La preoccupazione è pressante e presente ed il precariato è dietro l’angolo. Ci vuole attenzione ed equilibrio come in tutte le cose e, paradossalmente, si scopre che nel mondo del lavoro c’è penuria di alcune figure professionali vecchie e nuove che potranno avere un futuro. Certo cambierà il modo di lavorare, ma non l’essenza del mestiere.

Artigianato. Farsi confezionare un vestito su misura, aggiustare una borsa, sistemare una poltrona, farsi fare un mobile, diventa sempre più difficile. Dove sono finiti gli artigiani? Un tempo non tanto lontano c’erano panettieri-artigiani, falegnami, sarte e ricamatrici (profili preziosi nel settore della moda), calzolai, tappezzieri, maniscalchi e altri lavori che oggi scarseggiano se non addirittura scomparsi. L’intelligenza non è solo quella della testa ma anche quella delle mani! La capacità di riparare, rigenerare, ricostruire tipica del mondo artigiano, in verità, è un’arte più attuale e ricercata che mai. Certo cambierà, l’artigiano diventerà più tecnologico utilizzando nuovi strumenti di lavoro, ma le basi dell’arte rimangono quelle. Oltretutto se pensiamo a vere e proprie botteghe (artigiane) uniscono spesso il luogo di lavoro con l’abitazione e possono far rivivere la vita cittadina in centro e nelle periferie.

Servizi alla persona. Altri lavori, che non vedono crisi, sono quelli che riguardano i servizi alla persona: medici, infermieri, psicologi ma anche badanti, domestici, autisti, cuochi, camerieri, vigilantes, e ancora, insegnanti ed educatori in genere, insomma, tutti quei lavori che hanno a che fare con i servizi e il benessere della persona in senso generale. Infatti, con l’aumento dell’invecchiamento della popolazione e in un certo senso anche del benessere, con la crescita del disagio sociale, con le difficoltà nella gestione della famiglia e dei figli, sempre più persone richiedono un sostegno da parte di persone e di strutture esterne. Spesso non le troviamo sul territorio e a volte neanche nel bacino frontaliero.

Tecnica e ambiente: Da diversi anni si registra una carenza di personale specializzato in certi ambiti dell’informatica, della scienza, della tecnica e dell’ingegneria. Studi della Confederazione denunciano, con preoccupazione, come da diversi anni si sia registrata una forte diminuzione di studenti orientati a quello che viene inquadrato come area MINT: matematica, informatica, scienze naturali e ambientali, scienze tecniche. Senza contare la carenza del genere femminile in questo ambito poiché la cultura della nostra società, per troppi anni, ha suddiviso i mestieri tra quelli adatti alle donne e quelli adatti agli uomini. Va pur detto che recentemente un piccolo vento di cambiamento in questo ambito lo si è costatato, ma ancora lontano nei numeri.

La carenza di personale in alcune aree è sicuramente imputabile ad una insufficiente informazione e sensibilizzazione dei giovani sulla formazione e percorsi di studio, cosa che dovrebbe avvenire già durante i primi anni di scuola. Diversi studi dimostrano come gli anni più sensibili per appassionare e orientare un giovane siano proprio quelli tra gli undici e quindici anni e, guarda caso, sono gli anni della scuola secondaria, al termine della quale si debbono fare le scelte che determinano il futuro dei ragazzi. In un’epoca di cambiamento nella comunicazione, nella velocità di diffusione delle informazioni, nei valori e nelle priorità della società, è necessario percepire altrettanto velocemente le esigenze del mondo del lavoro e il modo di lavorare. Capirlo spetta prima di tutto a coloro che hanno una responsabilità politica o che sono legati al mondo della formazione, dell’educazione e dell’orientamento professionale. Dovrebbero infatti essere proprio loro i più veloci ad adattarsi a questi cambiamenti e trasmettere in modo positivo ai giovani che il futuro gli può offrire molteplici possibilità. Per far questo è però necessario essere più flessibili, aperti, creativi, dinamici e moderni, come lo sono i giovani.