Avrei veramente voluto incontrare un’icona del design, anche perché dalle sue interviste risulta essere uno spirito libero, in controtendenza con i borghesi da salotto che spesso associamo alle persone di fama mondiale. Ma a causa dei suoi numerosi impegni lavorativi, i continui viaggi, le tempistiche redazionali. Mi sono dovuta accontentare di un’intervista epistolare, o meglio: di semplici mail.

Lei è ritenuto uno dei più importanti architetti e designer italiani. È sempre riuscito a mantenere il giusto equilibrio tra notorietà e normalità?

«Le rispondo con un pensiero di Mies van der Rohe (architetto e designer tedesco): “Bisogna sempre sognare con la testa fra le stelle, ma rimanere con i piedi per terra”. Questo è un po’ il mio stile di vita. Nel lavoro, così come nella quotidianità, per me è sempre stato importante mantenere un impegno creativo e professionale molto alto, così da poter creare una riconoscibilità legata al mio nome. Certo che, dopo essere riuscito a diventare un brand, avere un atteggiamento altezzoso può essere una tentazione, ma tenere il giusto equilibrio tra notorietà e normalità fa parte del mio essere quotidiano».

In molte professioni l’essere sicuri di sé stessi, penso ad esempio ai grandi medici, è una caratteristica essenziale. Anche nel suo caso?

«Nella mia vita ho sempre cercato di raggiungere gli obiettivi prefissati. L’essere determinati nelle scelte e nelle azioni comporta sicuramente un forte carattere nel quale mi riconosco, ma questo non deve mai scavalcare le regole ed il rispetto dell’essere umano. Un leader è quella persona che sa essere determinata, che gode di stima e rispetto, ma nello stesso tempo si rivolge ai suoi interlocutori con educazione, intelligenza e professionalità».

Guardando le fotografie pubblicate sui giornali e siti internet lei cura molto l’aspetto fisico. Quanto conta la bellezza nell’arte del progettare?

«Ritengo che l’immagine sia molto più importante della bellezza fisica. Essere eleganti sia nell’anima che nella componente estetica è un valore che nel tempo premia. Grazie al mio lavoro ho avuto l’opportunità di viaggiare in tutto il mondo, conoscere e condividere esperienze con tante persone eleganti e raffinate che mi hanno dato la possibilità di crescere velocemente. Da loro ho imparato il saper ascoltare ed il confronto, ingredienti fondamentali per il successo».

Quanto è importante il sapersi vendere, la comunicazione, paragonati alla bravura?

«La comunicazione oggi gioca un ruolo fondamentale, viviamo in una società ormai globalizzata, dove la velocità di informazione ha raggiunto livelli altissimi. Saper comunicare le proprie capacità ed esperienze permette di valorizzare il proprio lavoro e mettere in luce le proprie potenzialità. Credo che la bravura, associata al valore comunicativo, sia un’accoppiata vincente. Resto comunque del parere che oggi, come in passato, il valore delle persone si misura sul campo, in ogni caso».

Designer o architetto? Una fusione o due professioni?

«Partendo dal concetto che architettura e design rappresentano un linguaggio di segni, di valori materici e compositivi, un alfabeto che permette di dialogare con il pubblico, dividere le due professioni diventa difficile. Certamente il mondo del design fa parte della mia storia, una crescita importante che mi ha permesso di farmi conoscere nel mondo. L’Architettura…ha un fascino diverso, si lavora su macroscala con problematiche differenti e tempi molto più lunghi, ma poi risulta il contenitore dove sperimentare e valorizzare l’interior in termini di design».

Nato nella Provincia di Como oggi lei è legato molto al Ticino…

«Sono nato e cresciuto a pochi chilometri dalla Svizzera e ho sempre condiviso la realtà ticinese come scelta di vita e opportunità. Il territorio elvetico mi ha sempre attratto sin da giovane per il rispetto delle regole e per la qualità di vita. Ho iniziato a Lugano alcuni progetti importanti di interior undici anni fa, con clienti colti e preparati, questo mi ha permesso di creare sinergia con diversi personaggi che mi hanno dato fiducia e credibilità. Per questo ho subito scelto con entusiasmo e determinazione di spostare la mia residenza ed i miei interessi privati e professionali a Lugano. Per quanto riguarda i progetti di Architettura e Interior da sette anni con il mio socio Paolo Colombo, abbiamo creato il Brand A++, che lavora su progetti  a larga scala, mentre con la famiglia Amini è nata una partnership a Zurigo e Andermatt dove siamo coinvolti come progettisti e Developer nel settore del Real Estate».

Il suo lavoro è la sua passione, questo lo si capisce da come parla ai giornalisti. Un’arte ereditata o che già faceva parte della sua infanzia?

«Come tutti i bambini nati in un contesto familiare sereno, ho vissuto un’infanzia altrettanto tranquilla. Sicuramente attratto dal bello, dalle forme nobili e dalle auto sportive. Ho sempre ammirato il lavoro di mio padre – abbiamo una falegnameria – il senso della materia e delle proporzioni, la bellezza e la capacità di poter e saper creare degli oggetti da un materiale ancora grezzo. Ho sempre disegnato, ma soprattutto amavo sperimentare… non era il tempo di oggi con cellulari o computer… quando ero un ragazzino esisteva solo il foglio bianco con il quale confrontarsi, tutto quello era eccitante».

Lo studio d’architettura che ha fondato con il suo socio è cresciuto moltissimo negli ultimi anni e ora conta 120 collaboratori. Che tipo di capo è?

«All’interno dello studio cerco sempre di essere me stesso, sapendo la responsabilità che mi viene attribuita. Importante è dimostrare ogni giorno coerenza dando l’esempio di autorevolezza e professionalità, impegno e determinazione. Saper condividere con i ragazzi ed il mio socio un lavoro di squadra fatto di sinergie e competenze. Avere un atteggiamento mai sgarbato e premiare i collaboratori quando il risultato rientra nelle aspettative dello studio e del cliente. Tutto queste esperienze, se vissute in modo costruttivo, formano personale altamente qualificato che talvolta è in grado di poter vivere la propria esperienza lavorativa».

Molto si è disegnato, come ci si accorge di non “rubare” idee ad altri?

«La componente culturale del progetto è l’essenza che è in grado di discernere quello che ritenuto copia rispetto ad una interpretazione di segni appartenenti al passato. Il rispetto delle regole è fondamentale per la crescita del progettista. Il concetto di memoria, ironia, funzione, sono ingredienti fondamentali per la buona riuscita di un progetto. Ho sempre cercato di fare tesoro di queste “regole” che sono per me oggetto di riflessione e crescita».

Lei è stato scoperto durante i suoi studi, un grande talent scout vide un suo progetto e lo mise in produzione. Fortuna oppure ci sarebbe comunque arrivato?

«Devo l’inizio della mia carriera come designer al più grande talent scout del nostro settore: Giulio Cappellini. Tutti i più grandi designer al mondo sono stati scoperti da lui. Ricordo ancora quel momento, era il 1992 ed ero ancora studente al politecnico di Milano quando decisi di portare presso la sua azienda un prototipo di una poltrona. Fu subito un successo: la vide e venne presentata al salone del mobile. Lo stesso anno iniziai a collaborare con altri brand famosi del design e terminata la laurea avevo già uno studio avviato con clienti importanti. Tutto il resto non è stato altro che determinazione, voglia di fare ed arrivare agli obiettivi preposti. Una sfida verso me stesso e la passione sfrenata per questo meraviglioso lavoro».

Viaggia sempre, troppo?

«I viaggi per il mondo fanno parte da anni della mia vita. Ho sempre la valigia pronta per accettare nuove sfide e affrontare nuovi progetti. Per me viaggiare significa arricchire il proprio bagaglio culturale di nuovi valori, di esperienze e stili di vita differenti, non solo lavoro. Sapori, atteggiamenti, esperienze che ti porti dentro e che nel tempo si tramutano in progetti ben calibrati e maturi, ricchi di quelle emozioni, tesori che dipingono il foglio bianco».

Non parla spesso della sua famiglia…

«Nella mia famiglia ho un fratello che ha seguito le orme di mio padre con grande maestria, mi ha sempre aiutato da giovane a realizzare prototipi e concretizzare le mie idee. Ho un figlio che studia a Londra e vivo la mia vita con Lorenza, che da anni è al mio fianco con passione e gioia per la vita».

Per terminare ancora due domande legate al Ticino, come lo vede a livello architettonico?  Non pensa ci siano troppi architetti?

«Il Ticino, come tante altre realtà, ha la possibilità di crescere in termini di linguaggio architettonico e compositivo. Esistono aree ormai datate, interventi del passato che hanno lasciato i segni del tempo e una riqualificazione porterebbe valore economico a questo territorio che ha tantissime potenzialità ed iniziative da esprimere. Non è importante il numero degli architetti, ma il talento di ognuno. Il nostro non è solo un lavoro, ma un processo creativo-sociale che – se fatto bene – porta valori positivi e di crescita a tutta la comunità e al territorio».

Il valore più importante?

«L’ Amore».

La stanza che preferisce?

«La sala da bagno».

Un sogno…

«Avere tempo per sé stessi».

Il tempo… il prezzo del successo? Di una vita sempre alla ricerca di qualcosa o un lusso che mal si sposa con i ritmi frenetici che ci imponiamo e che ci rubano l’unica cosa che potremmo veramente poter pretendere da noi stessi.