Fabio AbateFabio Abate, Lei vanta una lunga carriera politica che l’ha portata tra l’altro a ricoprire la carica di Consigliere nazionale e di Consigliere agli Stati. Quali sono le motivazioni profonde che nel corso degli anni hanno alimentato la sua passione politica?

«Ci sono parecchie motivazioni che talvolta si intrecciano e credo valgano per ogni persona impegnata politicamente. Evito di riproporle e mi soffermo su un paio di esperienze personali. Al liceo i professori Andrea Ghiringhelli e Antonio Spadafora non esitavano a inserire nelle loro lezioni (storia e filosofia) momenti di riflessione su fatti e avvenimenti di attualità, attivando anche discussioni molto preziose per noi ragazzi, stimolati ad imparare come strutturare e sostenere le nostre opinioni in chiave dialettica. Hanno inciso anche gli anni da studente all’Università di Berna, molto vicina all’amministrazione federale. Ricordo le visite a Palazzo federale ed il privilegio di conoscere personalmente alcuni politici di allora e giornalisti molto disponibili: si discuteva e la nostra opinione era ascoltata. Ci sentivamo importanti. Aggiungo infine che l’accesso alle cariche politiche è sempre avvenuto in giovane età. Fui eletto municipale a Locarno a trent’anni. Il giorno dell’insediamento in Consiglio nazionale mi ritrovai dinnanzi ad un presidente di camera più anziano di mio padre e mi fu assegnato un posto in mezzo a due colleghe nate nel 1937…Quindi ho iniziato il mio percorso ascoltando e soprattutto osservando attentamente ogni movimento e gesto per imparare ad orientarmi in un gruppo di persone quasi tutte più esperte e anziane del sottoscritto. Infatti, era indispensabile capire come le mie idee e proposte avrebbero potuto ottenere attenzione. Poi, con il trascorrere degli anni, consolidata la posizione a Palazzo federale, anche in veste di presidente di una commissione al Nazionale oppure agli Stati, non ho mai modificato questo atteggiamento. L’osservazione e lo studio dell’umanità che ti circonda in un’arena politica, spaccato della società in cui vivi, in qualsiasi luogo ed in qualsiasi camera, sono parte di un esercizio curioso e coinvolgente, utile per capire dove ci si trova e con chi abbiamo a che fare. Mi hanno aiutato a raggiungere obiettivi che richiedevano il consenso di colleghe e colleghi. Ho imparato molto, ma devo ammettere che osservare stimola anche pensieri divertenti e addirittura un po’ di goliardia. L’intesa con colleghe e colleghi per risolvere problemi seri talvolta è stata facilitata da un approccio che possiamo definire poco serio».

mario mantegazza settebre 2025Quali sono a suo giudizio i mali più gravi che affliggono la politica ticinese e cosa bisognerebbe fare per favorire una sua rigenerazione?

«La situazione nel Nostro Cantone è confusa. Noi ticinesi non siamo mai stati in grado di riflettere in chiave strategica, dedicando le nostre energie e le nostre risorse alla coltivazione delle opportunità. Poi, quando la pianta smette di regalare i suoi frutti, poiché le opportunità non sono eterne, ci accorgiamo di rimanere sguarniti. Le reazioni sono spesso figlie dell’improvvisazione; ad esempio, in ogni angolo del Cantone si vuole creare un polo di qualcosa oppure iniziano le invettive contro la Berna federale. Purtroppo, ragionare in chiave strategica non è un esercizio popolare per il politico, poiché impone la ricerca di soluzioni strutturate che non giungeranno a corto termine. E ciò è in contrasto con le aspettative della popolazione che vuole risposte immediate a problemi anche irrisolvibili. Il rapporto di fiducia tra i cittadini e le istituzioni in Ticino non è solidissimo, anzi…Quindi, a mio avviso urge una convergenza di intenti da parte delle forze politiche e dei suoi protagonisti che devono incontrarsi per stabilire indirizzi strategici per affrontare temi centrali come la migrazione dei nostri giovani per lavorare altrove. La storia si ripete. Già in passato abbiamo vissuto situazioni analoghe. Jean-François Bergier nella sia Storia economica della Svizzera descrive molto bene la situazione economica del Ticino nella seconda metà dell’800, sottolineando ritardi tecnici e organizzativi che imponevano al Cantone un ruolo marginale. Poi nel 1882 arrivò la galleria ferroviaria del Gottardo che ci integrò maggiormente nell’area economica del resto del Paese, senza tuttavia generare uno sviluppo economico robusto. L’evoluzione demografica rimase a tassi minimi. Nel 2016 è stato aperto il tunnel di base del San Gottardo di AlpTransit. Ho reclamato la mancanza di una strategia legata a questo evento epocale, ledendo la suscettibilità di qualche operatore di casa nostra. Ma la realtà è che il tunnel, aperto anche in direzione nord, ha senz’altro ridotto il viaggio di molti turisti verso sud, ma ha anche facilitato lo spostamento delle nostre forze lavoro fuori dal Cantone».

Lei è Presidente della Commissione federale delle case da gioco (CFCG): quali sono le funzioni di questo organismo?

«In base alla Legge federale sui giochi in denaro la Commissione sorveglia l’attività delle concessionarie che conducono una casa da gioco. Devono essere garantiti un gioco sicuro, l’attuazione dei piani di protezione dei giocatori, l’attuazione dei programmi di prevenzione del riciclaggio di denaro. Inoltre, La Commissione combatte quale autorità penale le attività di gioco in denaro illegale e riscuote la tassa sulle case da gioco destinata al fondo di compensazione AVS. Collabora con le ulteriori autorità di vigilanza nazionali e estere».

In generale, come giudica l’attività delle case da gioco in Svizzera e in Ticino?

«Dal 1. gennaio 2025 è iniziata l’attività in virtù delle nuove concessioni ventennali decise nel mese di novembre 2023. L’attività condotta e sviluppata nel primo periodo di concessione non ha generato problemi rilevanti. L’esame dei dossier formati da decine di ordinatori relativi alle candidature per le nuove concessioni ha permesso di ottenere conferma della serietà degli attori di questo mercato molto particolare e della loro consapevolezza degli obblighi derivanti dalle norme di legge, invero molto severe. L’attività di sorveglianza comprende talvolta anche sanzioni pecuniarie per errori e negligenze che complessivamente non oscurano la reputazione delle concessionarie.

Riguardo alla Legge sui giochi in denaro e quali sono i problemi più urgenti da affrontare?

«La legge è stata discussa e adottata con una certa urgenza, poiché il settore dell’offerta online in Svizzera era priva di una base legale. Oggi le concessionarie possono estendere la concessione terrestre anche all’attività online. Come era prevedibile, la legalizzazione non ha comunque bloccato l’offerta online illegale che parte da società con sede in paesi in cui non è punibile. Quindi, una fascia significativa di popolazione, in particolare i giovani anche minorenni, cede all’offerta illegale. Penso ad esempio alle scommesse sportive che tuttavia non rientrano nelle competenze della Commissione federale, ma dell’Autorità intercantonale di vigilanza. Alla luce di un problema emerso in particolare dopo il COVID e che interessa tutti i Paesi dell’Europa occidentale, la legge non sempre riesce a fronteggiare le offerte illegali in modo efficace. È interessante comunque sottolineare che da un anno sono in corso le verifiche degli effetti della stessa legge. Si tratta di un esercizio usuale per ogni nuova legge condotto dall’amministrazione federale dopo 10 o 15 anni dalla sua entrata in vigore. Ma nel caso specifico è stato attivato già dopo 4 anni».

Vita politica, attività professionale, famiglia, passioni personali: come è stato possibile conciliare questi diversi aspetti e qual è il bilancio che si sente di tracciare in ciascuno di questi campi?

«L’attività professionale indipendente ha garantito una preziosa libertà nell’organizzazione della mia settimana. In famiglia sono stato fortunato, perché le assenze a Berna sono state gestite molto bene da mia moglie. I figli sono nati quando ero già parlamentare federale, quindi per loro era normale convivere con il papà spesso a Berna. Ma per me è stato determinante saper indirizzare e qualificare le mie presenze. Detto altrimenti, ammetto di aver sempre selezionato gli impegni politici facoltativi, evitando più volte manifestazioni, eventi e addirittura apparizioni televisive per rimanere con la mia famiglia. Questo ha creato anche qualche difficoltà nei momenti elettorali, ma poco importa perché è sempre andata bene. Nessuno mi ha obbligato a correre per un posto a Palazzo federale, pertanto la responsabilità di tutte le mie scelte è solo mia. Terminata l‘attività politica il bilancio è positivo, anche nei rapporti in famiglia».

Qual è il suo più grande desiderio che vorrebbe vedere realizzato nel corso dei prossimi anni? 

«Sono nella fase in cui i figli sono ancora in formazione. Quindi, l’aspettativa di un loro percorso indisturbato che li renda felici e indipendenti è prioritaria. Poi arrivano altri desideri che non si dicono…».

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