L’eccellenza, nelle sue competenze, conoscenze e abilità. L’autenticità, rispetto ai suoi valori, opinioni, identità e anche desideri, emozioni, fragilità. Lo scopo altruistico, il fine ultimo di ciò che fa, che esula da sé stesso e i suoi cari. A quale di queste tre spinte evolutive del leader desidera rispondere maggiormente in futuro rispetto a quanto già fa oggi?

«Autenticità e allineamento con identità e valori dell’organizzazione per cui si lavora sono necessarie per essere un leader. A “eccellenza” preferisco la parola “qualità”, fare bene il proprio lavoro, ed è sulla qualità della mia leadership che mi focalizzo. In particolare, la capacità di ascolto e la creazione di consenso. Essere seguito e capito, non dandolo per scontato, e tirare fuori il meglio dai miei collaboratori. Su questi aspetti ho ancora da imparare e da affinare il metodo».

Si parla molto di autenticità del leader e si fa molta fatica ad uscire dalla propria area di comfort. Fin dove la prima si spinge in lei come leader?

«Il ruolo istituzionale talvolta non lo permette al 100% ma è una scelta consapevole quindi non lo vedo come un limite. Mi capita di sorprendermi delle mie reazioni e, quindi, di essere fuori area di comfort ma so chi sono e cosa voglio. Dieci anni fa non avrei potuto fare questo lavoro, prima ho dovuto acquisire una chiara conoscenza di me stesso e ciò mi dà presenza, solidità, autenticità e allineamento all’USI».

La vera e profonda autenticità fa paura e, quindi, si tende ad adottare comportamenti difensivi di varia natura. Comportamenti che si hanno e che si ricevono. Cosa nota nella leadership ticinese e in lei?

«A livello ticinese mi piacerebbe che si andasse oltre al gioco dei ruoli, delle volte noto rigidità e protezione nonostante tenda empaticamente a comprenderli. In me stesso, effettivamente adotto comportamenti del genere ma saltuariamente, più per una questione di sopravvivenza».

Cosa impediscono questi comportamenti?

«Ci si dimentica l’interesse comune, il bene comune, fare squadra, la fierezza del successo altrui».

In tutti c’è genialità: che ne pensa?

«Non è vero, le piace pensarlo?».

Mi piace constatarlo. In lei c’è genialità: che ne pensa?

«No, di sicuro».

Le porgo questo specchio. C’è lei e la sua immagine riflessa. Se io la guardassi come sta facendo lei, con i suoi occhi, cosa vedrei di diverso che da qui fuori non vedo?

«Si viene giudicati sulle apparenze. Vedrebbe ciò che c’è dietro le rughe. Tutta la somma di esperienze, l’apprendistato, il lavoro su me stesso. Ad esempio, l’aver imparato a guardare in faccia le persone quando parlo».

Immagini che questo specchio rifletta la sua anima. Com’è e come vorrebbe fosse diversa?

«Coloro che riescono a vedere bene la mia anima sono contenti. È pura, generosa e amabile. E non vorrei che fosse diversa».

Guardandosi allo specchio, cosa non vuole vedere di sé?

«L’aggressività che talvolta esce e per cui mi dispiaccio, senza drammatizzarla perché è piuttosto comune».

Di intimo e rilevante per me, non sapete ancora che…

«…niente che non si sappia già e desideri condividere. Non penso che interessi alla gente».

Cosa di lei la fa sorridere?

«Che sono uguale sempre a me stesso».

Cosa di lei, invece, la intristisce?

«Non essere riuscito a mantenere vive alcune relazioni personali molto importanti».

Da cosa scappa?

«Dalle banalità amministrative che consumano il mio tempo e mi infastidiscono».

Cosa, invece, vuole raggiungere?

«Voglio vivere senza contare, che per un matematico come me è divertente».

Lei è già molto rivolto verso la comunità. Estendiamola ulteriormente. È il neo-eletto Presidente della Terra: più di otto miliardi di persone vogliono sapere da lei, nel suo discorso di insediamento in mondovisione, quale è, secondo lei, lo scopo dell’umanità…

«…il discorso è un inno alla vita e all’apprezzamento del dono. Hai il dono della vita: sii contento. Lo scopo di tutti è preservarla, accudirla e favorirla. La vita di ogni organismo vivente, non solo degli esseri umani».

Da Presidente, comunicandolo durante il suo discorso, desidera che ognuno apprenda gratuitamente e adotti il concetto che, secondo lei, ha maggior impatto positivo sull’umanità…

«…sicuramente il valore dell’amore. Amatevi gli uni gli altri».

Alla luce di scopo e concetto, desidera, infine, che ognuno si impegni a compiere un’azione concreta in tal senso e ritiene di voler dare per primo il buon esempio: quale azione intraprende?

«Lavoro su una distribuzione più equa delle risorse alimentari e dell’acqua, correggendo una situazione dove questi principi non riescono a trovare applicazione».

Immagini di avere tre mesi di vita. Cosa cambia della sua quotidianità?

«Solo ciò che mi serve per salutare bene le persone a cui tengo».

Quale sogno tira fuori dal cassetto?

«Non ho sogni nel cassetto. In tre mesi non cambia niente. Approfitterei delle ferie non ancora prese!».

A chi dà l’ultima carezza?

«Ad un certo numero di persone a cui sono affezionato, tutte».

Come vuole essere ricordato quando passerà a nuova vita?

«Come una persona generosa».

Quale è, secondo lei, il singolo modo ottimale per dare ai figli il miglior futuro possibile?

«Fare in modo che scoprano quale è il loro desiderio, il loro scopo di vita, che ne siano consapevoli e che lo realizzino».

Che eredità desidera lasciare ai suoi figli?

«Questo insegnamento, questa libertà, questo atteggiamento: la vita che hanno è un dono».

Le dono una bacchetta magica prepagata per uno specifico desiderio: quale nuova qualità regala alla leadership ticinese di tutti gli ambiti, non solo quello politico, che oggi non vede?

«Alla leadership ticinese regalo la fiducia nella capacità collettiva di fare bene. La fiducia nelle proprie forze creative come territorio. C’è troppo piangersi addosso, troppa sfiducia e dipendenza dal più grande e dal migliore. Una specie di fierezza direi. E con questa, quindi, aprirsi all’altro e non chiudersi in difesa».

Che domanda vuole che le faccia in dirittura d’arrivo?

«L’ultima!».

Che sensazioni e valore ha avuto da questa chiacchierata?

«Avverto una certa stanchezza e altrettanta soddisfazione. È stato impegnativo, le domande sono inusuali e fanno emergere del nuovo. Preferisco più leggerezza normalmente. Ha rappresentato un’occasione utile di riflessione»

Riprenda per favore lo specchio. In conclusione, cosa sussurra nell’orecchio della sua immagine riflessa?

«Coraggio che è finita!».

E in quello di chi la sta leggendo in questo istante?

«Spero di non avervi annoiato troppo!».