Dopo la parentesi politica lei è tornata alla sua professione di avvocato. Che cosa ricorda con maggiore piacere dell’esperienza di Sindaco di Locarno e qual è invece il suo maggiore rimpianto?

«È una domanda che mi è stata rivolta spesso negli ultimi anni, e su cui ho avuto modo di riflettere con attenzione. Ho individuato tre obiettivi o campi d‘azione che hanno dato particolarmente valore alla mia esperienza di Sindaco.

Il primo: l’assiduo, certosino lavoro, in particolare con la compagine municipale a maggioranza femminile eletta nel 2004, che permise di risanare le finanze della città. Ecco, questo aspetto del risanamento finanziario: ci ha permesso di riportare la città in cifre nere, anche con importanti avanzi d’esercizio, e ha quindi consentito di riacquisire i necessari margini d’azione politica, e portare avanti la progettualità che ha poi avuto il suo culmine con l’edificazione del Palacinema. Quando i conti in casa sono a posto, ci si muove con più agio!

Il secondo momento è senz’altro riconducibile alla pedonalizzazione di Piazza Grande nel 2007, per fare in modo che il centro cittadino tornasse il salotto bello della città, un luogo d’incontri e manifestazioni (non un posteggio).

Il terzo momento è legato alle grandi lotte per la realizzazione del Palacinema, riuscendo a coinvolgere numerosi partner pubblici e privati, ciò che ha garantito la necessaria sostenibilità finanziaria del progetto. Oltre che ad offrire “una casa al Pardo”, come spesso è stato detto, si trattava di dare una prospettiva di sviluppo alla manifestazione culturale che per noi ticinesi e per tutta la Svizzera costituisce il gioiello più prezioso, e creare le fondamenta per un Centro cantonale di competenze cinematografiche e audiovisive. Non ho rimpianti se non una nota nostalgica, di quel saluto d’inizio anno alla popolazione, che rappresentava sempre un momento di sincera vicinanza: era un abbraccio più che simbolico con la popolazione».

Lei resta in ogni caso molto legata alla sua città occupandosi con ruoli diversi del Palacinema e del Festival. In che modo le attività cittadine legate al mondo del cinema hanno superato la pandemia e quali prospettive si intravedono per il futuro?

«Come le dicevo, con la creazione del Palacinema si è voluto avviare un laboratorio creativo con la presenza degli attori nel campo dell’audiovisivo, con attività sull’arco di tutto l’anno, non solo durante gli undici straordinari giorni di Locarno Film Festival. Quello del Palacinema era ed è un cantiere ben radicato nel contesto locarnese e al contempo rivolto oltre i confini locali, e con un impatto per le prossime generazioni, come ho avuto tante volte modo di sottolineare, e questa struttura rappresenta per definizione un progetto di sviluppo rivolto appunto al futuro. In questo senso relativizzo senz’altro l’impatto della pandemia. Significativa è la recente prestigiosa creazione ad opera di USI e Locarno Film Festival della Cattedra “Locarno Film Festival Professor for the Future of Cinema and Audiovisual Arts”, con la nomina del professore statunitense Kevin B. Lee, che inizierà la sua attività il prossimo 1 gennaio 2022. Sono convinta che questa attività accademica, che va a completare in modo importante i contenuti formativi dati sin dagli inizi del progetto con la presenza del Conservatorio internazionale di scienze audiovisive (CISA), contribuirà ad innovare l’ambito culturale e accademico locale ed internazionale».

Quest’anno ricorrono 50 anni dal riconoscimento del diritto di voto alle donne svizzere. A che punto siamo sul piano dell’emancipazione femminile e cosa resta ancora da fare?

«Certo, un’importante ricorrenza, questo 50mo, e non solo per le donne. E siamo solo ad una tappa intermedia, posto che si tratta di riverificare e praticare nel quotidiano una parità di genere che richiede l’assunzione di responsabilità sia da parte delle donne che degli uomini. Del resto chiediamoci: c’è qualche aspetto della vita personale o sociale che non necessiti di un miglioramento, che non richieda un perfezionamento o un approfondimento? Pensiamo alle tematiche ecologiche, che diverranno sempre più pressanti, alle questioni emergenti in tema di salute, come abbiamo ben potuto constatare, alla distribuzione della ricchezza, ai toni del dibattito politico e sociale, tanto per citare solo alcune grandi questioni. Insomma, la parità di genere è solo uno degli innumerevoli temi con cui ci troviamo confrontati. Del resto più che chiedersi cosa resta ancora da fare, è importante interrogarsi su cosa vogliamo lasciare alle prossime generazioni. L’impegno ad offrire un modello ideale è indubbiamente importante. Non a caso, mi piace ricordarlo, nel 2006 è stato insignito di un award per la politica il modello che aveva caratterizzato i miei anni in Municipio con la presenza di quattro donne, di quattro partiti diversi, accomunate dalla volontà di migliorare la qualità di vita della propria cittadinanza».

In particolare, il mondo dell’avvocatura in Ticino resta ancora una roccaforte del potere maschile o si è aperto ad una autentica parità di genere?

«Come dicevo prima, non c’è un aspetto della vita e non c’è una professione che non richieda un perfezionamento. Vale per gli uomini, e vale per le donne. Se vogliamo che le nuove generazioni acquisiscano maggiore equilibrio in questo ambito, é necessario che nelle classi scolastiche si sostenga il pieno sviluppo di tutti gli alunni, sia maschile che femminile. Puntare a sviluppare l’eccellenza, ossia le doti presenti nei singoli allievi, e curando lo spirito collaborativo sin dai primi anni non potrà che rendere migliore la società in cui viviamo. D‘altro canto, nel mio studio applico i medesimi criteri di collaborazione attiva e di valorizzazione delle singole competenze».

Lei è specializzata in diritto sanitario e responsabilità medica: ritiene che nel corso della recente pandemia i diritti dei cittadini siano stati adeguatamente tutelati o ha rilevato importanti lacune?

«Di fatto, in studio non sono ancora pervenuti dei casi di malasanità legati alla pandemia, e a dire il vero anche i classici casi di violazione dell’arte medica nel periodo di crisi acuta avevano subito un rallentamento poiché l’onda pandemica ha avuto un impatto talmente pervasivo e totalizzante da mettere in secondo piano le altre fattispecie. Del resto siamo ancora talmente “dentro la storia” che un’analisi sufficientemente ragionevole non è ancora possibile. L’eccezionalità della situazione è data anche dal fatto che vengono coinvolti ambiti basilari dell’esistenza, infatti oltre al tema della salute, individuale e pubblica, questo virus ha messo in crisi la già delicata situazione economica, oltre che la sfera delle libertà individuali. É questo intreccio che rende la situazione confusa, esplosiva e di non facile comprensione, oltre che soluzione. I dati ci mostrano che il vaccino ha a tutti gli effetti la funzione di mitigare le reazioni devastanti del virus su coloro che si sono dimostrati particolarmente sensibili, oltre che evitare il collasso delle strutture ospedaliere. Stiamo a vedere come si sviluppa la ricerca in questa direzione. Personalmente ritengo che la ormai lapalissiana indicazione di neutralizzare la propagazione del virus, e quindi di non infettarsi (o infettare), resti l‘unica certezza a cui affidarsi e che a ben vedere risolverebbe a monte tutta la complessità che stiamo respirando e che ci sta letteralmente intossicando».

Per il futuro, cosa vorrebbe vedere realizzato a Locarno e in Ticino, ed esclude la possibilità di un suo ritorno alla politica attiva?

«Locarno ha avuto un passato glorioso avendo tra l’altro accolto negli anni ’20 del secolo scorso -siamo oramai a ridosso del centenario-, un evento di portata non solo locale o nazionale ma addirittura continentale e mondiale: il Patto della Pace, la cui funzione fu quella di applicare concretamente lo spirito della negoziazione, a cui gli storici diedero il nome di “esprit de Locarno”. È stata dunque la sede di un evento significativo per la costituzione di un Europa unita. Che Locarno abbia nel suo DNA questo spirito internazionale è ben evidenziato dal Festival del film. Prevedo che in futuro ci saranno sempre più manifestazioni a carattere internazionale e mi auspico che Locarno sempre più venga riconosciuta come terra ideale per portare cultura e pace. Far politica significa anche lanciare qualche idea…».