Adriano Cavadini, la sua ultima fatica letteraria si intitola Democrazia e libertà. In che modo e in che misura la sua lunga esperienza come politico liberale all’interno delle istituzioni svizzere, a diversi livelli, si riflette in questo libro?

«L’idea di scrivere un libro divulgativo su democrazia, libertà e politica scaturisce dai 28 anni vissuti all’interno del Consiglio comunale di Pregassona, del Gran Consiglio e da ultimo dai 12 anni in Consiglio nazionale. L’impressione è che le persone non si rendano conto che la politica tocca anche la loro vita quotidiana di cittadino, di studente, di lavoratore o di imprenditore. Con esempi concreti e parecchie testimonianze ho cercato di spiegare questo ruolo».

Qual è il significato della parola democrazia oggi, in un’epoca in cui popoli e governanti sembrano avere smarrito il senso della convivenza civile?

«La parola democrazia rappresenta una forma di governo in cui il potere è esercitato dal popolo, tramite rappresentanti eletti liberamente, e che garantisce a ogni cittadino la partecipazione, su base di uguaglianza, all’esercizio del potere pubblico. La democrazia non è mai stata concessa, è stata conquistata sempre a costo di grandi sacrifici, spesso con il sangue. Per avere una vera democrazia occorre che le libertà fondamentali di ogni cittadino siano assicurate e difese dal moltiplicarsi di tendenze autoritarie e di divieti. Oggi purtroppo solo 24 Nazioni su 167 hanno una democrazia completa e 48 una democrazia imperfetta. Poche se si pensa che in tutte le altre Nazioni le libertà sono calpestate quotidianamente da chi è al potere».

In particolare, quale sono i punti di forza della democrazia svizzera e quali gli eventuali elementi di debolezza?

«In un mondo poco democratico e in perenne ostilità tra Nazioni aperte e libere (le democrazie occidentali) e Nazioni chiuse che non rispettano né le libertà, né la volontà, né il parere dei loro cittadini perché dominate da dittatori, la democrazia svizzera è ancora un piccolo esempio di una democrazia forte. La nostra è una democrazia del consenso perché nessun Partito raggiunge la maggioranza assoluta in Consiglio federale o in Parlamento e per governare diventano indispensabili soluzioni che soddisfino una larga maggioranza di deputati e, in caso di votazione popolare, di cittadini. Questa forma di Governo, complicata e lenta, rappresenta però una grande ricchezza perché assicura e tutela i diritti delle minoranze. Anche la salvaguardia del federalismo che, seppur con certe aumentate limitazioni, consente ai Cantoni e ai Comuni di prendere decisioni su temi di loro competenza, è un elemento fondamentale della nostra democrazia. Assieme alla possibilità offerta ai cittadini di votare ogni anno su temi difficili di importanza federale, cantonale o comunale».

Nel libro lei parla di un indice mondiale della democrazia e degli altri regimi. Di che cosa si tratta e come funziona?

«Le indicazioni provengono dall’indice mondiale della democrazia e degli altri regimi del 2022, calcolato annualmente da diversi enti e che si basa su 60 indicatori raccolti per ogni Nazione e raggruppati in 5 categorie principali: processo elettorale e pluralismo, salvaguardia delle libertà civili, funzionamento del Governo e suoi limiti, partecipazione politica e cultura politica.

Per ogni indicatore ogni Stato riceve un punteggio da 0 a 10 e l’indice totale è la media degli indici risultanti da ognuna delle 5 suddette categorie. Le 24 democrazie complete hanno un punteggio da 8 a 10 (la Svizzera è 7° con 9.14 punti); quelle imperfette (48) da 6 a 7.99 punti. Tra queste gli Stati Uniti (7.85), l’Italia (7.69) e Singapore (6.22). Seguono i regimi ibridi con un punteggio da 4 a 5.99 che potrebbero diventare delle democrazie o essere fagocitate dai 59 regimi autoritari i quali hanno un punteggio inferiore a 4. Tra questi, la Russia (2.28), l’Arabia Saudita (2.08), l’Iran (1.96), la Cina (1.94), la Corea del Nord (1.08). Altri indicatori confermano i risultati dell’indice delle democrazie. Come l’indice della corruzione, della protezione dei diritti umani, della libertà di stampa, dei diritti e della sicurezza delle donne, della libertà economica».

All’interno di un sistema democratico quale ruolo possono ancora avere i Partiti?

«Il ruolo dei Partiti è assai cambiato negli ultimi 30-40 anni. Ad eccezione degli Stati Uniti, dove 2 Partiti (i democratici e i repubblicani) si dividono l’elettorato e sono diventati molto litigiosi, e della Gran Bretagna, nella quale i conservatori e i laburisti si combattono sempre e alternativamente assumono la responsabilità del Governo. Nelle altre Nazioni occidentali come Francia, Italia e Germania i Partiti storici creati dopo la seconda Guerra mondiale sono in gran parte scomparsi e sono stati sostituiti da altri movimenti e anche da piccole formazioni. In Svizzera tutto sommato, anche se i Partiti storici mantengono ancora una funzione preminente, negli ultimi tempi l’elettorato ha preferito appoggiare movimenti o Partiti più aggressivi e piccole formazioni, come quella dei Verdi. Se in passato e in una forma più limitata i principali Partiti svizzeri assumevano un ruolo fondamentale nella formazione della futura classe politica dirigente è difficile fare previsioni sul loro futuro perché anche da noi aumentano populismo e superficialità».

Nel suo libro lei riporta numerose testimonianze. Quali sono le principali figure di uomini e donne che più hanno influenzato la formazione del suo pensiero liberale?

«È difficile dare dei nomi. All’inizio del libro ne ho indicati 9 a livello internazionale. Un ruolo fondamentale l’hanno avuto in Svizzera nel 1848 i liberali che in tempi brevissimi sono stati capaci di preparare e adottare la prima Costituzione federale e di gettare le basi dello Stato nazionale. Ricordo Winston Churchill: un grande uomo di Stato che ha avuto un ruolo fondamentale nel difendere con forza e determinazione le libertà e la democrazia nel mondo».

Infine, anche se sembra essere sempre più difficile fare previsioni, quale futuro intravvede per i regimi democratici?

«Il futuro dei regimi democratici è difficile. I cittadini devono comprendere che le nostre libertà non sono acquisite per sempre; il rischio di derive autoritarie c’è e perciò dobbiamo combattere per salvaguardare le libertà, la democrazia e le nostre istituzioni. L’assenteismo, il menefreghismo, il dilagare di un crescente individualismo, il populismo rappresentano grossi pericoli per la democrazia che, come ha ricordato Luciano Violante “…è come l’aria: ti accorgi che esiste quando comincia a mancare”. In conclusione per salvaguardare la libertà e la democrazia tutti devono partecipare alla gestione delle nostre istituzioni sia votando, sia assumendo cariche politiche. Se tutti stanno soltanto a guardare e nessuno partecipa la democrazia non può funzionare».