Abitudine al segreto professionale, naturale riserbo, poca voglia di protagonismo? Non è stato facile ottenere un’intervista dal dottor Andrea Scatizza, ginecologo e ostetrico molto conosciuto dalle signore ticinesi, e non solo, che in lui hanno visto un punto di riferimento sicuro nei momenti che più incidono nella vita di una donna, le nascite in primis, l’accompagnamento durante le fasi della vita intima e quando si impongono soluzioni a problemi clinici anche con interventi.

Piano piano però affiora una bella storia fatta di sfide e di successi.  Una storia che si snoda giorno dopo giorno e negli ultimi cinquant’anni lo ha visto emergere, distinguersi e, spinto da una sana curiosità, destreggiarsi in nuove tecniche diagnostiche, cliniche e chirurgiche, che ai tempi erano appannaggio di pochi, sempre sorretto da una filosofia personale di alto profilo morale e una grande voglia di ottenere il massimo risultato dalla pratica, che vede il beneficio del paziente al primo posto.

Lasciata l’Italia appena laureato in medicina, «perché», afferma, «volevo camminare con le mie gambe e non come figlio di papà, noto chirurgo», considerato che ai tempi l’eccellenza in campo ostetrico ginecologico era all’avanguardia negli Stati Uniti, in Svezia e in Svizzera, per i primi passi quest’ ultima è stata una scelta naturale anche per questioni di vicinanza. Racconta Scatizza: «Grazie ad un piano di formazione di studio e lavoro dell’Università di Losanna, ho ottenuto il primo impiego a Martigny come assistente del primario. In quell’anno eravamo in due, lui ed io, quindi sono stato immediatamente coinvolto in una routine frenetica. In seguito, secondo il piano di programmazione ho fatto un anno di formazione in chirurgia e uno e mezzo di ginecologia a Sion, dopo il quale, in teoria, nell’anno successivo avrei dovuto fare il servizio militare in Italia. Sciando però, mi ero rotto una gamba e quindi non mi è stato possibile presentarmi.  Prima di proseguire secondo il piano di formazione, che stabiliva che sarei andato come Capo clinica a Neuchatel, mi si era dunque aperto un tempo vuoto da riempire. Ho quindi accettato un incarico alla Maternità cantonale a Mendrisio».

In seguito però per contingenze personali a Neuchatel non è mai arrivato e, dopo aver effettuato uno scambio con un collega che sarebbe dovuto andare a Mendrisio, è rimasto in Ticino allora e per sempre, a Lugano.  Dove ha lavorato nella Sanità pubblica, dapprima al vecchio e al nuovo Civico, poi all’Ospedale Italiano e alla Beata Vergine di Mendrisio, e successivamente come direttore medico alla Clinica S.Anna a Lugano e in contemporanea all’Ars Medica di Gravesano.  Da ultimo, ha pure avuto l’incarico di vice primario al Civico, prima di entrare definitivamente nel privato con uno studio in Via Bossi a Lugano.

Un percorso che l’ha visto perseguire obiettivi precisi, seguendo sempre uno scopo di “opportunità ed eccellenza”, proseguendo accanto all’attività professionale giornaliera nella formazione personale, con svariati contatti con ospedali, cliniche e medici all’avanguardia nella professione medica e chirurgica, apprendendo nuove tecniche, le più innovative di quel momento. Al centro il medesimo obiettivo: il paziente, la sua cura nel rispetto della persona e con i metodi meno invasivi, e dolorosi, possibile.

I cambiamenti rispetto a – “ma si è sempre fatto così!” –  non sono facili e non sempre privi di spine.  Suo il merito di avere portato in Ticino la laparoscopia, una tecnica mininvasiva che, per scopi diagnostici, terapeutici e/o chirurgici, permette di accedere alla cavità addominale e alla cavità pelvica attraverso piccole incisioni, e da lui utilizzata a livello ginecologico secondo tecniche pionieristiche imparate da chirurghi in quel tempo all’avanguardia. Ci sono state quindi occasioni in cui Andrea Scatizza si è scontrato con alcuni colleghi che non capivano le sue scelte, come invece altri colleghi che hanno apprezzato il suo sforzo di evoluzione delle tecniche chirurgiche e che, dal suo esempio e con il suo aiuto, le hanno imparate e sviluppate anche nel loro ambito specialistico.

Oggi la laparoscopia è comunemente usata, ha conquistato l’ambiente medico chirurgico e vede coinvolti per una maggiore precisione anche i robot. Grazie infatti, ad una specifica strumentazione dotata di una telecamera e attraverso le piccole incisioni cutanee, il chirurgo può vedere all’interno della cavità, cogliendo anche particolari invisibili ad occhio nudo, e intervenire chirurgicamente dove necessario. Il grande vantaggio consiste nell’elevata precisione della chirurgia laparoscopica che consente di operare con il minimo trauma per gli organi e i tessuti interessati, che restano al loro posto per tutta la durata dell’intervento e non vengono manipolati.

Oggi non se ne può fare senza, con grande beneficio dei pazienti anche nel recupero, ma allora, «alcuni colleghi quasi mi davano dell’assassino», racconta non senza una certa ironia Scatizza.

Da dire che all’epoca però aveva conquistato anche la stima di diversi specialisti italiani, in particolare del San Raffaele di Milano, che seguivano con interesse le sue operazioni. Tanto che più tardi gli è stata data l’onorificenza di Cavaliere di Gran Croce, il massimo onore al quale un cittadino italiano o straniero residente può aspirare.

Infine, l’interesse per la laparoscopia era diventato così grande che, negli anni Ottanta-Novanta con alcuni sponsor ma per sua iniziativa, ha promosso annualmente a Lugano diversi Congressi internazionali di ginecologia e workshop con i più grandi nomi della chirurgia endoscopica.  Ogni congresso durava il tempo di un lungo week end con una parte dedicata anche alle esercitazioni pratiche: le prime volte, per affinare l’esperienza, i partecipanti si allenavano ….su parti di animali provenienti dal macello comunale!

Intanto la tecnica evolveva e i partecipanti aumentavano: mai più di quaranta però. Ad un certo punto, durante il workshop è stato pure organizzato un collegamento televisivo con sale operatorie e regolari pazienti e, in diretta, gli interventi erano spiegati fase per fase.  «Ci sono state alcune volte che facevamo anche quattro interventi successivi per ogni sala – conferma Scatizza – e la regia passava da una sala all’altra riprendendo i momenti migliori. Cosa fantastica per quel tempo. E ancora: c’è stata più di una volta in cui ci siamo collegati via satellite con alcuni ospedali a Parigi, Bruxelles e altre località e ognuno di noi spiegava cosa stava facendo e perché. Una prima mondiale».

Nella vita di un ginecologo oltre alla ginecologia e alla chirurgia, molta parte viene dedicata all’ostetricia e al momento topico dei parti.

Andrea Scatizza però delle sue pazienti non parla se non in tono generico, affettuoso e tenero poiché, ormai in pensione, dice che il dialogo e il contatto umano gli mancano molto. Non è facile strappargli confidenze anche per quanto riguarda il numero delle nascite. In ogni caso, dovrebbero essere nell’ordine di alcune migliaia, in cinquant’anni forse seimila i bambini e le bambine venute al mondo con il suo aiuto, compresa la sua stessa figlia e i suoi tre nipotini.

Sua specialità sono stati i vari tipi di operazioni a livello ginecologico, alle quali ha sempre prestato grande attenzione, sia da un punto di vista umano che tecnico. Operazioni anche di grande difficoltà risolte brillantemente con procedure e tecniche assolutamente innovative e magari personalizzate, con grande attenzione anche all’aspetto estetico. «Avevo fatto per un certo tempo uno stage presso un chirurgo estetico di Berna – confessa – e da lui avevo appreso e assorbito certi principi della chirurgia estetica, come la ricostruzione del seno allora opera di pochi, o un certo tipo di suture».

Mai sazio di novità, ad un certo punto della carriera la sua attenzione si è focalizzata sulle potenzialità delle ecografie. L’ecografia è un sistema di indagine diagnostica medica che non utilizza radiazioni ionizzanti ma ultrasuoni e si basa sul principio dell’emissione di eco e della trasmissione delle onde ultrasonore. Negli anni c’è stata un’enorme evoluzione nella tecnica dello strumento in sé ed essa viene usata in moltissimi campi. È una procedura operatore-dipendente, poiché vengono richieste particolari doti di manualità e spirito di osservazione, oltre ad una cultura dell’immagine ed esperienza clinica. L’immagine oggi può essere addirittura tridimensionale e permettere una diagnostica ancora più corretta. In campo ginecologico, senza entrare in particolari troppo specifici, con la metodica “real time” si raggiunge l’effetto movimento e, ad esempio, si può vedere il feto che si muove nel liquido amniotico.

«Per l’ostetricia è una cosa incredibile – conferma il dottor Scatizza – perché adesso puoi vedere delle cose, delle problematiche inimmaginabili prima: controllare Il feto ad ogni stadio e a tutti i livelli, cerebrale, cardiaco, intestinale e capire se ci sono dei difetti, anche per rimediare, se possibile, e per preparare i genitori ad affrontare la situazione. L’ecografia permette di anticipare eventuali soluzioni ai problemi. Facciamo l’esempio di una palatoschisi. Ancora prima della nascita si può sapere il grado di gravità in funzione della corretta futura ricostruzione».

La cosa importante dell’ecografia è l’interpretazione che viene fatta dal medico-operatore. Qui entrano in gioco l’esperienza, la casistica, il fiuto che lo aiutano ad individuare eventuali patologie. È quel qualcosa in più che non è appannaggio di tutti.

Sorride Andrea Scatizza, forse ripensando a quante volte si è soffermato sull’ecografia di un baby che stava crescendo nella pancia della sua mamma, scoprendo i primi segni di vita e i vari progressi fino alla nascita. Tanti bambini, e mamme, che oggi gli dicono: grazie dottore!