Giorgio Bertoli, gli ultimi anni hanno messo a dura prova la pazienza degli investitori obbligazionari, che in molti casi hanno ottenuto ritorni negativi sul loro capitale su intervalli di tempo pluriennali. Il ritorno di tassi di interesse positivi sarà sufficiente per ricreare fiducia nella asset class?

«Non c’è dubbio che siamo reduci da un decennio particolarmente negativo per l’investimento obbligazionario; performance così scadenti non sono facilmente riscontrabili nemmeno nel remoto passato. La causa di tale risultato viene spesso attribuita, a nostro avviso erroneamente, al repentino aumento dell’inflazione a livello globale negli anni seguenti alla pandemia. In realtà il principale motivo dei mancati ritorni è da attribuire alla politica dei tassi a zero o negativi mantenuta per tanti anni dalle banche centrali. Gli investitori sono stati indotti a impiegare i propri capitali sul mercato obbligazionario a rendimenti nulli, esponendosi a numerosi rischi senza alcuna remunerazione. L’arrivo dell’inflazione ha semplicemente reso palese l’inadeguatezza di tali investimenti, provocando rapide e dolorose perdite. La fine della politica a tassi negativi apre prospettive di un contesto finalmente normalizzato per il mercato obbligazionario, anche se il livello dei tassi, soprattutto in franchi svizzeri, non garantisce tuttora rendite troppo soddisfacenti».

Come cambia il ruolo della gestione obbligazionaria attivo in questo nuovo contesto?

«Riteniamo che la filosofia di fondo dei nostri prodotti non debba cambiare; ciò che viene modificato sono le strategie e gli investimenti sottostanti, non gli obiettivi e l’approccio metodologico. La mentalità deve essere orientata alla creazione di valore di lungo termine per il cliente, che deve avere dei vantaggi tangibili dall’investimento nel prodotto confrontato con un semplice approccio “buy&hold” su singole obbligazioni. L’esempio dei tassi negativi da questo punto di vista è emblematico: nel breve periodo molti investitori hanno trovato conveniente prendere molti rischi pur di avere un piccolo ritorno positivo annuale, ma così facendo si sono esposti ad elevate perdite nel corso del 2022. Pensare al lungo periodo può significare anche saper rinunciare a qualcosa nell’immediato per pianificare una struttura di portafoglio che possa generare valore nel tempo».

A livello pratico come si è tradotta tale metodologia?

«Il fondo Flexible Low Risk Exposure di BASE Investments SICAV è riuscito a offrire ritorni positivi all’investitore, abbinando a un portafoglio obbligazionario un’attività macro total return. Questi ritorni positivi sul medio e lungo periodo, abbinati a una volatilità sotto controllo, hanno portato il comparto a vincere negli anni premi importanti tra i quali il Lipper Fund Award Svizzera e Europa e il Premio Alto Rendimento, l’ultima volta per i risultati del 2023 ma i riconoscimenti sono iniziati sin dal 2015.

Tornando alla metodologia utilizzata in termini di selezione dei titoli, pur in un contesto di rendimenti molto bassi, diverse opportunità si sono venute a creare nel corso degli anni; non sono infatti mancati episodi che hanno generato volatilità sui mercati, e permesso di acquistare obbligazionari societarie a prezzi appetibili. Riteniamo che il mercato del reddito fisso abbia delle inefficienze strutturali, dovute a illiquidità o periodica irrazionalità da parte degli operatori, che permettono ad investitori con processi decisionali rapidi di sfruttare alcune finestre di opportunità per acquistare titoli a prezzi convenienti. A fronte di questa attività di selezione dei titoli, eravamo consapevoli che i rendimenti nel complesso fossero troppo bassi e insostenibili nel tempo: abbiamo quindi abbinato al portafoglio una ingente quantità di protezioni dal rischio duration che, pur provocando alcuni periodi momentanei di non semplice gestione, ha permesso di proteggere il capitale degli investitori dalla grande correzione del 2022».

Quali sono le prospettive future del mercato obbligazionario?

«Stiamo attraversando un periodo di incertezza totale dal punto di vista macroeconomico, al punto che perfino le principali banche centrali hanno ammesso di poter fare poco affidamento ai loro modelli econometrici tradizionali. I cambiamenti nelle politiche governative, le dinamiche demografiche e l’innovazione tecnologica stanno modificando in modo sostanziale la natura dell’economia e del mercato del lavoro. Una delle poche cose che sembra certa è che la lunga parentesi dei tassi negativi sia giunta al termine, è ciò è indubbiamente positivo per l’investitore obbligazionario. Ci attendiamo che inflazione e tassi, aldilà di volatilità di breve periodo, restino mediamente più elevati rispetto al decennio 2010-2020, ma i processi di generazione di valore illustrati in precedenza restano validi anche in questo contesto. Un fattore che monitoriamo con attenzione è il ricorso ad elevati deficit fiscali da parte dei principali governi mondiali; una eventuale moderazione di tali deficit potrebbe essere un segnale importante di acquisto in chiave tattica. L’asset class obbligazionaria ci piace anche perché, pur non riuscendo a competere con i ritorni del mercato azionario in anni buoni come il 2023, può essere in grado di offrire ritorni positivi sia in scenari di crescita economica, sia in contesti recessivi (che sarebbero invece penalizzanti per molti asset di rischio), rendendola quindi molto adatta ad investitori con tolleranza del rischio medio-bassa».

Il fattore geopolitico sta monopolizzando l’attenzione mediatica. Come si inserisce tale componente nelle vostre scelte di gestione?

«Il peso degli eventi geopolitici sta indubbiamente crescendo, motivo per il quale dedichiamo maggiore tempo e risorse all’analisi di tali fenomeni. Viviamo in un mondo in cui il flusso informativo è sovrabbondante, soprattutto su temi geopolitici e di interesse collettivo, con il rischio di creare confusione. La selezione di fonti di informazione credibili è il punto di partenza, a cui va fatta seguito un’analisi che deve essere il più obiettiva e distaccata possibile. La nostra opinione è che si tenda a sopravvalutare l’impatto di molti eventi, come ad esempio alcune dichiarazioni politiche, e sottovalutare i trend di fondo che caratterizzano l’azione dei principali Paesi, e che si riverberano nel medio-lungo periodo. Individuare tali trend, senza farsi condizionare eccessivamente dal newsflow quotidiano, è il compito principale. Alcune delle tendenze di fondo attuali (recesso della globalizzazione, aumento dei conflitti armati, preferenza delle opinioni pubbliche nei confronti di politiche ad elevata spesa) ci fanno pensare che l’inflazione rimarrà strutturalmente più alta del decennio scorso, ma al tempo stesso dovrà essere accompagnata da tassi reali non troppo elevati per finanziare i grandi debiti pubblici. Nella gestione dei prodotti resta comunque vitale la flessibilità e la capacità di adattamento, data l’imprevedibilità di alcuni eventi che non sono facilmente anticipabili nemmeno dall’analista più preparato».