per cento l’anno. D’altronde nel raffronto internazionale la piazza finanziaria svizzera, e di riflesso ticinese, continua a vantare condizioni quadro favorevoli: stabilità politica, sociale e monetaria, affidabilità, professionalità e grande offerta di prodotti e servizi. Tutto ciò in un contesto di crescente incertezza in Europa e nel mondo. Non possiamo tuttavia riposare sugli allori. Dobbiamo prepararci per il futuro. Soprattutto la generazione dei nativi digitali vuole avere accesso ai servizi bancari 24 ore su 24, tramite computer, tablet o telefono cellulare, ovunque si trovi. Senza nulla togliere al rapporto personale tra cliente e consulente, che continuerà a restare importante, oggi bisogna investire molto nella digitalizzazione – e noi lo stiamo facendo – in modo da rendere semplice, trasparente e sicuro l’accesso alle informazioni e alle operazioni bancarie. Anche in futuro sarà più che mai importante la formazione continua dei collaboratori».
Negli ultimi anni si è assistito ad una riduzione delle persone attive nelle banche ticinesi. Lei pensa che questo fenomeno continuerà in futuro?
«È probabile che in futuro assisteremo a ulteriori fusioni o raggruppamenti tra gli attori della piazza finanziaria, e dunque non solo delle banche, oltre a operazioni di incremento dell’efficienza, dovute in parte anche all’aumento dei costi per ottemperare alle nuove regolamentazioni. Ciò potrebbe causare un’ulteriore riduzione del numero di collaboratori attivi nel settore».
Parlando delle banche svizzere in generale, si dice che i tassi negativi rappresentano una sorta di “tassa” sul settore, che penalizza i suoi risultati. A suo avviso quanto incide questo fenomeno? Lei pensa che le banche riusciranno alla lunga a non ripercuotere i tassi negativi sui piccoli clienti?
«Nella misura in cui le banche non ripercuotono i tassi negativi sui loro clienti, come è attualmente il caso per i piccoli clienti, questa misura penalizza la redditività delle banche, pesando sui margini d’interesse. Questo potrebbe portare ad un rincaro dei crediti e in ultima analisi anche ad una stretta creditizia, che si ripercuoterebbe in modo negativo sulla crescita economica. Attualmente non constatiamo un’evoluzione di questo genere in Svizzera».
I tassi negativi hanno spinto molto il mercato immobiliare svizzero, e anche in Ticino ci sono delle zone con prezzi elevati. Come giudica la salute del mercato immobiliare cantonale?
«Il livello elevato dei prezzi e i criteri più severi in termini di finanziamento hanno portato ad un rallentamento della domanda di proprietà abitativa: in Ticino come nel resto della Svizzera sono sempre meno le economie domestiche che possono permettersi una casa o un appartamento in proprietà. Grazie alla rapida reazione degli attori del mercato ticinesi, si osserva anche un rallentamento dell’offerta. Unica eccezione è la regione di Bellinzona, dove l’attività di costruzione è ancora in aumento e dove l’ampliamento dell’offerta ammonta attualmente a 2.8% del parco di proprietà abitativa. Il rallentamento dell’offerta ha finora permesso di evitare un aumento delle quote di sfitto, che si trovano a livelli tuttora molto bassi in tutte le regioni ticinesi. Ciononostante, cominciano a farsi sentire difficoltà di commercializzazione, in particolare nel segmento di prezzo elevato. L’indebolimento della domanda si rispecchia nell’andamento dei prezzi, che nel 2016 è stato negativo. La correzione più marcata si è registrata nella regione di Locarno (-3.4%). Nell’insieme si può dire che il mercato della proprietà si sta gradualmente muovendo verso una distensione.
Sul mercato degli appartamenti in affitto, i rischi sembrano al momento gestibili. L’attività di costruzione non è eccessiva, anche se nell’anno in corso prevediamo un aumento nelle regioni di Lugano e Bellinzona. A differenza di molte altre regioni svizzere, per il momento in Ticino non si osserva un calo importante dell’immigrazione dall’estero, il che contribuisce a limitare l’aumento delle quote di sfitto, in crescita marcata in altre regioni svizzere. La quota di appartamenti sfitti con l’1.2% rimane in Ticino al di sotto della media nazionale. Qualche difficoltà in più si osserva nella regione di Locarno, dove la quota di sfitto è relativamente elevata (2.7%), gli affitti all’offerta nel 2016 sono diminuiti e la durata di inserzione è nettamente in aumento».
Lei, oltre ad essere responsabile del Credit Suisse in Ticino, è anche presidente della giuria del Prix SVC Svizzera italiana per le piccole e medie imprese. Quindi si trova in una situazione privilegiata per valutare la situazione delle aziende ticinesi. Come giudica il loro stato di salute e il loro grado di competitività? Il fenomeno del franco forte le sta ancora penalizzando?
«Se guardiamo all’economia ticinese vediamo aziende dinamiche e innovative che hanno ben superato lo shock del franco e – tranne per i settori del turismo e del commercio al dettaglio che attualmente soffrono – le prospettive sono positive. Con lo Swiss Venture Club scegliamo ogni due anni sei aziende particolarmente attive, innovative e radicate sul territorio. Spesso queste aziende non sono conosciute dal grande pubblico, vuoi perché attive in settori di nicchia, vuoi perché i loro principali mercati sono all’estero. È quindi un piacere e un onore portare alla ribalta queste imprese e premiare la loro tenacia nel voler ottenere risultati sempre migliori, creando nel contempo posti di lavoro e indotto per il territorio».
Veniamo ora all’istituto per il quale lei lavora. Nel 2016 il Credit Suisse ha creato la divisione Swiss Universal Bank, che raccoglie le attività elvetiche e che dovrebbe essere parzialmente quotata in Borsa. Cosa implica questo cambiamento per le attività nel nostro cantone?
«Abbiamo creato Credit Suisse (Svizzera) SA per conseguire i nostri obiettivi strategici, per aumentare la resilienza della banca e per adeguarci ai requisiti normativi nell’ambito del “too big to fail”. Di fatto, siamo ora l’unica banca universale interamente dedicata alla Svizzera, quindi totalmente focalizzati sui clienti privati, commerciali e istituzionali svizzeri e sulla soddisfazione delle loro esigenze. Inoltre, come affiliata al 100% del Gruppo Credit Suisse AG, possiamo fare affidamento sulla rete globale e sull’ampia gamma di prodotti e servizi del gruppo. In Ticino sono oggi presenti due entità giuridiche: Credit Suisse (Svizzera) SA e Credit Suisse AG, nella quale sono raggruppate le attività dedicate alla clientela internazionale con domicilio all’estero e le attività del gruppo come l’IT».
Gli imprenditori rappresentano una parte importante della vostra clientela. Come seguite questo segmento del mercato?
«Credit Suisse è nato per volontà di un imprenditore, Alfred Escher, con l’obiettivo di finanziare la ferrovia del San Gottardo. Abbiamo quindi da sempre rivolto un’attenzione particolare al mondo imprenditoriale e continuiamo a farlo anche oggi. Recentemente abbiamo creato in tutte le regioni in Svizzera dei settori specializzati per imprenditori e dirigenti, chiamati “Executive & Entrepreneur Desk”. In Ticino questo settore è diretto da Franco Cancellara che, con i suoi collaboratori, segue sia le esigenze legate all’azienda, sia quelle legate al patrimonio dell’imprenditore, dalla previdenza alla successione aziendale».
Il Credit Suisse ha varato una ristrutturazione che contempla anche una riduzione del personale. Come sta procedendo la ristrutturazione?
«Nel 2015 la banca ha annunciato un piano di riduzione dei costi che prevede 1’600 posti di lavoro in meno in Svizzera entro il 2018, per la maggior parte nella sede centrale di Zurigo. Da parte nostra ci impegniamo a ridurre i posti nella maniera più indolore possibile, ossia sfruttando la fluttuazione naturale e cercando possibili alternative all’interno del Gruppo. Nel contempo continuiamo a investire sia in collaboratori qualificati, sia nella nostra piattaforma bancaria in modo da cogliere le opportunità di ulteriore crescita».
Voi siete attivi in Ticino da oltre un secolo. Come si sviluppano i vostri rapporti con il territorio? Avete in corso molte iniziative per segnalare la vostra presenza in campo sociale e culturale?
«Da molti anni testimoniamo la nostra presenza sul territorio sostenendo un buon numero di iniziative in campo culturale, sportivo e sociale. Sin dal 1992 abbiamo sponsorizzato le esposizioni al Museo d’Arte della Città di Lugano. Da quando esso si è unito al Museo Cantonale d’Arte, trasferendosi al LAC, siamo diventati partner principale sia del MASILugano (Museo d’Arte della Svizzera Italiana), sia del LAC. Inoltre, da molti anni sosteniamo Estivaljazz. Tramite la Credit Suisse Foundation elargiamo ogni anno importanti contributi a organizzazioni senza scopo di lucro, come per esempio l’Associazione Malattie Genetiche Rare della Svizzera italiana e la Fondation Art-Thérapie per un progetto all’EOC di Lugano. Inoltre, siamo vicini al mondo accademico con i Credit Suisse Awards for Best Teaching assegnati a professori meritevoli dell’USI e della SUPSI, e con i Credit Suisse Awards for Excellent Writing, elargiti agli studenti che scrivono per la rivista universitaria L’Universo».