Il dott. Marco Varini di sfide ne ha superate e vinte molte nella sua carriera di specialista e ora sta per affrontare l’ultima in un’età di pensione abbondantemente oltrepassata. Dal mese di maggio infatti, tra Swissoncology, lo studio medico oncologico privato da lui fondato nel 1986, l’Istituto Oncologico della Svizzera Italiana (IOSI) e l’Ente Ospedaliero Cantonale (EOC) è stata attivata una collaborazione diretta, con un reciproco vantaggio.
Come mai questa decisione?
«In quasi quarant’anni lo studio si era ampliato avvalendosi anche della collaborazione di altri due partner e il tema della mia successione era qualcosa su cui riflettevo da tempo, ben sapendo che prima o poi avrei dovuto risolverlo. La decisione di uno dei partner, il dottor Christinat, di far parte in Ticino del nuovo Brust Zentrum AFFIDEA, nato dalla collaborazione con il Brust Zentrum di Zurigo, e di dedicarsi esclusivamente alla cura del tumore del seno ha riportato al centro la domanda: chi porterà avanti lo studio? Mi sono accorto presto che non era facile trovare uno specialista capace di assumersi il rischio imprenditoriale ed imbarcarsi in un’operazione del genere. Dopo varie ipotesi ho scelto infine di unire una piccola realtà come quella del nostro studio con le risorse di una grande realtà specializzata, che ha accesso diretto a consulenze specialistiche di alto livello inserite in una rete internazionale di eccellenza, premurandomi di mantenere le nostre caratteristiche di conduzione personale del paziente con un unico oncologo di riferimento lungo tutto il percorso di cura».
Lei è stato il primo ad aprire in Ticino uno studio specialistico oncologico privato. Cosa è cambiato da allora per l’oncologia?
«Moltissimo, tutto. Allora, i chirurghi con l’aiuto del patologo decidevano se il paziente era operabile o no, se il tumore era maligno o no, e quale terapia fare, mentre gli oncologi erano emarginati e non consultati, anche se timidamente avanzavano proposte di provare questo o quel nuovo rimedio. A parte interventi chirurgici sovente eroici, i mezzi di cura erano scarsi e non sempre potevamo offrire cure valide. Oggi è tutto diverso. Negli ultimi venti anni la realtà oncologica è cambiata completamente non solo a livello diagnostico e terapeutico, ma anche strutturalmente e organizzativamente. I mezzi diagnostici si sono evoluti in modo straordinario. All’inizio era appena arrivata la TAC, poi la risonanza magnetica, oggi usiamo la PET e tecnologie ancora più sofisticate. Anche la patologia si è trasformata: non basta più dire “è un carcinoma del seno”, perché ogni tumore ha caratteristiche uniche che influenzano prognosi e trattamento.
Facciamo ancora la diagnosi classica sulla biopsia, ma oggi analizziamo il DNA del tumore per cercare bersagli terapeutici specifici. Insomma, è un lavoro che richiede un’intera squadra. L’oncologo ha bisogno del supporto di specialisti ma resta la figura che deve interpretare le informazioni, capire cosa è rilevante e cosa no, e infine costruire un programma terapeutico ragionato e personalizzato che può comprendere chirurgia, radioterapia, chemioterapia, immunoterapia ed anche altre terapie molto sofisticate.
Il progetto terapeutico ragionato, razionale, sulla base di una diagnosi, di una stadiazione di malattia però, per l’ipotetica signora Bernasconi magari non va bene, perché la signora in questione ha delle problematiche personali o altre malattie che fanno sì che la terapia stabilita non si può facilmente applicare».
Quindi?
«La formulazione di un programma terapeutico per il paziente va quindi adeguato alla persona, alle sue individualità, al suo contesto sociale e così via, e ovviamente bisogna tenerne conto. Questo però chi lo fa? Non possono essere i venti specialisti consultati per l’esame istologico piuttosto che per il risultato della Tac etc., ecco perché ritengo essenziale che, come medico di riferimento, ci sia sempre lo stesso oncologo che, in stretto contatto con l’équipe che gli sta a monte e che gli fa da supporto, rimane l’interlocutore di fiducia per tutte le decisioni di cura e la conduzione della stessa».
Presa la decisione, cosa succede?
«È solo l’inizio di un percorso che in una prima fase può essere magari molto intenso e successivamente più diluito nel tempo; un percorso che deve avere una sua logica e una sua fattibilità e deve tener conto che il paziente non può essere spostato ripetutamente da un medico all’altro, sempre diverso. Come Swissoncology sappiamo di aver continuamente bisogno di tutto il supporto specialistico necessario, d’altro canto siamo fermamente convinti che il paziente ha bisogno di una conduzione personale e diretta di qualcuno che lo conosce davvero in tutto il suo percorso e nella sua sofferenza, che lo segua nel tempo, che gli parli e capisca qual è il margine terapeutico ragionevole e indicato per lui, e che infine sappia trovare il giusto equilibrio tra ciò che è scientificamente corretto e ciò che è umanamente sostenibile».
In seguito alla collaborazione con lo IOSI cambia qualcosa per lo Studio Swissoncology?
«La dottoressa Vittoria Espeli, oncologa, vice primaria allo IOSI, responsabile dell’ambulatorio di oncologia dell’Ospedale Italiano di Lugano oltre che del reparto di degenza all’Ospedale S. Giovanni di Bellinzona coordinerà con il sottoscritto la collaborazione tra le due entità. La dottoressa che gode di una grande esperienza con tutti i tipi di tumore tratterà tutte le patologie oncologiche, pur occupandosi in particolare anche dei tumori del distretto otorinolaringoiatrico. Nel nostro studio lei sarà presente regolarmente sia per consulenze che per gestire i propri pazienti. Lo Studio continuerà a seguire i pazienti con tutte le terapie come fino ad ora, ma ci concentreremo in particolare sui tumori polmonari, gastroenterologici, urologici e dermatologici».
I successi che si stanno ottenendo in campo oncologico ci permettono di ben sperare per il futuro?
«Certamente! Presto potremo guardare alle malattie oncologiche come guardiamo qualsiasi altra malattia, senza più parlare di male oscuro ma di mali che affrontiamo e sappiamo curare».
Il Dott. Marco Varini e un’ importante alleanza terapeutica
La maggior parte delle persone pensa che professare l’attività medica in campo oncologico non possa essere facile, a causa della paura della malattia che a pazienti e familiari suscita una vasta gamma di emozioni.
Non è quello che pensa il Dottor Marco Varini che ha speso una vita con loro e per loro, sempre incoraggiandoli e quasi proteggendoli. Dalla laurea in poi c’è sempre stata una ‘escalation’ positiva nella sua lotta contro il cancro e in favore dei pazienti. È sempre stato al loro fianco, da Zurigo, a Baltimora, a Milano, negli ospedali più all’avanguardia in campo oncologico, fino all’apertura del primo studio specialistico oncologico privato a Lugano nel 1986, al quale ha sempre affiancato un’attività ospedaliera presso la Clinica Luganese Moncucco e presso la Clinica S.Anna di Sorengo, di cui è diventato responsabile del reparto di oncologia fino al 2014.
Contitolare negli anni successivi dello studio professionale “Swissoncology Varini Calderoni & Partners”, oggi, grazie all’accordo con lo IOSI si trova a dare un’ulteriore svolta alla sua carriera professionale.
Membro della Società Svizzera di Oncologia Medica, dell’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM), dell’European Society for Medical Oncology (ESMO) e dell’American Society for Medical Oncology (ASCO), e già Presidente della
Società Svizzera di Senologia, al suo attivo ha ancora importanti cariche. Ad esempio, quale Socio Fondatore dell’Associazione Triangolo, Volontariato per il paziente oncologico, del quale è presidente nella sezione Sottoceneri. Ma non è finita! Non si contano le iniziative sconosciute e conosciute, come la serie di seminari che annualmente da oltre vent’anni ha promosso e promuove sul tema “paziente e cancro”, ai quali partecipa il fior fiore dell’”Intellighenzia” non solo medica, e che ha un folto seguito di pubblico interessato.