Nel corso di oltre 500 anni, la coltivazione del riso ha profondamente modificato il paesaggio, gli insediamenti umani, l’organizzazione del territorio, la cultura, gli stili di vita, la società, la gastronomia e le abitudini alimentari di ampie zone della Pianura Padana. Senza il riso non ci sarebbero state le mondine, senza il riso non esisterebbe il tipico paesaggio con il cosiddetto “mare a quadretti”. Robbio Lomellina, nel Pavese, , una tra le più rinomate e tipiche zone risicole d’Italia, è il luogo in cui Riso Gallo unisce passione artigianale e avanguardia per produrre un chicco di autentica qualità.

Avete celebrato quest’anno i 160 anni di vita. Quali sono state le origini di questa storia imprenditoriale?

«L’intuizione da cui nascerà l’azienda arriva in Argentina. Giobatta Preve, commerciante, è in Sudamerica da anni, ma capisce che è il momento di tornare. È il 1856: si stabilisce a Genova, apre un laboratorio a Sampierdarena che lavora risone importato e lo fa viaggiare oltre Oceano. All’epoca il riso si comprava da Egitto e Birmania. Fu Cavour a capire che la coltura poteva rendere molto: fece un canale che raccoglieva l’acqua dalle montagne e la portava alle risaie piemontesi. Così l’azienda decise di concentrarsi sulle coltivazioni italiane, prima spostandosi a Novara e dopo a Robbio Lomellina, che è rimasta la nostra sede. Quella fu la nostra fortuna: abbiamo iniziato a sviluppare le nostre varietà, e il risotto è diventato quello che conosciamo, un piatto italiano conosciuto in tutto il mondo». 

I suoi figli rappresentano la sesta generazione alla guida dell’azienda di famiglia. Come è stato preparato questo passaggio?

«Direi per tempo, sulla base di precisi accordi firmati tra i membri della famiglia e con una gradualità che credo abbia reso tutti consapevoli del passo che si stava preparando. Ho voluto che i miei figli, prima di entrare in azienda, maturassero tutti esperienze autonome in altri ambiti professionali e che poi svolgessero periodi di lavoro in tutti i settori in cui è articolata Riso Gallo, in modo che avessero un’idea precisa delle problematiche da affrontare una volta alla guida dell’azienda. In ogni caso, è stato decisivo lasciare loro libertà e autonomia perché iniziassero la propria carriera professionale “con le proprie forze”, soprattutto tramite un periodo di formazione all’estero». 

Quali sono le cifre della vostra presenza sul mercato?

«Con una quota del 22% a valore e un fatturato di 108 milioni di euro, Riso Gallo è attualmente leader di mercato in Italia. Ma, nonostante sia tra le più grandi riserie d’Europa – le esportazioni toccano il 40% della produzione e 77 Paesi nel mondo – resta un’azienda molto legata alle tradizioni familiari. Oggi siamo tra le aziende simbolo dell’eccellenza del Made in Italy nel mondo grazie alla passione e alla dedizione che ci hanno guidato in un mercato complesso come quello del riso».

Ma come nasce il marchio Gallo? 

«Negli anni ’40, in Sudamerica, l’analfabetismo era ancora molto diffuso.  Si decise perciò di identificare le differenti qualità di riso con i disegni di animali. La giraffa, l’aquila, l’elefante, il leone campeggiavano sui sacchi di riso e il gallo individuava la migliore qualità. Nel momento in cui si passò alla confezione in scatola, venne scelto il gallo che diventò così simbolo e marchio dell’azienda. Una scelta di qualità che ha premiato nel tempo».

Quali sono i Paesi in cui vendete maggiormente i vostri prodotti?  

«Siamo forti soprattutto nel nucleo storico dell’Europa, più Spagna e Portogallo. Negli ultimi anni abbiamo sviluppato molto l’estero, abbiamo una filiale in Inghilterra, un’altra in Francia, vendiamo direttamente in Germania, in Austria e in Svizzera. Nei prossimi anni contiamo di crescere in Est Europa, Stati Uniti e Cina. Gli Usa sono un mercato difficile, mentre Pechino ha messo dazi per l’importazione del riso: possiamo vendere soltanto i risotti pronti. Il governo sta facendo un lavoro importante per trovare un protocollo d’intesa, ma ancora non ce l’abbiamo fatta. Le attività estere sono coordinate da Riso Gallo International, con sede a Balerna, in Ticino». 

Tutti i risi a marchio Riso Gallo sono coltivati in Italia? 

«Oltre il 95% è coltivato in Italia. Solo il Basmati viene dall’India ed il Rosso dalla Camargue». 

Il riso che arriva da Paesi come Cambogia e Myanmar, a cui l’Europa ha concesso di vendere a dazio zero, è un problema?  

«Per la nostra industria è un danno. Ma l’Italia esporta la metà di quello che coltiva, le varietà che vengono vendute da quegli Stati non sono da risotto, vanno bene per i Paesi dove il riso viene utilizzato come contorno. Quel riso non viene consumato dagli italiani». 

Come è cambiato nel tempo il gusto del consumatore nei confronti del riso

«Prodotti etnici, biologici, gourmet o a cottura rapida in anni ancora recenti non erano così diffusi ma gradualmente abbiamo deciso di introdurli per assecondare le richieste del mercato. Il consumatore si evolve, ed è una sfida continua capire dove va, cosa vuole, dargli i prodotti e le ricette giuste. È la sfida più complicata».  

Tra le attività della Riso Gallo vi è anche un’azienda sementiera per la ricerca e lo sviluppo. Quindi la Riso Gallo acquista il cereale da agricoltori che utilizzano le vostre sementi? 

«L’attenzione all’innovazione è una costante della storia di Riso Gallo. Per questo, oltre all’attività di ricerca condotta in collaborazione con Università e Istituti di Ricerca, lo stabilimento di Robbio in Lomellina ha una struttura all’avanguardia interamente dedicata alla ricerca e all’innovazione del prodotto. La struttura dislocata su 3 piani e con una superficie coperta di oltre 1000 mq, ospita: un laboratori merceologico, sensoriale e di sperimentazione, test di shelf life accelerata e sviluppo nuove sementi. Circa l’80% della materia prima che acquistiamo è coltivata con sementi nostre. Questa è una garanzia di assoluta qualità».

Una gustosa tradizione è rappresentata dalla pubblicazione della vostra guida Riso Gallo

«Diffondere la cultura del risotto in tutto il mondo è da sempre una nostra missione. Per celebrare questo piatto con oltre due secoli di storia e ambasciatore dell’alta gastronomia italiana nel mondo, l’azienda dal 1998 è autrice della Guida Gallo, un vero e proprio racconto-itinerario lungo la strada del riso, che parte dall’Italia del Nord e si snoda lungo tutta la penisola, oltrepassando anche i confini per giungere in tutti i continenti. Una raccolta variegata di gustosi risotti giunta alla decima edizione, edita per la prima volta dal Gruppo Feltrinelli e curata per l’occasione dal critico enogastronomico Allan Bay. Quest’anno la guida assume per la prima volta un titolo che lascia intuire il nuovo taglio editoriale della pubblicazione: “I Risotti dei migliori Ristoranti del Mondo”, 117 ricette di risotto inedite realizzate dai migliori ristoranti italiani e stranieri, passando in rassegna 59 ristoranti sul territorio italiano, di cui 20 “new entry”e 58 all’estero, di cui 33 “new entry”, rafforzando così la sua capillarità ed internazionalità. Ciascun ristorante è corredato di una scheda descrittiva, di una nota sullo chef autore della ricetta in esclusiva per la guida, di indicazioni utili, il tutto alternato alle suggestive immagini dei risotti».