Nella seconda metà degli anni ’20 del secolo scorso il giornalista Eugenio Balzan affidò a una certa Amalia Moretti Foggia della Rovere, una delle prime donne a laurearsi in medicina in Italia, una rubrica di consigli medici che riguardavano dietetica, igiene personale, rimedi popolari e uso delle erbe, sull’allora diffusissima Domenica del Corriere. Nonostante l’eccezionalità del suo percorso accademico (in Italia all’epoca erano solo 3 le donne medico-pediatra!), fu costretta a celare la sua identità con lo pseudonimo maschile di “Dott. Amal”, con un esplicito riferimento al proprio nome di battesimo, fingendosi uomo per rendersi credibile come medico.
Di lì a poco, visto il successo della prima rubrica, ne arrivò una seconda: esordì così Petronilla con le sue ricette, che saranno raccolte anche in libri di successo. Uno pseudonimo ispirato da un personaggio dei fumetti del Corriere dei Piccoli.
Chi era realmente questa donna all’avanguardia? Un personaggio eclettico, studiosa, scrittrice, Amalia Moretti Foggia Della Rovere, nata a Mantova nel 1872, cresciuta tra alambicchi e libri di erboristeria, con il padre che era speziale, sin da piccola attribuì molta importanza al cibo e al mangiare in compagnia. La sua ricetta preferita era il vitello tonnato. Andata via di casa presto, prende due lauree, mantenendosi con le borse di studio, e si trasferisce a Milano per esercitare la professione: una scelta per quei tempi decisamente coraggiosa, fatta soprattutto in favore dei poveri e delle famiglie operaie che porterà avanti fino alla morte avvenuta nel 1947.
Donna poliedrica e di grande cultura, le sue doti di divulgatrice le permisero di estendere presto i suoi contributi ad ambiti tematici diversi, come l’economia domestica, sotto il nome di “Massaia” scrupolosa, la puericoltura, per cui si firmava “Una mamma” e ad altri supplementi del quotidiano. Oltre che con la Domenica del Corriere, collaborò con La Lettura, il Corriere dei Piccoli e il Romanzo mensile. Un modello di donna estremamente attuale che si è sempre dedicata ai più deboli, e in particolare alle donne, per trovare una cura ai loro malanni, migliorare le relazioni a tavola e fare fronte alle drammatiche ristrettezze della guerra.
Una donna troppo moderna per i suoi tempi, che ha intrecciato la sua esistenza con grandi figure femminili del Novecento, da Anna Kuliscioff a Sibilla Aleramo, ad Ada Negri, ma anche con semplici operaie e mogli maltrattate che ha curato gratuitamente nel suo ambulatorio di Porta Venezia a Milano.
Andava orgogliosa dei suoi libri che insegnavano, come diceva lei stessa, anima, corpo e spirito con il cibo e le buone erbe. Sosteneva che le donne hanno sempre bisogno dell’aiuto di altre donne e aveva un unico obiettivo: fare in modo che la vita fosse una esperienza positiva per il maggior numero possibile di persone. Proprio per questo voleva che la sua storia fosse tramandata per essere di incentivo a tutte, immaginando che anche dopo 100 anni le donne avrebbero ancora avuto problemi di affermazione professionale. «Siate padrone della vostra vita», amava ripetere.
Intere generazioni sono cresciute leggendo i consigli e le ricette, di cucina e di vita, di Petronilla. Pubblicò oltre 800 articoli di cucina e di economia domestica, che divennero ben presto la scuola per tante massaie che dovevano inventarsi ogni giorno il pranzo e la cena, barcamenandosi con poco per sfamare famiglie numerose utilizzando ingredienti semplici, poveri ed essenziali.
Le sue ricette, mai complesse e con ingredienti facili da reperire, erano introdotte da aneddoti e ricordi che hanno fatto diventare il suo ricettario un qualcosa di diverso, ancora oggi. Amalia spiegava ai lettori i cambiamenti che il nostro organismo subisce nel corso degli anni, offrendo consigli pratici per mantenersi in forma, pillole sull’alimentazione, ma anche l’educazione fisica, ponendo l’accento sul valore dello sport e denunciando le cattive abitudini dell’epoca. «È molto Novecento farsi sempre trasportare dalla carrozza, dall’automobile, dal tranvai, dal treno. Comodo invero, e dolce, ed allettante e assai… Moderno, ma… Quanto contrario a ciò che esige la sovrana Natura!».
Aveva instaurato un dialogo molto diretto e aperto con i suoi lettori. Creava appositamente dei personaggi femminili fittizi come pretesto per i suoi articoli: è a loro che si rivolge nei suoi scritti, per aiutarli in cucina e assisterli nella realizzazione dei piatti più complessi. C’è la “cognatona grassa”, maestra di arte culinaria, Gemma, “arca di scienza friulana”, o ancora Giovanna, appassionata di carne in scatola, prodotto che considerava «uno dei più geniali ritrovati nella modernità». Sono i primi esempi di donne moderne, quelle che trascorrevano più tempo fuori dalle mura domestiche, dedicando diverse ore della giornata al lavoro. E che, una volta rincasate, passavano «dai libri mastri dell’ufficio alle pagnotte».
Le ristrettezze economiche trasformarono radicalmente il modo di interpretare e approcciarsi alla cucina, fino al 1945. I suggerimenti gastronomici di Petronilla si dimostrarono quindi ancora più preziosi, quando «la cuoca che non fu mai cuoca», come lei stessa amava definirsi, illustrò la realizzazione di piatti composti da ingredienti poveri e indispensabili, ulteriormente ridotti dalla penuria alimentare di quel periodo.
Destreggiandosi tra borsa nera, razionamenti e fame, Petronilla con molto buon senso iniziò a proporre pietanze sostanziose e nutrienti, in grado di fornire il giusto apporto calorico. A riprova che la Storia passa anche attraverso i ricettari, nel 1941 apparve Ricette di Petronilla per tempi eccezionali. Il libro non ha l’impostazione classica del ricettario, ma usa come pretesto le riunioni di una decina di signore di diversa origine geografica che chiacchierano, lavorano a maglia e che, sulla base delle loro esperienze, si scambiano suggerimenti su come preparare il pranzo e la cena, utilizzando e riutilizzando quel poco che c’è. Veri e propri esercizi di equilibrismo tanto che nell’indice le varie sezioni recitano fra parentesi: “Senza riso. Senza pasta”, “Un minimo di pasta”, “Con minimo o niente grassi”, “Con niente o pochissimo zucchero”.
Poi le cose peggiorarono ancora e si arrivò ai Desinaretti per… questi tempi nel novembre del 1944. Qui l’arte del destreggiarsi si affina ancora di più e si esprime al massimo negli incipit dei diversi capitoli-menù: «In uno dei giorni destinati ai salumi, ecco come potrete con le vostre razioni scarsette, allestire un pranzetto veramente ricercato, scicchetto e, per tutti quanti più che bastante»; «Siete agli sgoccioli delle vostre ‘razioni per minestra’ ma avete residui di pane e potete avere carciofi piccoli, teneri, novelli?»; «Ecco qua il modo di preparare un buon desinaretto quando, dal tesseramento, vi verranno concessi i fagioli secchi, o se, durante l’estate, ne avete seccati voi stesse».
Dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, il ricettario finalmente cambiò, adeguandosi alla nuova atmosfera di ottimismo per la pace ritrovata, con la ricetta, ad esempio, della squisitissima ciambellona: «Grande allegria! La guerra è finita! Ora sai. Ora è certo. Egli ritorna».
A conferma della popolarità di questa blogger ante litteram, negli anni ‘60 fu dato il suo nome ad una pentola-forno elettrica, corredata di un ricettario. Pentola talmente funzionale che ancor oggi si trova in vendita.