Una ricorrenza celebrata dal Parco Nazionale Isola di Pantelleria e dal Consorzio Vini di Pantelleria con incontri, eventi, visite alle aziende con degustazioni mirate per far conoscere l’ampia offerta dei vini dell’Isola, con in testa il Passito di Pantelleria DOC.

Dodici i giornalisti invitati (alcuni visitatori per la prima volta) che hanno potuto appena arrivati conoscere alcuni numeri importanti dell’Isola dal “cuore di Pietra Nera”. 83 chilometri quadrati che sono stati creati dalla lava fuoriuscita da ben 2 km di profondità, dove l’isola è saldamente legata nel mezzo del Mediterraneo. Più vicina alla Tunisia, lontano 70 chilometri, che a Trapani 110 Km. Le informazioni ci dicono che l’isola si è formata da numerose eruzioni e che l’ultima risale al 1891, quando si sono create le Kuddie, coni vulcanici che non superano i 400 mt di altezza, una Montagna grande alta 836 mt, il Monte Gibele alto 700 mt. un Lago alcalino “U Vagnu”, conosciuto oggi come “Il Lago di Venere” che occupa il cratere di un vulcano spento e viene alimentato da sorgenti di acqua calda e dall’acqua piovana. Numerose le manifestazioni di vulcanesimo secondario, e incredibilmente bello il paesaggio, puntellato da gioielli di pietra lavica i “dammusi”, che esaltano la grande bellezza isolana, si mimetizzano nei terrazzamenti e rappresentano esemplari, degni ancora oggi di essere conosciuti ed abitati per le loro peculiarità di eco sostenibilità ed estrema maestria.

Quasi sempre accanto al dammuso si trova un giardino costruito con pietre laviche che custodisce al suo interno un albero d’agrumi e lo ripara dal vento eccessivo che spesso soffia senza sosta. I dammusi sono solitamente a pianta quadrata, tetto a cupola, che scolano la poca acqua che fatica a scendere dal cielo, sempre sotto gli otto venti che soffiano dall’Africa e dal Nord, di cui cinque che spirano sempre, a volte anche per alcuni giorni: Grecale, Libeccio, Maestrale, Ostro e Scirocco tenendo il cielo sempre terso e con i prati sempre arsi, se non sono coltivati. Perché quando sono coltivati sono di un verde meraviglioso dei vigneti, dei cappereti, degli uliveti e dei colori splendenti della macchia mediterranea. L’isola conta numerose contrade che già nel nome si comprende il legame forte con la tradizione araba: Bukkuram, Bonsulton, Buggeber Khamma, Rekhale, Gadir, Kattibuale, Farkhikhalà, Kazzen, Gelkhamar, Khaddiuggia, Karuscia.

La storia della Vite ad alberello franco di piede

Siamo nel 2002 quando l’azienda Donnafugata da un vigneto di sette ettari ormai abbandonato da anni, sotto i rovi e le sterpaglie, lo staff tecnico guidato dall’agronomo Salvatore Giuffrida, scoprì un vero e proprio tesoro: delle viti antiche, curvate dal vento, che sull’isola soffia incessante. Piante con ceppi molto grossi, corrosi nel centro per la presumibile vita centenaria. In seguito a questo ritrovamento Giacomo Rallo, patron di Donnafugata, decise di affidarsi a uno dei più importanti studiosi di viticoltura in Italia, il professor Mario Fregoni (ordinario di viticoltura all’università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza), per comprendere l’età e il valore scientifico di questo tesoro. In particolare si scoprì che le piante di questo vigneto non erano innestate, ma autoradicate e a piede franco. Quindi non erano mai state attaccate dalla fillossera. Inoltre, sezionando alcuni ceppi, grazie a sofisticate tecniche di laboratorio, si è scoperto che queste viti avevano un’età sicuramente superiore agli 83 anni, quindi ora ben 105 anni. Il professor Fregoni aggiunse che vigneti così antichi sono difficilissimi da individuare in Italia, solo in Sardegna a Sant’Antioco o in Valle d’Aosta a Morgex sono sopravvissuti esemplari così vecchi. Infatti, la longevità delle piante è fortemente ridotta dall’innesto, che fa morire una vite normale prima dei 40 anni. Un altro vantaggio della vite franca di piede è che geneticamente presenta un apparato radicale identico alla parte aerea, godendo delle caratteristiche della Vitis vinifera (forte resistenza alla siccità, al calcare e alla salinità). Il vigneto pantesco è coltivato su appezzamenti o terrazze di piccole dimensioni, delimitate da muri a secco in pietra lavica. La vite è allevata ad alberello, certamente atipico in quanto contraddistinto da un elevato numero di gemme a pianta, da una forte espansione orizzontale (per adattamento all’ambiente arido e ventoso) e da una densità di piantagione molto bassa. La pianta franca di piede rappresenta un relitto storico.

Sono pochi i vigneti nel mondo che possono vantare una viticoltura basata parzialmente o totalmente su piante auto radicate. In suoli sabbiosi infatti, la fillossera ha notevoli problemi nello svolgimento del suo ciclo biologico e quindi la sua virulenza risulta molto ridotta. La vite qui a Pantelleria è allevata ad alberello, una tradizionale forma di allevamento nota alla viticoltura mondiale, per essere bassa e poco espansa (almeno rispetto altre classiche forme di allevamento come la spalliera, la pergola etc). Quello di Pantelleria è certamente un alberello atipico (caratteristico) rispetto ad altri contesti viticoli siciliani (Marsala, Alcamo, Gela e Pachino) e mondiali (Spagna, Francia, ecc), essendo contraddistinto, diversamente dai “cugini siciliani”, da un elevato n° di gemme a pianta, da una forte espansione orizzontale e da una densità di piantagione molto più bassa. Le piante risultano disposte a quadrato di 2 metri per un numero complessivo di 2500 piante per ettaro. Nella fattispecie l’alberello pantesco sembra essere stato plasmato dall’ambiente arido e ventoso: risulta, in sintesi, basso, strisciante e molto espanso orizzontalmente per recuperare parte delle gemme (quindi produzione) perse nella sua ricercata forma orizzontale. La pianta emerge sotto il livello del terreno all’interno di una conca, per poi dividersi (impalcarsi) in 6-8 branche quasi a livello del suolo distribuite a 360° attorno al ceppo. Su ogni branca si trovano 1 o più speroni con 1 o 2 gemme.

La storia dei 10 anni

Dal 2014 la vite ad alberello è iscritta nel Registro Unesco dei Beni Immateriali dell’Umanità: a questo importante riconoscimento si è aggiunta l’istituzione del Parco Nazionale Isola di Pantelleria, oggi diretto da Sonia Anelli, che si occupa di tutelare la viticoltura eroica dell’isola. Le condizioni sono estreme, eroiche, coraggiose e temerarie, con assoluta scarsità di acqua e il vento che non soffia, ma sbuffa forte e potente da più direzioni. Una celebrazione che resterà viva nel cuore della comunità pantesca e di tutti coloro i quali hanno partecipato alle numerose iniziative per il decennale del riconoscimento Unesco della vite ad alberello patrimonio immateriale dell’umanità. Italo Cucci, commissario straordinario e Sonia Anelli, tirando le somme della settimana di eventi, si sono detti soddisfatti del lavoro di squadra fatto con il Comune, con il Consorzio dei Vini Doc Pantelleria, con l’IRVO (Istituto Regionale Vini e Oli) di Sicilia, la Regione Siciliana e tutte le cantine e i produttori agricoli dell’isola. Una collaborazione che ha definito i dettagli del programma anche per poter accogliere, nella sua prima in visita in Italia, la segretaria della convenzione Unesco 2003, Fumiko Ohinata; l’ambasciatore Unesco a Parigi, Liborio Stellino e il sottosegretario di Stato Claudio Barbaro. Tre i temi principali sui cui si è svolto il programma: l’incontro tra istituzioni e comunità; il percorso di valorizzazione nei dieci anni Unesco; la voce dei protagonisti della pratica agricola; la consegna di riconoscimenti. Ha aperto l’incontro Italo Cucci, a seguire il sindaco di Pantelleria, Fabrizio D’Ancona e il presidente del Consorzio dei Vini Doc Marsala e del Consorzio Vini Pantelleria Doc, Benedetto Renda della Pellegrino. Ha chiuso i lavori il professor Pier Luigi Petrillo, direttore della Cattedra Unesco dell’Università Unitelma Sapienza di Roma, che ha presentato il lavoro per la salvaguardia della pratica agricola tra passato, presente, futuro.

La Segretaria Generale Fumiko Ohinata ha espresso la gioia di aver conosciuto alcuni agricoltori, visitato i vigneti immersa nel paesaggio dei terrazzamenti e dei muretti a secco dove ogni pietra viene modellata, di aver camminato in mezzo alle vigne inebriata dai colori e dai profumi di una natura modellata dalla fatica e dall’ingegno dei panteschi. Ha dichiarato di aver vissuto momenti di forte emozione visitando l’isola, il faro, il museo, le splendide terrazze dell’antico cappereto. “Mi sento davvero colma di tanta ricchezza – ha dichiarato – ho gli occhi pieni dei colori e delle luci di questa meravigliosa terra. Ho vissuto una esperienza piena dell’isola di Pantelleria. Sono orgogliosa di rappresentare la Convenzione 2003 del Patrimonio Immateriale dell’Umanità perché è un sostegno preziosissimo per rappresentare le esperienze e le culture delle comunità. Qualcosa che purtroppo non possiamo toccare ma che ci tocca nel profondo del cuore. Ho visto qui ciò che avete e che veramente è nello spirito della Convenzione del 2003 perchè racconta la storia di persone semplici, di persone ordinarie e della loro bellezza nella vita quotidiana che non è scontata perché coltivate in un’isola difficile dal punto di vista climatico. E’ un’isola molto ventosa, di origine vulcanica, è secca e brulla ma avete risposto insieme a queste sfide. Si percepisce che siete uniti da una grande determinazione per trovare insieme le soluzioni sposando le caratteristiche dell’ambiente e creare qualcosa di unico e prezioso. Mi ha colpito vedere come nella pratica agricola ogni decisione vada presa in modo attento e con estrema cura, interrogandosi e guardando al futuro. Anche questo è segno della determinazione che si respira qui. Torno a casa con un sacchetto di origano, capperi e passole, che mi avete donato, ma voglio portare a casa soprattutto un racconto per condividere con tutte le altre comunità del mondo ciò che avete fatto qui. Sono comunità che stanno raccogliendo le stesse vostre sfide e sono sicura che la vostra storia farà da grande ispirazione per superare le difficoltà, perché questa è la missione della Convenzione UNESCO che rappresento: andare oltre le difficoltà. Sono molto grata e felice di essere a Pantelleria”.

Alla loro presenza sono stati acclamati e premiati gli agricoltori eroici di Pantelleria, custodi di un patrimonio di tradizioni identitarie e preziose tali da consentire l’inserimento dell’agricoltura fra i settori della cultura che fanno parte della Lista dei patrimoni immateriali dell’umanità; ciò ha fatto di Pantelleria esempio mondiale di resilienza e di tutela della biodiversità. Durante queste giornate celebrative è giunta la comunicazione del direttore generale del dipartimento regionale Agricoltura, Dario Cartabellotta, sull’approvazione di un provvedimento, lungamente atteso e ben accolto, a favore dell’agricoltura eroica nelle isole minori che prevede l’aumento delle giornate lavorative per colture dei vigneti, frutteti, oliveti e orti terrazzati. Un segnale di grande sensibilità alle esigenze dei produttori agricoli locali di cui il Parco si è fatto portavoce.

Nel corso della settimana, l’appuntamento serale presso il tradizionale Circolo Trieste, in contrada Khamma, è stato dedicato ai racconti dei vitivinicoltori, nella prospettiva di tre generazioni a confronto con le voci di Emanuela Bonomo, Filippo De Nunzio e Francesco Ferreri. Nella stessa serata, che ha rappresentato anche un importante momento di incontro fra le istituzioni internazionali, nazionali e territoriali, il prof. Pier Luigi Petrillo, il viticoltore Salvatore Murana e l’agronoma Graziella Pavia hanno ricevuto la scultura dell’alberello in segno di ringraziamento per aver compilato il dossier di candidatura.

Durante queste giornate sono state organizzate le degustazioni dei vini con le masterclass, nel Castello di Pantelleria, e condotte dall’enologo Gianni Giardina. In questa circostanza la vite ad alberello ha incontrato i paesaggi rurali storici, con la presenza della presidentessa dell’associazione Pris, associazione dei Paesaggi Rurali di Interesse Storico Patrizia Lusi, e le colline di Valdobbiadene con la presenza di Giuliano Vantaggi, direttore dell’Associazione per il Patrimonio delle Colline di Conegliano e Valdobbiadene UNESCO, nella ricorrenza dei loro cinque di riconoscimento Unesco.

Un significativo momento ha dato spazio ai giovani studenti che sono stati coinvolti nell’incontro organizzato dalle Cattedre Unesco della rete Recui, per presentare loro i percorsi di studio dedicati alla valorizzazione e salvaguardia dei patrimoni Unesco. Fra i tanti siti aperti ai visitatori per conoscere l’isola, anche il vivaio Paulsen di Ghirlanda con l’accoglienza del personale della Regione Siciliana per scoprire tecniche e attività di ricerca delle coltivazioni vitivinicole dell’isola.

A chiudere la settimana è stato il Cappero Fest, evento dedicato ad un altro prodotto identitario dell’Isola, organizzato dall’associazione Barbacane con il contributo della Regione Siciliana – assessorato dell’agricoltura, dello sviluppo rurale e della pesca mediterranea.

Pantelleria

La coltivazione della vite a Pantelleria risulta essere in tutti i contesti geografici il frutto di un equilibrio, a volte esile a volte forte tra l’ambiente pedoclimatico, le tecniche di coltivazione, e l’obiettivo enologico prefissato. Tanto più l’ambiente risulta estremo per le condizioni che lo caratterizzano tanto più risulta difficile l’attività agricola ed una maggiore enfasi accompagna la sfida.

Pantelleria come altri contesti viticoli estremi dimostra quanto difficile risulti raggiungere gli equilibri ma che una volta ottenuto porta a qualità e tipicità enologiche eccezionali.

Il clima: Il clima nell’isola dei venti risulta di tipo semiarido. Le temperature medie annuali sono di circa di 18 C° con minime di 10 C° e  massime che raggiungono anche punte di 35° in agosto. Le precipitazioni medie risultano molto basse, di circa 450 mm annui distribuite soprattutto nei mesi di novembre, dicembre e gennaio Condizioni queste di estrema difficoltà per l’attività agricola. Il fattore climatico che maggiormente influenza le attività viticole risulta il vento che soffia continuo e a forti intensità. In alcuni anni diventa il vero fattore determinante delle produzioni causando riduzioni tra un’annata e l’altra anche del 50%. D’altro canto la grande ventilazione oltre che garantire sanità delle uve risulta determinante nell’appassimento delle uve.

I terreni: L’isola, di origine vulcanica, risulta costituita da rocce laviche che hanno dato origine a suoli sciolti, profondi, ricchi di minerali. Queste condizioni, tra l’altro, determinano una forza aromatica qualitativamente e quantitativamente straordinaria in tutte le produzioni agricole e forestali: gli olii essenziali dell’origano pantesco, il profumo inebriante del finocchietto selvatico, i fichi d’India gustosi e… spinosi, l’eleganza e la dolcezza dell’olio pantesco e in chiusura i terpeni dello zibibbo che ti inebria con la sua esuberante dolcezza che sa di fichi secchi, di uva passa, di datteri e di un mielato di corbezzoli.

Nell’ambito di questi incontri nella sede del Parco Nazionale Isola di Pantelleria, sono stati consegnati diversi premi che sono stati assegnati a viticoltori eroici di Pantelleria nell’ambito del “PROGETTO DA PANTELLERIA” isola non solo al centro del Mediterraneo ma anche al centro dell’attenzione internazionale e mondiale. Un Premio che ogni anno, dal 2007, accende i riflettori su personaggi che elevano il nome dell’isola fuori dai confini nazionali. Ma anche persone che rivestono un ruolo rilevante all’interno della Comunità pantesca e che, con il loro impegno e operato quotidiani, aiutano a migliorare la qualità della vita di chi vi risiede. Negli anni il Premio è stato assegnato a persone significative per l’isola creando quello che oggi viene chiamato “l’albo d’oro”. Albo che si è arricchito quest’anno del nome di Riccardo Muti, per il quale è stato difficile trovare una sola motivazione, che si è svelata dalle stesse parole del Maestro Muti mentre racconta il suo rapporto con la musica e l’isola. “Conobbi Pantelleria grazie a mia moglie. Lei si innamorò di quest’isola tanti anni fa e io di conseguenza. È stata per me un’isola di pensiero, non solamente di meraviglia. Tante delle partiture che ho diretto nel mondo sono state analizzate nel silenzio e nella meditazione, nella bellezza e nell’armonia di quest’isola”. “Sono molto onorato e molto emozionato di essere qui a ricevere questo Premio” ha concluso il Maestro Muti “perché viene da una terra straordinaria e soprattutto perché viene da una terra che è il cuore del Mediterraneo. E per me il Mediterraneo è la nostra Civiltà. È la Civiltà del Mondo. Il Mediterraneo è, ancora oggi, il fulcro della Civiltà Mondiale”.

Altri premi sono andati a Sonia Anelli, direttrice dell’Ente Parco Nazionale Isola di Pantelleria e al giovane Denny Almanza, giovane apicoltore che continua con impegno la passione e la tradizione trasmessegli dal nonno che per 65 anni ha allevato api sull’isola. Altri premi sono stati assegnati ad Emanuela Bonomo, Filippo De Nunzio. Nella stessa serata, che ha rappresentato anche un importante momento di incontro fra le istituzioni internazionali, nazionali e territoriali, il prof. Pier Luigi Petrillo, il viticoltore Salvatore Murana e l’agronoma Graziella Pavia hanno ricevuto la scultura dell’alberello in segno di ringraziamento per il loro contributo che da sempre offrono per far conoscere l’importanza che riveste la parte agricola dell’isola.