Clay (Gian Claudio) Regazzoni era nato a Lugano il 5 settembre 1939 e fra le auto imparò a muoversi fin da bambino. Il padre Pio, era il sindaco del comune di Porza e titolare di un’avviata carrozzeria a Mendrisio dove Clay, dopo aver frequentato le scuole a Lugano, andò a lavorare.
La sua carriera agonistica è stata degnamente celebrata nella storia dell’automobilismo mondiale. Basterà dunque qui ricordare che il suo esordio nel mondo delle corse risale al 1963 quando partecipò a diverse prove del campionato svizzero con una Austin Sprite. Nel 1965 acquista una De Tomaso di F3 che poco dopo sostituirà con una Brabham. Nel 1966 corre con la Brabham in Formula 3, dove due anni dopo ottiene la sua prima vittoria.
Una data sicuramente importante è quella del 31 dicembre 1968 quando firma il suo primo contratto con la Ferrari per le gare di F2. Bisognerà tuttavia attendere il 1970 per vederlo debuttare in F1 con la Ferrari, classificandosi al 4° posto. Alterna le gare di F2 con quelle di F1 dove, al suo quarto Gran Premio (quello d’Italia a Monza) ottiene la sua prima memorabile vittoria con la rossa vettura n. 4 di Maranello. Lo stesso anno partecipa alla 24 Ore di Le Mans con una Ferrari 512 S Sport Prototipo.
Ormai Regazzoni è un protagonista assoluto delle gare automobilistiche e, a partire dal 1971, si dedicherà quasi esclusivamente alla F1, arrivando a sfiorare nel 1974, sempre con la Ferrari, il titolo mondiale. Una sola vittoria (il GP di Germania) ma tutta una serie di risultati positivi lo portano a lottare per il titolo.
Nel 1975 Clay è ancora con la Ferrari ed ottiene nuovamente degli ottimi risultati (vince il GP d’Italia) e si classifica al quinto posto nel mondiale. Posizione che ripete anche l’anno successivo (1976) dove vince il GP degli USA. E qui si chiude definitivamente il capitolo Regazzoni-Ferrari. Negli anni successivi corre per McLaren, Shadow, Williams con cui nel 1979 vince il GP d’Inghilterra. Complessivamente Clay Ragazzoni vanta 132 partecipazioni al mondiale dove ha ottenuto cinque vittorie, 13 secondi posti, 10 terzi posti e tutta una serie di piazzamenti, e realizzato per ben 15 volte il giro più veloce in gara. Dunque un curriculum di tutto rispetto, tuttavia insufficiente a spiegare la popolarità e il grande affetto di cui ha sempre goduto, sia durante la sua carriera sportiva che soprattutto nel corso degli anni successivi.
Il punto di svolta dettato dal destino risale al 30 marzo 1980, sul circuito di Long Beach negli Stati Uniti quando, mentre correva a 250 km/h, un improvviso guasto tecnico gli impedì di frenare nell’affrontare una curva andando ad impattare contro un muretto di cemento. Il pilota uscì miracolosamente vivo da quello scontro ma riportò lesioni alla spina dorsale che lo resero paraplegico per il resto della sua vita. Un epilogo sportivo drammatico che avrebbe fermato anche il temperamento più forte ma che invece non impedì a Clay Regazzoni di rinascere e iniziare un nuovo ciclo della sua esistenza.
Nel raccontare la successiva esperienza vissuta da Clay si rischia sempre di cadere nella retorica. Meglio allora affidarsi alla testimonianza – riportata nella monografia – di Luca Pancalli, ex atleta, Presidente del Comitato Italiano Paralimpico, divenuto disabile nel 1981 per una caduta da cavallo «Conobbi Clay, dopo il suo incidente. Insieme fondammo la Federazione Italiana Sportiva Automobilismo Patenti Speciali per offrire nuove opportunità ai ragazzi disabili che volevano cimentarsi nella guida ad alto livello e Clay, come suo solito, si tuffò in quell’avventura con passione. Era una persona autentica, verace e, allo stesso tempo, un po’ a sorpresa per quanto mi avevano raccontato, pignola, professionale, con un modo di fare decisamente svizzero e meticoloso. Da lui ho imparato molto e sento di dovergli molto. Il fatto di potersi impegnare nella disabilità senza abbandonare il mondo dell’automobilismo, che gli apparteneva totalmente e verso il quale nutriva un amore profondo, alimentava in lui una passione straordinaria. Il suo merito più grande, a mio avviso, è stato proprio quello di essere riuscito nell’impresa di rendere accessibile, a una persona disabile, l’ambiente dei motori, due universi che sino a quel momento apparivano distanti. E poi, era un uomo allegro, mai triste, capace di affrontare i problemi come una sfida continua, ma in modo sereno. In un certo senso posso affermare che Clay sia stato un pioniere, un uomo che ha spalancato porte che sembravano impossibili da aprire».
Nessun ostacolo sembra fermare Clay e negli anni ’80 partecipa ad ogni genere di competizione automobilistica, con ogni mezzo purché dotato di quattro ruote e un motore, dai camion ai kart. Tra le numerose partecipazioni basterà citare la Parigi-Dakar, il rally più famoso al mondo, alla guida di un camion Iveco 110, oppure la Mille Miglia, seppur non nella versione originale ma nella rievocazione storica della mitica gara. In ogni caso, lungo i 1600 chilometri percorsi sulle strade di mezza Italia, la gente lo riconosceva, circondava la sua macchina e lo incoraggiava con autentico entusiasmo: una prova di affetto e solidarietà che cresceva ad ogni apparizione decretandone una popolarità senza confini.
Tutte le persone che lo hanno conosciuto, compagni di squadra, avversari, direttori sportivi e costruttori, gli hanno riconosciuto in pista coraggio, determinazione, e una assoluta volontà di non mollare mai. Nella vita, invece, un carattere aperto, generoso, dotato di buon senso dell’umorismo, ma quando si impegnava in qualsivoglia impresa diventava preciso e scrupoloso, come quando si trattava di mettere a punto il motore della sua vettura da corsa, dimostrando una grande capacità di trarre il meglio da ogni mezzo che si trovava a guidare.
Un personaggio, certo, ma soprattutto una persona vera, genuina come racconta con gratitudine la figlia Alessia: «Papà non aveva mai voluto un manager, e si fidava ciecamente della mamma per amministrare i suoi guadagni, ma anche per l’educazione dei figli e per il buon andamento della casa. Ci insegnava a non aver paura, perché diceva che la paura è fatta di niente. La parola «problema» per lui non esisteva: per lui i problemi erano solo piccoli ostacoli da risolvere».
E quando i problemi potevano sembrare davvero troppo grossi, «ecco emergere l’uomo di fede plasmato dall’educazione severa dei suoi genitori…Il concetto di integrazione per lui era una priorità. Con la sua grinta, ha fatto capire a molte persone in sedia a rotelle che avrebbero potuto avere una seconda chance nella vita. Vedere un paraplegico che affronta corse proibitive come la Parigi-Dakar ti dà automaticamente un segnale di forza, ti fa venire voglia di lottare».
La Honor Room di Clay Regazzoni è la stanza dei ricordi dedicata al pilota ticinese che ha trovato una nuova collocazione all’interno della prestigiosa collezione di automobili “Autobau Erlebniswelt” a Romanshorn sul lago di Costanza. Il suo scopo è quello di continuare a far rivivere le gesta del pilota e raccogliere fondi destinati alla ricerca a favore della paraplegia, ultima “mission” del grande pilota automobilistico.



