Fortissima, di grande impatto, l’apertura del sipario di questo Edipo Re: in una Tebe che è sempre presente e protagonista – eppure non la vedremo mai -, si alza un lamento. È il popolo, martoriato, mutilato e decimato dalla peste.
Come salvarsi e come salvare tutta la città? Ma soprattutto: a quale sovrano (o a quale dio!)  rivolgersi per guarire Tebe che agonizza?

Quesito? Enigma? Complesso (quello che la psicanalisi ci ha insegnato a conoscere)? Edipo ancora forse non ha chiara (e molto gli costerà sul finale la consapevolezza) nemmeno la domanda e al momento può soltanto chiedersi – ciecamente -: “chi ha ucciso Laio, il vecchio re di Tebe?”, senza sapere quanto profondamente la risposta scaverà dentro di lui, quale luce accecante sarà la consapevolezza.

Eppure la risposta, in questo allestimento, è già lì: “sei tu”, tuona. Ma Edipo non può ricevere una verità così grande, non la può vedere. Preferisce distogliere lo sguardo e aspettare che sia il dio – in questo caso Apollo, la divinità nascosta, mai limpida, il dio obliquo, a guidarlo attraverso la prima opera crime della storia. E forse ancora oggi, quella con il finale più inquietante e sorprendente: l’inquirente è anche l’assassino, patricida e usurpatore.
E allora, si chiedeva già Sofocle, il dio, Apollo, che conduce alla verità, alla piena consapevolezza, è un benefattore, una divinità illuminata che toglie agli uomini il velo di tenebra della loro ignoranza? O al contrario un satiro malvagio, pronto a godere delle nostre disgrazie, sbattendocele in faccia?

Una cosa è certa: Edipo Re è una delle opere che più si interrogano sul continuo acambio tra bene e male, tant’è che la stessa peste, la malattia barbara che uccide donne e bambini, è la medicina. L’unguento che deve purificare la ferita, il salasso per estirpare il male. E il male è lui, Edipo.

“La novità più importante di questo adattamento del testo di Sofocle – ha raccontato De Rosa nelle note di regia – consiste nell’aver affidato allo stesso attore – il due volte Premio Ubu Roberto Latini – i ruoli di Tiresia e di tutti i messaggeri.
Non si tratta solo di uno stratagemma registico, ma di mettere in scena un personaggio che, di volta in volta, rappresenti una manifestazione del dio Apollo, della sua voce oscura, dei suoi oracoli. […] A queste divinità non dobbiamo smettere di prestare ascolto se è vero, come dice Platone, che ‘i più grandi doni vengono dati agli uomini dagli dèi attraverso la follia’.
A quella follia è sicuramente legata la nascita, forse anche il destino, del teatro occidentale”.

Incontro pre-spettacolo

Da Sofocle ai drammaturghi contemporanei, la figura di Edipo continua a interrogare il teatro con il suo conflitto eterno tra desiderio e paura della verità.

Il LAC, in collaborazione con l’Istituto di Studi Italiani dell’Università di Lugano (USI), invita il pubblico a un incontro di approfondimento dedicato a Edipo re di Andrea De Rosa.

Al centro della riflessione, un tema cruciale dell’opera di Sofocle e nello spettacolo: il linguaggio della profezia. Le parole di Apollo si manifestano sempre in modo obliquo, tra enigmi e nascondimenti, e per questo l’acquisizione della verità necessita dell’arco dell’intera tragedia: che rapporto esiste tra la parola oscura del dio e quella del teatro?

📅 Mercoledì 26 febbraio alle ore 18
📍 Sala 4 del LAC

Ne discuteranno:

  • Francesca Berlinzani, docente di Storia greca e romana
  • Maddalena Giovannelli, docente di Storia del Teatro
  • Fabrizio Sinisi, autore della traduzione di Edipo re

L’incontro è gratuito, ma è consigliata la prenotazione.