Ospite dell’Università della Svizzera italiana (USI) nell’ambito della Cattedra UNESCO per lo sviluppo e la promozione del turismo sostenibile, diretta dal Professor Lorenzo Cantoni, il dottor Franco Jordán ha tenuto una lezione agli studenti del Master in International Tourism. Con la sua visita, l’archeologo peruviano è divenuto il terzo direttore del sito di Machu Picchu a visitare l’USI nel corso degli anni, un primato mondiale che conferma la rilevanza internazionale dell’ateneo ticinese nel campo del patrimonio e del turismo culturale. Durante la lezione speciale tenuta all’USI, Franco Jordán ha guidato il pubblico in un affascinante viaggio intitolato Dai Moche agli Inca. Un viaggio nell’archeologia peruviana dalla Señora de Cao a Machu Picchu, toccando alcuni dei momenti più significativi della sua carriera e della storia archeologica del suo Paese.

In Perù, una scoperta che ha ribaltato ogni certezza

Era il 2006 quando nel nord-ovest del Perù, nel sito archeologico di El Brujo, Franco Jordán e il suo team si imbatterono in quella che sarebbe presto divenuta una delle più importanti scoperte dell’archeologia precolombiana. Inizialmente si trattava solo – si fa per dire – di un grande tempio, il più imponente della zona, ornato da pitture e iconografie straordinarie raffiguranti il mondo Moche. «Fu una scoperta straordinaria, la migliore della mia vita», ha raccontato l’archeologo peruviano. «Quel giorno mi sentii l’uomo più felice e appagato della Terra. Non potevo immaginare che, di lì a poco, le cose sarebbero ancora migliorate». Più in basso, a due metri di profondità circa, li attendeva infatti una clamorosa sorpresa. «Scavando ulteriormente trovammo una tomba con un fardo funerario, accanto al quale vi era un secondo scheletro di quella che abbiamo poi scoperto in seguito essere un’adolescente, nonché diversi oggetti come vasi di ceramica, armi e gioielli. Nessun fardo rinvenuto prima di allora era mai stato scoperto in uno stato di conservazione così buono. E quello, lo appurammo in seguito, risaliva a ben 1.700 anni prima del nostro ritrovamento».

Pesante oltre 100 chilogrammi, il fardo venne estratto e trasportato all’esterno nell’ambito di una processione sotto la sapiente guida di un curandero, un guaritore tradizionale, espressamente voluto da Franco Jordán per rendere onore alla salma. Seguirono i lavori di rimozione dei vari strati di tessuto che avvolgevano il corpo, fino ad arrivare ai resti veri e propri. Fino a quel momento il team dell’archeologo peruviano era assolutamente convinto di aver rinvenuto un uomo, e che si trattasse di un sacerdote di assoluto rilievo, forse persino un sovrano. Invece, John Verano – famoso antropologo e Professore presso l’Università di Tulane, giunto sul posto per l’identificazione – non appena vide la salma affermò: «Si tratta di una donna». Quel momento, ha raccontato Franco Jordán nel suo intervento all’USI, ha cambiato per sempre l’interpretazione della storia del Perù: «Non vi era alcun dubbio, dinanzi a noi c’era una donna che, in vita, era stata estremamente potente. Tutto lo lasciava inferire: dai tatuaggi di serpenti, ragni e puma sul suo corpo, al corredo funerario, alla tecnica e al luogo stesso della sepoltura. Si trattava di un’autorità assoluta, probabilmente una curandera a sua volta, una sacerdotessa, che era costantemente connessa con il cielo ed esperta di astronomia. Una figura semi-divina di alto, altissimo rango, non solo spirituale ma anche politico. Questa scoperta ha completamente stravolto quanto ritenuto fino ad allora, ovvero che ai vertici della civiltà Moche vi fossero soltanto figure maschili». Studi recenti condotti all’Università di Harvard hanno inoltre identificato nel sito i resti di altri membri della sua famiglia, confermando l’importanza dinastica e sociale di quella sepoltura.

Oggi la Dama de Cao è conservata in un museo adiacente al sito del ritrovamento, costruito per tramandarne la memoria e celebrare l’importanza del complesso di El Brujo. «Per rispetto nei suoi confronti e di tutti gli antenati», ha spiegato Franco Jordán, «la salma non è direttamente visibile». Nel corso degli anni, l’impatto della Dama sulla regione è stato in ogni caso profondo e duraturo. «La sua scoperta ha rafforzato l’identità delle donne di tutta l’area, e non solo. La Dama de Cao è diventata un simbolo di forza e spiritualità, e oggi rappresenta un pilastro della cultura e delle tradizioni locali».

Il futuro dell’archeologia peruviana, tra conservazione e nuove scoperte

Nella parte conclusiva del suo intervento all’USI, Franco Jordán ha poi parlato delle sfide attuali e dei prossimi passi dell’archeologia peruviana. Da ex direttore di Machu Picchu, Jordán ha evidenziato le criticità legate al cosiddetto “overtourism”: «Gran parte dei turisti che visitano il Perù focalizzano la loro attenzione su una manciata di luoghi, come Machu Picchu»ha spiegato. «In alta stagione si superano i 5’600 visitatori al giorno, un carico che ha lasciato segni visibili. Alcune aree sono state chiuse, e presto dovremo introdurre nuove restrizioni».

«Per questo», ha sottolineato, «è fondamentale valorizzare itinerari alternativi, in grado di distribuire i flussi e stimolare l’interesse verso siti meno noti ma comunque di pari importanza. Come El Brujo, la casa della Dama de Cao».

Nonostante i prestigiosi incarichi istituzionali, peraltro, Franco Jordán non ha perso lo spirito del ricercatore. Nei prossimi mesi sarà infatti impegnato in una nuova spedizione sulla montagna Pitusiray, a quasi 5.000 metri di altitudine. «Le fonti e alcune antiche iconografie ci suggeriscono che quel luogo potrebbe avere legami diretti con l’origine della civiltà Inca», ha rivelato. «E forse anche con dei tesori nascosti dai locali, al fine di proteggerli dai conquistatori spagnoli».

Utilizzando tecnologie all’avanguardia come il geomagnetismo, il team spera di fare nuove scoperte, che potrebbero arricchire ulteriormente il mosaico, già straordinario, della storia peruviana.