Dopo le esposizioni Nolde, Klee & der Blaue Reiter (2015-16) e Zoran Music (2016-17), la proposta culturale della Fondazione Braglia per la nuova stagione autunno 2017 – primavera 2018 è incentrata a introdurre quello che Gabriele Braglia indica scherzosamente “i resti” della sua collezione.
La raccolta presentata con il titolo POT-POURRI. Da Picasso a Valdés è l’espressione di una ricca mescolanza di stili eterogenei raccontata attraverso lo sguardo intimo e personale di Anna e Gabriele Braglia, due collezionisti appassionati che con generosità aprono le porte del loro universo offrendo un viaggio esclusivo alla scoperta degli esponenti più significativi del secolo scorso per arrivare fino ai giorni nostri.
Il percorso espositivo di questa nuova mostra si articola su due piani e si snoda attraverso una selezione di dipinti, disegni e sculture realizzati da una cinquantina di artisti italiani ed internazionali. Collezionate a partire dal 1957, le opere sono suddivise in dieci sezioni tematiche introdotte da un personale omaggio intitolato I fiori di Anna. Il viaggio prosegue con Picasso (del quale figura un disegno realizzato poco più che ventenne e appartenente al “periodo blu”), Modigliani e Chagall che introducono la sezione dedicata agli artisti stranieri operanti a Parigi nella prima metà del ’900 e conosciuta come Scuola di Parigi. Segue il Novecento italiano con Sironi – del quale “una piccola tempera ha dato l’avvio sessant’anni fa ad una meravigliosa avventura nel mondo dell’arte” – Boccioni, Cesetti, Magnelli, Morandi, Soffici e Viani. Si spazia poi dall’informale di Fontana e Burri; alle opere di stampo futurista incentrate sul mito della velocità, dell’universo meccanico, della scomposizione di forma e colore (in particolare Scienza contro oscurantismo, una tempera di Giacomo Balla del 1920 di cui l’artista ha realizzato un corrispettivo con la tecnica dell’olio su tela e che è oggi custodito alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma). Si prosegue con i promulgatori della corrente surrealista (Magritte, Miró, Max Ernst, de Chirico e Brauner) e con gli esponenti del Nuovo Realismo (Arman, César, Christo, Rotella, Tinguely e Niki de Saint Phalle) promotori negli anni Sessanta e Settanta di un nuovo approccio percettivo del reale. A rappresentare la cultura pop degli anni Ottanta ci sono un giovanissimo Andy Warhol accostato a Keith Haring, Basquiat e Adami. Il discorso legato al motivo del paesaggio è volutamente ampliato per includere, oltre alle vedute più convenzionali di Utrillo, Gino Rossi o Herbert Beck, anche le opere dove il panorama funge da luogo di rifugio, di meditazione interiore e della riscoperta del sé come per Ida Barbarigo, Peter Doig o Graham Sutherland.A corollario vi è una sezione dedicata alla reinterpretazione dell’arte classica su impulso anche dell’affermazione dell’artista spagnolo Manolo Valdés: “noi costruiamo su ciò che la storia dell’arte ha messo nelle nostre mani”.