Sono passati dieci anni dalla mia ultima intervista a Giuseppe Rossi. Era appena stato nominato direttore dello Splendide e davanti a lui c’erano grandi sfide, anche perché il precedente direttore, Aniello Lauro, era stato molto apprezzato sia dai clienti, sia dal personale. Il suo carattere solare e la passione lavorativa l’hanno sicuramente aiutato e grazie a lui lo Splendide ha saputo rinnovarsi, mantenendo quell’atmosfera storica e unica dei Palace, che hanno dato inizio al turismo di lusso a fine ‘800.

Incontro Giuseppe un sabato mattina per colazione direttamente nella hall dell’albergo.  È appena rientrato da Parigi.

Com’era Parigi? Caldissima come Lugano?

«Ancora di più. Ci sono stato per lavoro, quindi ero continuamente impegnato. Forse non lo sai ma a Parigi abbiamo dodici bellissime suites e un ristorante, l’albergo si chiama anche Splendide Royal e il ristorante Tosca, ogni tanto devo andare a vedere se tutto va bene (sorride). L’albergo è situato nel cuore del Faubourg Saint-Honoré, nella casa dove abitava Pierre Cardin, e devo dire la verità: sono sorpreso da come gli stessi francesi amino la cucina italiana. Naturalmente ho anche approfittato della trasferta per andare a fare un giro negli altri alberghi».

Ma allora è vero che nella ristorazione e nell’albergheria esiste una sorta di spionaggio?

«Certo (divertito), in alcune occasioni mi presento o vengo riconosciuto, mentre altre volte vado come un semplice cliente. Ad esempio questa volta sono stato a visitare il nuovo giardino di un albergo molto rinomato, questo perché qui allo Splendide stiamo ultimando la zona esterna della nuova Spa e quindi volevo capire come sfruttarla al meglio. Sai nell’albergheria la parte estetica evidentemente è importante, ma non bisogna dimenticare la logistica, che è essenziale».

Quando sono arrivata questa mattina ho respirato l’atmosfera di sempre, è come se qui allo Splendide il tempo non passasse mai, anche se avete investito molto per rinnovarlo…

«L’ultima volta che ci siamo visti qui era dieci anni fa… da allora le cose naturalmente sono cambiate. Tu sai benissimo che succedere ad una persona che aveva lavorato allo Splendide per 41 anni, ed era stato direttore per 30, non è stata cosa facile…».

Ma tu eri il suo pupillo…

«Sì, ma è successo tutto all’improvviso, e questo non ha facilitato il mio compito. Fortunatamente la clientela, il proprietario Dr. Naldi, il personale mi hanno dato fiducia e oggi posso dire di essere soddisfatto.

(Ci servono il caffè con dei biscottini e ne approfittiamo subito) La nostra è una clientela che frequenta i migliori alberghi d’Europa, sì perché lo Splendide ha sempre fatto parte di quel circuito di Grand Tour, prima con le famiglie reali e la nobiltà, poi con i benestanti e gli imprenditori di successo e oggi con il turismo d’élite, quindi in questi dieci anni abbiamo dovuto intraprendere un processo di ristrutturazione e valorizzazione dell’albergo per essere sempre al passo con i tempi».

Senza però stravolgere l’anima dell’albergo…

«Questo era uno degli obiettivi primari. Spesso con l’arrivo di un nuovo direttore si tende a voler cambiare, non è stato il nostro caso. Lo Splendide, rispetto ad altri alberghi, ha sempre avuto una clientela abituale. Qui non abbiamo il lusso ostentato, qui puntiamo sul servizio e la qualità. Ci siamo focalizzati sulla ristrutturazione delle camere, mantenendo inalterato lo charme – con un profilo basso – e apportando importanti migliorie tecnologiche. Allo stesso tempo abbiamo ampliato il servizio con il nuovo ristorante gastronomico I Due Sud. Per quanto riguarda il ristorante La Veranda sono state reintrodotte alcune proposte classiche, sempre molto apprezzate, come il servizio flambé. Il bar invece è stato messo all’entrata e abbiamo anche una cantina a vista, il Forziere del vino, con molte etichette locali. Uno dei nostri desideri, infatti, è quello di connetterci con il territorio, offrendo esperienze locali anche a chi arriva dall’estero. Chi viene da lontano vuole vivere la città, nel comfort sì, ma comunque desidera arricchirsi di nuove sensazioni, dunque tutte le esperienze sono essenziali: la gastronomia, il panorama, gli abitanti della città, il personale… insomma tutto ciò che riesce a trasmettere emozioni, infondo non c’è miglior pubblicità che il passaparola (sorride)».

E cosa mi dici della nuova terrazza?

«Dopo te la mostro, comunque non è l’unico cambiamento strutturale, abbiamo anche una nuova sala banchetti e una Spa. Ci siamo trasformati da “city hotel” in un “urban resort”, ossia un albergo che pur essendo vicino alla città offre tutti i confort della vacanza. Sfido chiunque a trovare una struttura dove ci si sveglia il mattino e dalle finestre si vede questo panorama (guarda il lago)».

Ogni tanto dimentichiamo che l’albergo è aperto anche a chi a Lugano ci vive…

«Certo, noi vogliamo aprirci ancora di più anche a coloro che la città la vivono tutto l’anno. Lo Splendide è rimasto uno dei pochi Palace Hotel ancora in vita e va goduto anche dai luganesi. Con la nuova piazzetta, la sala banchetti e i ristoranti vogliamo arricchire l’offerta generale della città. Ogni anno ci divertiamo ad organizzare una serie di eventi rivolti principalmente ai nostri ospiti locali. I nostri ospiti internazionali inoltre desiderano conoscere i ticinesi, vogliono scoprirne le abitudini, per, come detto prima, arricchirsi di emozioni. In questo senso il concetto di urban resort è estremamente importante, perché si tratta di una struttura aperta a tutti, capace di arricchire l’offerta cittadina».

Hai parlato di ultimo Palace, ma sul Ceresio ci sono molti alberghi, anche di lusso, e tutti con le loro caratteristiche. Pensi che ci sia un buon equilibrio tra domanda e offerta?

«Sai (riflette) in passato tra gli alberghi c’era concorrenza, oggi, e ne sono convinto, non siamo più in competizione l’uno con l’altro e noi albergatori l’abbiamo capito. Il concetto base è che tutti noi dobbiamo fare turismo e per farlo dobbiamo essere coesi, dobbiamo avere la capacità di valorizzare, uniti, la destinazione».

Quando parli del tuo lavoro ti si illuminano gli occhi, ma come mai tanta passione?

«Proviene dal mio forte desiderio di donare, di poter, attraverso un gesto, un servizio, far piacere a qualcuno. E questo, immagino, sia il motivo principale per cui Lauro abbia deciso di darmi fiducia. Per anni lo Splendide è stato una grande scuola, Lauro è sempre stato molto generoso, lui ha visto in me questa mia disponibilità ad essere sempre al servizio degli altri. Non va dimenticato, e ci tengo a dirlo, che la parola servizio è un atto nobile, perché attraverso un gesto rendi qualcuno felice».

Ma come fai con gli ospiti difficili, immagino che ce ne siano, soprattutto con la vostra clientela, molto esigente e abituata ai migliori alberghi?

«Per me è una sfida, perché chi fa il mio mestiere, e non parlo solo del direttore, ma anche del barman, del portiere, della cameriera ai piani, lo fa perché ha la capacità di donarsi».

Sarebbe bello se tutti coloro che lavorano nell’albergheria e nella ristorazione fossero così, purtroppo non sempre si viene accolti con un sorriso o con la vostra ospitalità…

(Compiaciuto) «La verità è che trovare il personale è la cosa più difficile in assoluto. In questo senso ho adottato la strategia di Lauro: ho formato il mio personale e, lo dico con piacere, sono molto soddisfatto. Quando parlo della formazione non parlo solo di insegnar loro un mestiere, ma anche dell’aspetto psicologico, della capacità di prevedere quelle che sono le esigenze, cogliere quel segnale che il cliente mi dà per poterlo sorprendere. Si tratta di qualcosa di complesso, dell’intelligenza emotiva che mi aiuta ad anticipare i bisogni di chi mi sta accanto. Pensa che noi investiamo ben 300 ore all’anno nella formazione».

Le scuole Svizzere sono ottime, penso alla rinomatissima di Losanna, questa non è una garanzia di qualità?

«Puoi essere anche stato il miglior studente ma se non hai, nel senso più nobile del termine, la capacità di donarti all’altro, il titolo di studio non serve a nulla».

Dunque si tratta di un dono, di qualcosa che qualcuno ha o non ha…

«Sì, ne sono assolutamente convinto. È una missione, una vocazione e io lo vedo subito se un giovane ha questa capacità, se è capace di andare verso l’ospite e cogliere le sue richieste prima che queste arrivino. Sai quante volte mi è capitato di dire ad un giovane di cambiare mestiere perché si vedeva che non gli piaceva e anche i clienti se ne accorgevano? Anche se può sembrare il minore dei mali…  se non ti piace quello che fai, inizi un circolo vizioso e a causa dell’insoddisfazione lavorativa rischi di mettere a repentaglio anche la tua vita privata. Contrariamente mi è già capitato di assumere un ragazzo che non ha mai frequentato una scuola alberghiera, ma che con il suo sorriso e la sua disponibilità riesce a conquistare e a dare la giusta fiducia ai nostri ospiti».

Immagino che quando visiti altre strutture osservi anche il personale?

«Soprattutto il personale, perché il personale deve avere gli stessi valori della struttura che ti ospita. Se i miei valori sono gli stessi dell’albergo, dell’azienda in cui lavoro, riuscirò a dare il massimo, ma se i miei valori sono in contrapposizione… qui nascono i problemi. Ti è mai capitato di andare in un albergo bellissimo dove, già all’entrata, ti guardano dall’alto al basso perché ti sei messo un jeans? Ecco questa non è accoglienza, questo è giudicare».

A dire la verità, purtroppo, capita anche nei negozi…ma torniamo al passaparola, prima dicevi che resta sempre la miglior pubblicità…

«Assolutamente! Oggi non è più importante quello che io dico su di me, ma quello che gli altri dicono di me. Negli anni ho imparato che non bisogna mai ostentare un prodotto, perché rischi di deludere la tua clientela. Più ti presenti con un profilo basso, meno aspettative crei e dunque puoi giocare l’effetto sorpresa. Questo concetto è importantissimo perché se creo un’immagine irreale di un luogo rischio di ottenere l’effetto contrario, in poche parole rischio che l’ospite non riesca a percepire neanche la bellezza reale del posto in cui si trova».

Quante cose a cui pensare, ma tua moglie e i tuoi figli? Loro ormai saranno grandi… hanno seguito le tue orme?

«No, forse si sono spaventati di quanto ho lavorato quando erano piccoli (ride). Sai mia moglie mi ha sempre capito, ha capito fin da subito che il mio lavoro era importante perché lo facevo con amore. Per i miei figli è diverso, ora vedono un uomo realizzato, mentre quando erano piccoli mi vedevano sempre in viaggio, anche perché la mia famiglia è sempre stata a Lugano e io andavo e tornavo, ero sempre con le valigie in mano».

Avresti potuto lavorare in altre bellissime città, ma sei tornato a Lugano per restarci…

«Credo che Lugano, dal punto di vista di chi la visita, sia una città eccezionale, ma che purtroppo soffre per non aver saputo convertire nel tempo reale questo cambio di turismo e lo dico con il massimo rispetto. Negli ultimi dieci anni le cose sono cambiate molto, prima i nostri ospiti erano per il 60% uomini d’affari, attualmente abbiamo soprattutto turisti. Penso che ora tutti noi dobbiamo lavorare assieme per valorizzare la destinazione. Dobbiamo renderci conto che siamo percepiti in modo positivo all’estero, quando l’ospite arriva a Lugano è contento, quello che dovremmo imparare a fare è comunicarlo al mondo intero, ma non è così semplice».

Quindi ancora una volta la comunicazione è basilare…

«Sì, basti pensare a tutto quello che si può fare in Ticino, penso alle offerte culturali, ma anche sportive… sono moltissime e a volte le diamo per scontate, ma se diventassimo bravi comunicatori avremmo sicuramente più successo. Dovremmo riuscire semplicemente a raccontare la nostra storia, senza esagerare, ponendoci esattamente così come siamo, perché non ci si può non innamorare di Lugano».

Terminiamo la chiacchierata passeggiando. La sala banchetti è splendida, bianca, luminosa e la terrazza, rialzata, permette di stare in riva al lago senza vedere la strada. Entriamo anche nella Spa dove ci sono diverse sale massaggi, saune, angoli dove rilassarsi nel massimo della privacy e una piscina coperta.  Ma quello che mi resta maggiormente impresso dall’incontro sono le parole rivolte al personale, persone che dedicano la loro vita al servizio con una nobiltà d’animo invidiabile.